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Abitare poeticamente lambiente
di Alessandro Tempi
pubblicato il 18/12/2006 |
Intorno all'architettura,
conta ancora quello che diceva Heidegger a proposito del "costruire",
vale a dire che "il costruire non è soltanto
mezzo e via per l'abitare...è già in sé
stesso un abitare" [1] |
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A partire infatti dall'analisi
esistenziale sviluppata da Heidegger, che riconduce ogni manufatto
alla dimensione dell'essere temporale dell'uomo, il concetto
dell'abitare diventa un'interrogazione sul senso del nostro
esistere, e quindi implicitamente del nostro fare, all'interno
delle strutture materiali che hanno costituito e costituiscono
il mondo degli uomini.
L'essenza dell'abitare come tratto fondamentale dell'essere
dell'uomo, del "soggiornare dei mortali sulla terra"
riappare poi nella conferenza "...Poeticamente abita
l'uomo..." [2], che Heidegger dedica alla parola
poetica di Hölderlin.
In essa Heidegger avverte: "è il poetare
che, in primissimo luogo, rende l'abitare un abitare. Poetare
è l'autentico far abitare (...) Noi abitiamo poeticamente
? Probabilmente noi abitiamo in un modo completamente impoetico
(...) Il fatto che abitiamo in modo impoetico, e fino a che
punto, lo possiamo esperire in ogni caso solo se sappiamo
il poetico. Un rovesciamento di questo abitare impoetico,
se e quando accadrà, possiamo sperarlo solo se manteniamo
l'attenzione rivolta al poetico. Come e fino a che punto il
nostro fare e non fare possa aver parte in questo rovesciamento
possiamo provarlo solo noi stessi, se prenderemo sul serio
il poetico".
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E' a partire dal confidente ascolto
del poeta tedesco che Heidegger invita e persino ammonisce a
prendere sul serio il poetico, un'istanza, questa, che discende
dalla cognizione del poetare non come volo fantastico col quale
abbandonare la terra per il cielo, bensì come il ricondurre
l'uomo sulla terra, restituendolo all'essenza propria dell'abitare.
Verso la fine della conferenza, Heidegger definisce il senso
autentico dell'ascolto, che è un cor-rispondere alla
parola di Hölderlin. Ma prima egli ha rievocato il distico
in cui si dice che l'uomo "poeticamente abita
su
questa terra", guardando in alto verso i divini:
"Il guardare in alto supera la distanza che sta fra
noi e il cielo, e rimane tuttavia quaggiù sulla terra.
Il guardare in alto misura tutto il 'frammezzo' che sta fra
cielo e terra. Questa misura (...) la chiameremo ora la 'dimensione'
(...) Essa non è originata dal fatto che la terra e il
cielo sono volti l'una verso l'altro. Anzi, il loro essere rivolti
l'una verso l'altro si fonda a sua volta nella dimensione. L'abitare
dell'uomo sta in questo misurare-disporre la dimensione guardando
verso l'alto (...) Il misurare-disporre è la poeticità
dell'abitare. Poetare è un misurare (...) Solo l'uomo
muore, e ciò continuamente, fino a che dimora su questa
terra, fino a che abita. Ma il suo abitare consiste nella poeticità.
Hölderlin vede l'essenza del poetico nella presa-di-misura,
mediante la quale si compie la misurazione-disposizione dell'essenza
umana".
Se il ri-condurre l'uomo sulla terra (il poetico) significa
ri-portarlo all'autenticità, "abitare poeticamente"
significa allora essere toccato dalla vicinanza dell'essenza
delle cose. Questa vicinanza però non ci proviene da
una conquista; al contrario è un dono. E' ciò
che si ottiene avvicinandoci umilmente all'essenza vera delle
cose. Attraverso la Poesia, per esempio, o l'Arte. La verità
che si apre nella poesia è infatti qualcosa che ci proviene
(non a caso Heidegger parla continuamente di ascolto della parola
poetica) e che noi non costruiamo. E' un dono, insomma, esattamente
come l'ambiente nel quale esistiamo: noi costruiamo nell'ambiente,
ma l'ambiente non è ciò che costruiamo. Ecco perché,
ricorda Vattimo, c'è quell'avversativa - "tuttavia"
- tra il "pieno di merito" e "poeticamente
abita l'uomo". "Pieno di merito" vuol dire:
certamente l'uomo abita sulla terra, costruendo case, producendo
automobili, ascensori per facilitarsi l'esistenza, per difendersi
dai pericoli della natura, e così via; tuttavia , dice
Hölderlin, l'uomo "abita poeticamente".
C'è qualche cosa, alla base di tutto questo operoso e
pratico darsi da fare da parte dell'uomo, che non è attività,
ma è ricezione, passività, grazia, dono appunto.
Tutta la Poesia e l'Arte trovano la loro radice in quel "tuttavia",
nell'opposizione tra l'attività utile, produttiva, pratica,
di cui gli esseri umani hanno merito, e il trovarsi nel mondo
disponendo di una via di accesso alle cose, che non è
il risultato del nostro pratico darci da fare, che non è
interamente costruita da noi, ma che è comunque alla
base stessa di tutti i nostri meriti pratici.
[1] Martin Heidegger, "Costruire abitare pensare"
- in "Saggi e discorsi", Mursia, Milano 1976, che,
secondo Fulvio Papi, rimane ancora il testo filosofico più
letto dagli architetti.
[2] Cit.
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