Viviamo oggi in un'epoca che appropriatamente
si può definire 'cibernetica', nella quale i nostri sistemi
cerebrali di adattamento stanno subendo veloci trasformazioni.
Il termine cibernetica deriva etimologicamente dal greco kybernein
(timonare) ed è stato coniato da Norbert Wiener per indicare
la tecnica delle macchine capaci di autoregolamentazione, e
per esteso l'insieme dei messaggi di comando che l'uomo dà
alla macchina, che la macchina dà a sua volta alle altre
macchine, che in definitiva ritornano poi all'uomo attraverso
i circuiti di comando e di controllo nelle macchine elettroniche.
I mezzi di comunicazione che più stanno modificando e
travolgendo il corrente concetto di percezione sono la televisione
ed il computer, una che ci porta in casa le immagini del mondo,
espressione fotografica e cinematografica della realtà,
l'altro che ci fa vedere l'immaginario, la realtà virtuale che in effetti è una irrealtà, una realtà
simulata esistente solo sul video.
In particolare, la televisione è solo in apparenza
un mezzo di supporto conoscitivo, in realtà è
un mezzo sostitutivo che ribalta integralmente il rapporto
tra l'atto di capire e quello di vedere, perchè i fatti
che prima venivano narrati ora vengono mostrati, affidandone
la spiegazione alla loro visibilità.
In un suo volume sull'argomento ("Homo videns - televisione
e post-pensiero", 1997) , Giovanni Sartori analizza
diffusamente la posizione di quello che lui chiama homo
sapiens e che, secondo la sua disamina, si avvia a diventare
homo videns proprio in funzione del potere comunicativo
della televisione, o comunque dei mezzi visivi, potere che
è anche antropogenetico, in grado, cioè, di
produrre una nuova tipologia di genere umano (con la nascita
del video-bambino).
Per ciò che riguarda la telematica, la possibilità
di una scomposizione binaria dei messaggi attraverso la digitalizzazione
sta inoltre modificando il concetto della realtà, prima
qualcosa di fermo e duraturo, oggi un insieme che può
venire "ressettato", manipolato, scomposto e ricomposto
in mille modi, quindi profondamente alterato nel suo significato
primigenio.
Ma l'uomo è anche un "animal symbolicum"
e la realtà concreta non è il solo ambito nel
quale egli interagisce: lingua, mito, arte e religione sono
materia dell'universo simbolico dell'uomo, almeno lo sono
stati fino ad oggi, e immaginazione, creatività e capacità
di astrazione sono altrettante peculiarità umane che
hanno permesso la formazione di parole e linguaggi astratti
e di un patrimonio concettuale non visibile, un mondo di concetti,
idee e costruzioni mentali tra le quali si può annoverare
l'esperienza estetica.
Da una fruizione puramente visiva,
infatti, essa attua un collegamento concettuale o emozionale
fra due mondi interiori, fra due persone che non si conoscono
nè si sono mai viste, l'artista e lo spettatore, ma
che possono mettersi in qualche modo in contatto e capirsi
grazie al potere astrattivo ed immaginativo della mente.
Mi sembra difficile valutare oggi se tra l'uomo che legge
e l'uomo che guarda ci sia una conflittualità o se
si intravvedano possibilità di integrazione tra questi
due individui per produrne uno migliore e più completo,
certo la cosa sarebbe quanto mai auspicabile se, come sostiene
Giovanni Sartori, l'immagine va spiegata attraverso il linguaggio,
non essendo di per sè intelleggibile solo attraverso
la sua visione.
Tuttavia oserei direi che non necessariamente l'immagine va
spiegata, e l'esperienza artistica ne è una prova.
L'arte è un'esperienza emozionale dominata da logiche
appartenenti al nostro mondo interiore, dell'inconscio e della
soggettività, che in seguito affiorano alla coscienza,
collocando il principio su cui si fonda il concetto di arte
nell'indefinito territorio che sta tra una logica dell'inconscio
e una logica della coscienza.
L'arte visiva può anche essere sinteticamente definita
come produzione di una forma attraverso la quale trasmettere
ad altri, unitamente ad una "presenza contenutistica",
un insieme di messaggi emozionali e psichici che, con l'avvento
dell'arte astratta, sono divenuti equilibri e rapporti di linee,
colori, forme, liberati dalla necessità iconografica e quindi liberamente aniconici, dalla preoccupazione di raccontare
qualcosa o di rapportarsi con qualcosa che abbia un senso logico (parafrasando Nietzsche, Dino Formaggio dice:"Il racconto è morto").
Scrive Gombrich nel suo "Arte e illusione",
straordinaria opera della sua maturità:"Nella
rappresentazione visiva.......i segni tengono luogo di oggetti
del mondo visibile e questi non possono essere resi in sé.
Ogni immagine, per sua stessa natura, resta un richiamo all'immaginazione
visiva, ha bisogno d'essere integrata, d'essere compresa".
Ciò con cui la rappresentazione visiva va integrata
è l'immagine della realtà alla quale facciamo
inevitabilmente riferimento quando guardiamo un'opera d'arte,
una realtà irriproducibile nella sua oggettività,
sempre ambigua comunque venga raffigurata, con una sua componente
di virtualità che viene decodificata ed interpretata
attraverso l'immaginazione ed il potere creativo della mente.
Poi, l'esperienza personale ed il vissuto individuale, il
patrimonio culturale e mnemonico di ognuno di noi, diverso
per ognuno di noi, rendono unica e soggettiva l'interpretazione
e la fruizione dell'opera d'arte.
In questi termini, l'arte visiva è un fenomeno che
coinvolge l' "homo videns" e che non richiede
nè può avere spiegazioni integrative dall' "homo
sapiens": ogni opera d'arte riflette una diversa
visione del mondo, sia perché ogni artista vive ed
esprime una sua personale concezione ed interpretazione della
realtà, sia perchè lo spettatore, il destinatario
del messaggio estetico chiamato a "leggerlo" o meglio
a "guardarlo", ricrea l'opera nel momento in cui
la osserva e realizza una sinergia tra la visione del mondo
che l'artista ha espresso nell'opera ed il suo mondo interiore,
la sua cultura, la sua sensibilità, la sua capacità
immaginativa ed interpretativa in modo del tutto soggettivo.
In definitiva, il concetto di "conoscenza" del
mondo dell' "homo sapiens" e di "visione"
del mondo dell' "homo videns" non sono poi
così distanti, e forse si può ipotizzare che
proprio nell'arte visiva si annidi il germe di quello che
Sartori chiama, con qualche timore, il post-pensiero, un linguaggio
che integra concetto astratto e visione, percezione visiva
ed intelligenza cognitiva, l'artista, il tecnico, il filosofo,
lo scienziato, l'uomo nella sua più perfetta complessità ed 'esseità'.
* articolo aggiornato il 22/12/2013
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