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Cibernetica e adattamento della capacità percettiva
di Vilma Torselli
pubblicato il 19/04/2007
"Homo sapiens" e "homo videns" nell'epoca del messaggio visivo, sintesi dell'attività visiva e di quella cognitiva nella contemplazione dell'opera d'arte.
Viviamo oggi in un'epoca che appropriatamente si può definire 'cibernetica', nella quale i nostri sistemi cerebrali di adattamento stanno subendo veloci trasformazioni.
Il termine cibernetica deriva etimologicamente dal greco kybernein (timonare) ed è stato coniato da Norbert Wiener per indicare la tecnica delle macchine capaci di autoregolamentazione, e per esteso l'insieme dei messaggi di comando che l'uomo dà alla macchina, che la macchina dà a sua volta alle altre macchine, che in definitiva ritornano poi all'uomo attraverso i circuiti di comando e di controllo nelle macchine elettroniche.
I mezzi di comunicazione che più stanno modificando e travolgendo il corrente concetto di percezione sono la televisione ed il computer, una che ci porta in casa le immagini del mondo, espressione fotografica e cinematografica della realtà, l'altro che ci fa vedere l'immaginario, la realtà virtuale che in effetti è una irrealtà, una realtà simulata esistente solo sul video.

In particolare, la televisione è solo in apparenza un mezzo di supporto conoscitivo, in realtà è un mezzo sostitutivo che ribalta integralmente il rapporto tra l'atto di capire e quello di vedere, perchè i fatti che prima venivano narrati ora vengono mostrati, affidandone la spiegazione alla loro visibilità.
In un suo volume sull'argomento ("Homo videns - televisione e post-pensiero", 1997) , Giovanni Sartori analizza diffusamente la posizione di quello che lui chiama homo sapiens e che, secondo la sua disamina, si avvia a diventare homo videns proprio in funzione del potere comunicativo della televisione, o comunque dei mezzi visivi, potere che è anche antropogenetico, in grado, cioè, di produrre una nuova tipologia di genere umano (con la nascita del video-bambino).

Per ciò che riguarda la telematica, la possibilità di una scomposizione binaria dei messaggi attraverso la digitalizzazione sta inoltre modificando il concetto della realtà, prima qualcosa di fermo e duraturo, oggi un insieme che può venire "ressettato", manipolato, scomposto e ricomposto in mille modi, quindi profondamente alterato nel suo significato primigenio.

Ma l'uomo è anche un "animal symbolicum" e la realtà concreta non è il solo ambito nel quale egli interagisce: lingua, mito, arte e religione sono materia dell'universo simbolico dell'uomo, almeno lo sono stati fino ad oggi, e immaginazione, creatività e capacità di astrazione sono altrettante peculiarità umane che hanno permesso la formazione di parole e linguaggi astratti e di un patrimonio concettuale non visibile, un mondo di concetti, idee e costruzioni mentali tra le quali si può annoverare l'esperienza estetica.
Da una fruizione puramente visiva, infatti, essa attua un collegamento concettuale o emozionale fra due mondi interiori, fra due persone che non si conoscono nè si sono mai viste, l'artista e lo spettatore, ma che possono mettersi in qualche modo in contatto e capirsi grazie al potere astrattivo ed immaginativo della mente.

Mi sembra difficile valutare oggi se tra l'uomo che legge e l'uomo che guarda ci sia una conflittualità o se si intravvedano possibilità di integrazione tra questi due individui per produrne uno migliore e più completo, certo la cosa sarebbe quanto mai auspicabile se, come sostiene Giovanni Sartori, l'immagine va spiegata attraverso il linguaggio, non essendo di per sè intelleggibile solo attraverso la sua visione.

Tuttavia oserei direi che non necessariamente l'immagine va spiegata, e l'esperienza artistica ne è una prova.
L'arte è un'esperienza emozionale dominata da logiche appartenenti al nostro mondo interiore, dell'inconscio e della soggettività, che in seguito affiorano alla coscienza, collocando il principio su cui si fonda il concetto di arte nell'indefinito territorio che sta tra una logica dell'inconscio e una logica della coscienza.
L'arte visiva può anche essere sinteticamente definita come produzione di una forma attraverso la quale trasmettere ad altri, unitamente ad una "presenza contenutistica", un insieme di messaggi emozionali e psichici che, con l'avvento dell'arte astratta, sono divenuti equilibri e rapporti di linee, colori, forme, liberati dalla necessità iconografica e quindi liberamente aniconici, dalla preoccupazione di raccontare qualcosa o di rapportarsi con qualcosa che abbia un senso logico (parafrasando Nietzsche, Dino Formaggio dice:"Il racconto è morto").

Scrive Gombrich nel suo "Arte e illusione", straordinaria opera della sua maturità:"Nella rappresentazione visiva.......i segni tengono luogo di oggetti del mondo visibile e questi non possono essere resi in sé. Ogni immagine, per sua stessa natura, resta un richiamo all'immaginazione visiva, ha bisogno d'essere integrata, d'essere compresa".
Ciò con cui la rappresentazione visiva va integrata è l'immagine della realtà alla quale facciamo inevitabilmente riferimento quando guardiamo un'opera d'arte, una realtà irriproducibile nella sua oggettività, sempre ambigua comunque venga raffigurata, con una sua componente di virtualità che viene decodificata ed interpretata attraverso l'immaginazione ed il potere creativo della mente.
Poi, l'esperienza personale ed il vissuto individuale, il patrimonio culturale e mnemonico di ognuno di noi, diverso per ognuno di noi, rendono unica e soggettiva l'interpretazione e la fruizione dell'opera d'arte.

In questi termini, l'arte visiva è un fenomeno che coinvolge l' "homo videns" e che non richiede nè può avere spiegazioni integrative dall' "homo sapiens": ogni opera d'arte riflette una diversa visione del mondo, sia perché ogni artista vive ed esprime una sua personale concezione ed interpretazione della realtà, sia perchè lo spettatore, il destinatario del messaggio estetico chiamato a "leggerlo" o meglio a "guardarlo", ricrea l'opera nel momento in cui la osserva e realizza una sinergia tra la visione del mondo che l'artista ha espresso nell'opera ed il suo mondo interiore, la sua cultura, la sua sensibilità, la sua capacità immaginativa ed interpretativa in modo del tutto soggettivo.

In definitiva, il concetto di "conoscenza" del mondo dell' "homo sapiens" e di "visione" del mondo dell' "homo videns" non sono poi così distanti, e forse si può ipotizzare che proprio nell'arte visiva si annidi il germe di quello che Sartori chiama, con qualche timore, il post-pensiero, un linguaggio che integra concetto astratto e visione, percezione visiva ed intelligenza cognitiva, l'artista, il tecnico, il filosofo, lo scienziato, l'uomo nella sua più perfetta complessità ed 'esseità'.

* articolo aggiornato il 22/12/2013


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