"l'architettura è processo, coinvolge una pluralità di attori, dal committente all'inquilino che la trasforma […….] , una molteplicità di operatori progettuali [……] . La Biennale e l'architettura non sono come "X Factor". L'architettura non deve essere espressione di un'autobiografia, ma professione collettiva, utile alleanza: non ha bisogno di geni": sono parole che David Chipperfield, direttore della tredicesima Mostra Internazionale di Architettura, pronuncia all'apertura della Biennale del 2012, inaugurando un filone della riflessione sull'architettura del terzo millennio peraltro già cristallizzato nel titolo, "Common Ground", Terreno Comune, se non inesplorato, quantomeno non ancora affrontato da nessun suo predecessore con tanta costruttiva provocazione e coraggiosa determinazione.
II fine è quello di “stimolare i colleghi a reagire alle prevalenti tendenze professionali e culturali del nostro tempo che tanto risalto danno alle azioni individuali e isolate. Ho voluto incoraggiarli a dimostrare, invece, l’importanza dell’influenza e della continuità dell’impegno culturale, a illustrare idee comuni e condivise le quali costituiscono la base di una cultura architettonica”: tutto ciò, come la sua carriera professionale dimostra, senza rinunciare alla singolarità creativa che fa di ogni prodotto dell'intelletto un'opera unica come unico è ogni essere umano, tutto ciò nell'epoca dell'architettura d'autore e della prevalenza di quella che Marc Augé definisce "architettura della singolarità", ultimi baluardi a difesa di una autorialità sempre più in crisi e sempre più lontana dalla moderna società della globalizzazione.
Common Ground come territorio di affermazione di quello che Edoardo Boncinelli chiama “carattere fortemente sociale della creatività” e, come dice Chipperfield, del "potere collettivo dell'architettura", lo stesso territorio della Bauhaus, delle scuole di Sullivan, di Wright, di Aalto, di Saarinen, delle Factory intese come crogiolo di idee in convivenza paritaria e collaborante, dove non trova alloggio il genio autobiografico e narcisista di chi racconta solo sé stesso.
Come si deduce dalla conferenza stampa tenuta nell'Aula Magna della Facoltà di Architettura di Roma nel maggio del 2012, Chipperfield non si dichiara pessimista circa la possibilità che si instauri una strategia del confronto anche tra le archistar, fino ad ora rappresentanti, nel bene e nel male, di una nuova specie di progettisti a metà strada tra l’artista e l’architetto, tra l’intellettuale e il manager, rinchiusi in uno splendido isolamento ed operanti fuori da ogni contesto reale.
Significativo segnale di continuità è che la Biennale seguente, la quattordicesima (2014), sia affidata a Rem Koolhaas che la intitola “Fundamentals” e che dichiara di voler ripartire dal grado zero dell'architettura con "una Biennale sull'architettura, non sugli architetti [……] le mostre che si svolgeranno […….] daranno luogo a una panoramica globale dell'evoluzione dell'architettura verso un'unica estetica moderna."
Con ciò, "Koolhaas dichiara al mondo: io non sono un Archistar, io sono l’Architettura. Lui sa che quel tempo è finito, che l’unica star rimasta con il coraggio di comportarsi come tale, è Zaha Hadid. Sa che per dominare il prossimo futuro bisogna lasciare il palcoscenico e puntare a una leadership politica incoronandosi erede della disciplina…." (Rem Koolhaas: "La mia Biennale senza archistar")
Forse oggi, quando la deriva decostruzionista pare arrivata al capolinea e lo scenario dell'architettura mondiale è palcoscenico dell'isteria autocelebrativa di poche personalità ipertrofiche, c'è nell'aria uno spirito nuovo e forse l’architettura, che “ci seduce, ci circonda, dà forma alla nostra vita e ci protegge; (…) domina il paesaggio; (…) capta come nessun'altra forma lo spirito dei tempi” è chiamata a dargli espressione ("Arquitectura. De la prehistoria a la postmodernidad", Marvin Trachtenberg/Isabelle Hyman, 1990).
Lo spirito del tempo, lo Zeitgeist romantico che non ha mai smesso di aleggiare, è una forza motrice circolare, determina gli eventi ed al tempo stesso ne è determinata entro una corrispondenza necessaria tra epoca e stile, cultura e natura, etica e politica, un concetto che già Pevsner esprime parlando della nascita dell'architettura contemporanea: "Era l'assolvimento di un compito che l'epoca stessa si era posto, e lo stile che essi (gli architetti) avevano creato corrisponde ai dati sociali e tecnici del secolo nascente." (Nikolaus Pevsner, "Storia dell'architettura europea", 1943)
E la via verso questo Common Ground, sempre meno ipotetico in questo secolo appena nato, ce la indica proprio Chipperfield: "Esiste un terreno privato, una proprietà privata, e un terreno comune che appartiene a tutti [……] Per me significa uno spazio dove persone con pensieri diversi sull’architettura possono incontrarsi [………] Mi interessa come i nostri progetti indirizzano le nostre “performance”, nelle differenze che ci contraddistinguono."
Di seguito, uno serie di sconfinamenti che fanno riflettere: casualità, copiatura, somiglianza, imitazione, emulazione........ sindrome di Las Vegas?
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