Il nome di Robert Rauschenberg (1925-2008) viene solitamente
e giustamente accostato a quello di Jasper Johns quando si vogliano
identificare i personaggi più determinanti per lo sviluppo
dell'arte americana degli ultimi 50 anni, dato che a loro si
deve il passaggio dal movimento New Dada, fenomeno storico ben
etichettato importato dalla vecchia Europa, ad una nuova realtà
culturale più specificatamente americana, vivificata
da nuovi stimoli e percorsa da problematiche autonome, alla
ricerca di nuovi percorsi stilistici: dalla poetica di questi
due artisti deriverà la Pop Art
e verrà segnata tutta l'arte americana seguente.
Le composizioni di Rauschenberg sono, rispetto a quelle di Johns, più complesse e meno elegiache, con un grappolo
di punti di interesse che invade totalmente la tela, esemplificazione
di un concetto di abbondanza che si riferisce sia agli stimoli
che l'ambiente urbano riversa sugli abitanti, sia all'erogazione
industriale di beni materiali ed al conseguente spreco. Questo fenomeno, tipico delle società occidentali industrializzate, verrà definito consumismo perché caratterizzato dall'aumento non necessario di consumi atti a soddisfare bisogni fittizzi, creati dalla pubblicità e non dalla necessità.
Queste istanze sia morali che formali vengono espresse da Rauschenberg nei termini di una espansiva "sensualità
documentaristica", per usare una definizione del critico
inglese Lawrence Alloway, che unisce la sensibile osservazione anche critica della realtà alla ricerca di un minimalismo estetico capace di conferire dignità al prodotto di scarto.
Le sue opere, costruite con la tecnica dell'assemblage, con
oggetti comuni o spezzoni di oggetti recuperati (objet trouvé) ed immersi in
una dimensione artistica, secondo il concetto dada del ready-made,
si collocano a metà tra arte e vita, tra pittura e collage, sono
raccolte di memorie del quotidiano, assemblate e riconciliate
in un gesto che ha qualcosa di rituale e che le converte in
forma estetica: l'unica cosa che può fare l'artista è
solo questa possibile ricomposizione della realtà urbana
mercificata ed industrializzata, di cui anche l'uomo fa parte.
Determinante per la formazione di Rauschenberg fu il contatto
con il musicista John Cage, che gli trasmise il concetto di
"azione nel dislivello tra arte e vita",
così come una tela di Rauschenberg, tutta completamente
bianca, vuota, pronta a raccogliere ombre o riflessi, suggerì
a Cage una delle sue opere più dirompenti, 4'33"
di silenzio, mentre Morton Feldman, da una tela di Rauschenberg,
tutta nera, con un foglio di giornale incorporato, anch'esso
dipinto di nero, intuì come per un'illuminazione la libertà
nell'assimilazione di materiali diversi, in quella che non vuol
essere una dicotomia totale "tra l'arte e la vita, ma una
via di mezzo".
Sono sicuramente presenti in Rauschenberg elementi derivati
dall'Espressionismo
astratto, specie in alcune opere come "Interview"
e "Retroactive 1", movimento dal quale egli si distingue
ben presto per l'utilizzo di una figurazione che mantiene
all'immagine un suo valore, un'identità, un'autenticità
che non hanno nulla a che fare con il quadro.
Le opere di Rauschenberg pongono la critica davanti ad un
dilemma: così infatti osserva il critico George Sorley
Whittet, nel 1964, sulla rivista "Studio International":
"L'assenza dell'arte non aiuta in nessun modo le
nostre reazioni di fronte alla vita. Quella che Rauschenberg
ci offre è la vita allo stato puro; sta a noi trovarvi
l'arte, da soli."
Concetto a cui fa eco Andrew Forge quando, nel 1970, afferma:
"La vita ha penetrato la sua opera in lungo e in
largo, e ogni sua opera, più che imporci una definizione
di arte, scaturisce da una ricerca di tutti i possibili contesti
nei quali può verificarsi il fatto artistico."
L'indagine di Rauschenberg non coinvolge esclusivamente
la società moderna, egli non si limita ad applicare
i suoi salti associativi a materiali contemporanei e popolari,
egli riflette anche sulla cultura del passato e produce una
serie di disegni ad illustrazione dell'Inferno di Dante Alighieri,
di cui sottolinea la perdurante attualità trasponendo
la sua poetica alla realtà moderna mediante un riferimento
diretto del suo poema alle cose che ci circondano.
Robert Rauschenberg fu certamente un grande sperimentatore,
ma al di là di opere di traumatizzante rottura, come
il celebre "Monogram" che presenta come soggetto
una capra imbalsamata, con un destabilizzante salto di sensibilità
che provoca nello spettatore un vero e proprio brivido, in
generale Rauschenberg, con atteggiamento veramente pionieristico,
indaga il rapporto dell'uomo con la società urbana
e tecnologica, con l'oggetto di consumo di cui muta il valore
e il senso corrente, per arrivare, con un'azione mirata, alla
coscienza del fruitore dell'oggetto: nascono così le
sue esperienze polimateriche, i combine-painting, le
sue opere di collage, di riciclaggio, di riutilizzo del prodotto
di scarto che viene in un certo qual modo "redento"
dall'opera dell'artista in un rito che Edward Lucie-Smith
definisce "iconico-celebrativo" dei miti consumistici.
L'importanza dell'opera di Rauschenberg sta nell'aver elevato,
con i suoi assemblages, i materiali dal livello delle relazioni
puramente formali a quello della poesia associazionale, in
sostanziale opposizione a ciò che stava attuando l'Espressionismo
astratto, tendente invece ad assorbire il soggetto nel mezzo
espressivo, che diveniva così esso stesso soggetto.
Utilizzando un modo espressivo quale l'assemblage, che di
per sè tende ad escludere l'idea di uno stile, Rauschenberg
riesce invece ad inventare un suo riconoscibilissimo linguaggio
formale che sarà pregno di spunti ed influenze per
le generazioni che seguiranno, prima di tutte la generazione
degli artisti pop.
*articolo aggiornato il 20/01/2013
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