C’è un evidente feeling
tra un artista contemporaneo che ha dell’arte un’idea
architettonica ed i contemporanei architetti che hanno dell’architettura
una visione artistica: parlo di Claes Oldenburg, anomalo
pop-artist con il cuore americano e il cervello svedese,
e la schiera delle archistar che si contendono oggi la ribalta
internazionale.
Se infatti le “sculture” (il virgolettato è
d’obbligo) di Oldenburg traggono significato e specificità
dallo strattagemma di attribuire all'oggetto una insolita
dignità formale e culturale attraverso il sovradimensionamento
che ne fa una vera e propria installazione architettonica,
le “architetture” (anche qui si impone il virgolettato)
delle archistar sono esempi spesso clamorosi di gigantismo
oggettuale in prodotti genericamente artistici che poco
o nulla hanno di architettonico, dando ragione a Germano
Celant quando scrive: “l'architettura oggi è
al centro di un discorso che la propone come spettacolo,
come oggetto mediatico che cambia il volto delle città:
l'edificio viene inteso come una "scultura" che
si pone in rapporto dirompente col tessuto urbano. Al punto
che non si guarda più all'uso ma al segno".
( “Arti & Architettura 1900-2000”, Genova,
Palazzo Ducale, 2004)
“….Arte e architettura
si ritrovano in un dialogo reciprocamente fruttifero. L’architettura
più innovativa propone soluzioni che incorporano
strategie artistiche; mentre il contenuto di molta arte
si può spesso mettere in relazione a dati architettonici…..”
così scrive Cristina Bechtler, rafforzando il concetto di Celant, nella prefazione a “Immagini d'architettura - Architettura
d'immagini. Conversazione tra Jacques Herzog e Jeff Wall" (2005).
In questo curioso scambio delle parti, entrambi i protagonisti
sembrano trovarsi a proprio agio, e mentre da una parte
Oldenburg afferma che "un edificio si distingue
da una statua solo perché all'interno ci sono i gabinetti"
realizzando (con la moglie Coosje van Bruggen) monumentali
large-scale projects, ipersculture di mastodontico
impatto ambientale che niente hanno da invidiare ad un intervento
architettonico, dall’altra parte un’archistar come Jacques Herzog (la metà del celebre sodalizio
Herzog/de Meuron) dichiara “….Jeff (Wall,
fotografo) può produrre immagini (…) più
di quanto facciano gli architetti. Ma la questione tocca
un argomento molto importante, e cioè, noi abbiamo
sempre basato il nostro lavoro sulle ‘immagini’“, suggerendo l'idea di un'architettura ad alto contenuto iconico.
Immagini d’architettura per un’architettura
di immagini, magie visive, segni, visioni ..... stadi a
forma di nido d’uccello, auditorium a forma di panettone,
musei in forma di brioche o di maxi-wc ……..
Dimenticato il rapporto dell'architettura con il luogo geografico
e con il contesto territoriale o urbano, passati i tempi
in cui l’architettura d’uso pubblico o terziario
fungeva da tessuto connettivo nella riqualificazione e nel
ridisegno urbano, messa da parte ogni pretesa di relazione
con qualunque realtà al di fuori di sé, divenuta
autoreferenziale ed oggettuale, l’architettura contemporanea
contende all’arte (installazione, public art, land
art ecc.) modi espressivi e risultati estetici: una molletta
per stendere il bucato alta quanto un palazzo di cinque
piani piazzata nel bel mezzo del Centre Square Plaza di
Philadelphia e un edificio cetrioliforme eretto nel cuore
del quartiere finanziario di Londra finiscono per sortire
lo stesso effetto di straniante incongruenza, una sorta
di cortocircuito visivo che, nell'intenzione sia dell'artista
che dell’architetto, obbliga ad un riesame del mondo
circostante e degli oggetti che lo popolano, proposti da
un punto di vista assolutamente inedito in un linguaggio
monumentale, macroscopico ed a tratti ironicamente celebrativo.
Se appare relativamente chiaro il mezzo utilizzato, consistente
nella rottura dei precostituiti schemi pecettivi e nel mixage
di linguaggi tradizionalmente lontani, può apparire
non altrettanto chiara la relazione che gli artefici di
questi ‘oggetti’ mostruosamente e quasi grottescamente
ingranditi ed esasperati vogliono stabilire con la città
ed i suoi abitanti, tuttavia nel complessivo disegno dell’ambiente
è possibile dare un senso comune a tutte queste ‘forme’
se lette come nuovi ‘segni’ di riferimento urbano
al di fuori dei codici tradizionali sia dell’arte
che dell’architettura.
Ma è l'arte che trae suggestioni ed ispirazione dall'architettura
appropriandosi dei suoi stessi modi espressivi, o viceversa
è l’architettura che viene risucchiata dall’arte
nel territorio della casualità e della libertà
linguistica? E’ la molletta di Oldenburg una scultura
architettonizzata o il grattacielo di Foster un’architettura
artisticizzata?
Non lo sapremo mai ….. né è importante
saperlo. |