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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Sembra facile dire Museo
di Vilma Torselli
pubblicato il 03/02/2007 |
L'Italia è
un grande paese con una delle tradizioni culturali più
significative del pianeta e con il patrimonio artistico più
ragguardevole dell'occidente, grazie soprattutto a quel miracolo
culturale unico al mondo che fu il Rinascimento, talmente produttivo,
non solo qualitativamente ma anche quantitativamente, da lasciarci
un'eredità così abbondante da sopravvivere senza
danni troppo rilevanti ai saccheggi di francesi, tedeschi ed
anglosassoni. |
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Oggi i tempi sono decisamente cambiati
(anche l'arte, come la primavera, non è più quella
di una volta!), ma restiamo comunque la nazione con il più
alto tasso di opere d'arte pro capite e attualmente, con più
di 3500 sedi museali, il paese al mondo che ha la massima densità
di musei per abitante, compreso un museo del pane, un museo
della carta, uno del gelato, svariati musei delle civiltà
contadine ed altre simili amenità.
Sì, perché oltre che abbondanza di opere abbiamo
anche abbondanza di palazzi, castelli, conventi e non sappiamo
sottrarci alla tentazione di farne gallerie d'arte, musei
o contenitori storici di non meglio identificati spazi culturali,
con esiti progettuali non sempre tali da giustificare la fatica
e la spesa per il loro ripristino.
E' relativamente recente il restauro degli ex Monasteri che
ospitano il GAMeC di Bergamo a firma di Gregotti e Associati,
moltissimi sono i recuperi di carceri, scuderie o interi palazzi
e ville, Palazzo Sarcinelli a Conegliano, Palazzo Forti a
Verona, Palazzo Zabarella a Padova, Palazzo Crepadona a Belluno,
Palazzo Martinengo a Brescia, il Palazzo Reale di Milano,
Villa Manin a Passariano, analoga la sorte di rocche e castelli
, Rocca di San Giorgio a Orzinuovi, Castel Sant'Elmo, il Belforte,a
Napoli, il Castello Svevo di Bari, non esenti da forzature
ed artifici frutto di una ri-progettazione che rende indistinguibile
l'intervento restaurativo e snatura l'originaria funzione
senza soddisfarne correttamente una sostitutiva.
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In mezzo a banali integrazioni "citazioniste",
devianti riutilizzi, riconversioni scontate, rimediate ed
anonime sistemazioni museali che si limitano ad attaccare
i quadri alle pareti, non mancano, naturalmente, gli esempi
frutto di un costruttivo sforzo di creatività progettuale:
Castel del Monte, struttura fortificata voluta da Federico
II di Svevia , dove la particolare ubicazione ha scoraggiato
qualsiasi tipo di fantasioso recupero funzionale e lunghi
lavori di restauro tutt'ora in corso hanno ripristinato
l'antico fascino di un edificio inserito dall'Unesco nel
patrimonio mondiale dell'umanità, Palazzo Spinola,
a Genova, interamente recuperato e divenuto museo di sé
stesso, l'Arsenale di Venezia, protagonista indiscusso di
ogni evento ambientato in laguna, esempi di come un
restauro correttamente condotto possa salvaguardare, con
la funzione o con una sua rispettosa memoria, lo spirito
dei luoghi.
Tuttavia, nell'ottica di una moderna concezione della politica
museale, tutta questa abbondanza di sedi prestigiose rischia
di trasformarsi per l'Italia in una ingombrante palla al piede.
Sono infatti rari nel nostro paese i musei di nuova costruzione
modernamente concepiti dal punto di vista architettonico e
tecnologico (riesco a pensare solo al MART di Rovereto), punti
nodali e crocevia di un nomadismo culturale sempre più
diffuso, catalizzatori di linguaggi diversi e non solo custodi
di un'identità culturale sempre più incerta
ed anacronistica, forse proprio perché abbondano vecchie
strutture spesso di collocazione urbanistica oggi insoddisfacente,
un tempo con funzioni abitative, politiche, religiose, da
recuperare ad una generica 'cultura' con conversioni di scarsa
fantasia e di dubbio gusto probabilmente solo perché
ci sono, e qualcosa bisogna pur farne.
E' di questi giorni l'annuncio di un progetto, concepito
e promosso su iniziativa di Eva Schubert, fondatrice dieci
anni fa a Vienna del Museum With No Frontiers (MWNF), destinato
a cambiare radicalmente la politica museale espositiva del
futuro "perché è il primo progetto on
line in cui molti musei usano lo stesso spazio virtuale per
realizzare un programma comune. Si apre così una nuova
dimensione per realizzare mostre internazionali con la partecipazione
di vari musei senza spostare l'opera d'arte, lasciando tutto
sul posto, gli obiettivi sono più vasti, il lavoro
organizzativo minore e l'opera d'arte non corre rischi"
(Il Giornale.it, n. 5 del 2007-01-06 pagina 32, 'L'arte senza
frontiere né confini, la mostra più bella oggi
è online', di Aridea Fezzi Price).
Si tratta, ovviamente, dell'esempio estremo di quello che
sarà il Museo di domani, il Virtual Museum di un villaggio
globale, senza pareti, senza confini: e allora, che ce ne
faremo delle nostre faraoniche sedi storiche, e, soprattutto,
che faranno gli architetti specializzati in costosi recuperi
di cattedrali nel deserto?
link:
Musei virtuali per arte virtuale
La nuova identità antropocentrica dello spazio museale
Moma o non moma?
Parmigiano e Coca Cola
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