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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
Il più letto in Artonweb: fotografia |
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FOCUS ON |
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Libri
American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
Musei
Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
Concorsi
Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.
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Premi
I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone. |
In Italia
Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Strane analogie di
Vilma Torselli
pubblicato il 8/07/2009 |
“La forma per la
forma” (Walter R. Arnheim) |
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Robert Morris, Untitled (Pink Felt), 1970.
Felt pieces of various sizes, overall dimensions variable.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Panza Collection
91.3804. © 2007
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Frank O. Gehry
Elciego, Azienda vinicola Marques de Riscal |
Un mucchio di strisce di feltro tranciato,
scarto di lavorazioni industriali, cadute disordinatamente
dai macchinari sul pavimento e divenute ‘oggetto’,
null’altro, per effetto di azioni basilari quali il
taglio e la caduta secondo la forza di gravità: riciclati
in una forma d’arte underlying dal linguaggio di grado zero, i feltri
di Robert Morris si organizzano spontaneamente in una anti-forma che non fa che rivelare le proprietà tautologiche
del materiale per un'arte puramente visiva che la mente
dell'osservatore analizza compiendo collegamenti propri
del tutto liberi, secondo decisioni soggettive.
Un progetto di Frank O. Gehry tra i più discussi,
dove egli porta all’apice la sua estetica dell’informale
facendoci sorgere il dubbio che in realtà la sua
sia sempre stata un’estetica della anti-forma: come
in tutti i suoi interventi precedenti, il progetto sfrutta
ed asseconda la duttilità del titanio, la leggerezza
di un materiale altamente tecnologico, la lucentezza, l'ondulazione,
specie in questa realizzazione della quale il progettista
stesso dice: ” È una creatura meravigliosa
con la chioma ondeggiante nel vento in tutte le direzioni
che galoppa nei campi…..”.
Entrambe apparentemente casuali, episodiche, in bilico tra
figurazione ed astrazione, le due opere mostrano una comune, sostanziale
mancanza di intenzionalità che in realtà accoglie
una sorta di forma archetipica insita nel DNA della materia,
evocata da un demiurgo burlone.
Entrambe contaminazione di un 'cheapscape' (l’objet
trouvé di duchampiana memoria) al quale già
Raushenberg, con la sua ironica celebrazione del rifiuto,
guardava con interessata curiosità, le due opere spiazzano
e disorientano l’osservatore, indeciso tra il chiedersi
“Ma questa è arte?” , “Ma
questa è architettura?” o il domandarsi
con una certa inquietudine se l’una finirà
nel bidone dell’immondizia sotto la scopa di un solerte
addetto alle pulizie o l’altra si disperderà
in mille frammenti per effetto di un vento giustiziere che
ripristini la natura dei luoghi.
Come i feltri di Morris, la struttura di Gehry gradisce
determinati punti di vista e si rapporta con l’intorno
per una certa monumentalità dimensionale fine a sé
stessa, nella più completa indifferenza verso una
corrispondenza di lettura tra interno ed esterno. L’esuberanza
e la ridondanza dei volumi si esplica su un piano puramente
esteriore (molte le inutili pensiline, gli spazi di transito,
i vuoti), le forme soggiacciono solo alla legge della gravità
in un’architettura epidermica in cui spazio, volume
e superficie vivono ciascuno per conto proprio la casuale
situazione di concomitanza di separati in casa.
Morris, vanificata l’utopia del "l'arte
per l'arte", formula un linguaggio di minimalismo
estremo eppure fortemente connotato, Gehry, superata ed
abbandonata la metafora del cheapscape, cerca una
scappatoia liberatoria che gli permetta di evadere dall’obbligo
del “l'architettura per l’architettura”
(al quale per altro si è sempre ribellato) facendo
della incontrollata carica espressionista del suo progetto
il simbolo delle contraddizioni e delle incongruenze del
nostro tempo.
Resta da scoprire perché abbia scelto di fare l’architetto. |
link:
Anti-Form
Anti
Form - Robert Morris
Frank
O. Gehry, "Bubbles Chaise Longue"
Mister Gehry, ci sei o ci fai?
Gehry, Oldenburg e l'archiscultura |
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