Se proprio è inevitabile uno svelto e
condensato riassunto delle puntate precedenti, perlomeno che
si parta subito con una esplicita marcia indietro: À
rebours sintitola difatti, magnificamente, il famoso romanzo
di Joris-Karl Huysmans considerato il punto di partenza del
Simbolismo. È il 1884: data di nascita dun movimento
artistico che nasce asserendo a chiare lettere di voler andare
a ritroso. La ragione principale sta nel suo voler
essere bellicosamente anti-naturalista. In Francia, la polemica
era contro la cultura mediottocentesca imperante, contro Émile
Zola, il Romanticismo, il pompierismo, ma pure contro
lo stesso Impressionismo. Con Huysmans, si sceglie allora di
preferire al reale lideale: il simbolo, appunto, anche
azzardato e magari oscuro, molto meglio della rappresentazione
piana o pomposamente allegorica.
Sarà una gran rivoluzione di ismi, che,
pur impastandosi con inevitabili detriti neoclassicisti e
tardoromantici, pescherà un po dal Parnassianismo
francese e un po dal Preraffaellismo inglese di Rossetti
e Burne-Jones; e che a sua volta svilupperà le intuizioni
estetiche di antesignani quali Puvis de Chavannes, Fantin-Latour,
Moreau (Io credo solo a quel che non vedo, solo a quanto
sento) per dare vita grazie alloperato
di nuovi artisti come Redon e Maillol in pittura e Rodin e
Bourdelle in scultura anche a quelle famose caratteristiche
del tourbillon rimescolatorio di finesecolo via via note come
estetismo, decadentismo, dandismo. Invero cruciale in quella
temperie culturale, il Simbolismo neppure è estraneo
allo sviluppo successivo di fenomeni come lArt Nouveau,
di cui anticipa le morbose morbidità; e, se vogliamo,
nemmeno allirruzione in scena della psicoanalisi, attraverso
le nuove attenzioni alla psiche, specie femminile, manifestate
dalla Secessione viennese, e in particolare da Klimt, o alla
glaciale personalità della femme fatale studiata dal
belga Khnopff. E relazioni più o meno dirette se ne
potrebbero trovare ancora molte altre. Ma fermiamoci qui,
in vibrante bilico tra un secolo e laltro.
Per non perdere lequilibrio, allora, prendiamo meglio
le misure del paesaggio circostante. Si è parlato più
che altro del mondo francofono, e in genere è esattamente
in tale ambito geografico che si tende a situare il letto
principale del fiume simbolista. Allo stesso modo, si tende
a farne proseguire il corso al massimo fino alla Prima Guerra
Mondiale, quando la corrente, snervata, si sarebbe esaurita.
Ma questa importante esposizione di Cento, tra caparbietà
e acribia, vuole approntare un autonomo riassunto delle
puntate successive. Ovvero mettere qualche speciale
puntino sulle i, avanzando una serie di precisazioni
spaziotemporali da non sottovalutare: 1) il fenomeno simbolista
è di tale portata non si esaurisce presto, ma si rinnova
e si ritrasforma da una Grande Guerra allaltra, anche
nella Mitteleuropa, anche in Italia; 2) esso continua a riprodursi
con vitalità soprattutto nellEst europeo, dove
le istanze simboliste sostituiscono quelle che altrove saranno
più precisamente surrealiste; 3) partecipa del grande
movimento novecentesco, che coinvolge tutto il mondo occidentale,
di studi (psicoanalitici, etnologici, esoterici) sul pensiero
mitologico e sulle pratiche magiche, lì dove i vari
circoli iniziatici accolgono al proprio interno etnografi,
surrealisti, teologi, misteriosofi, esteti e appunto artisti;
4) in particolare a partire dagli ultimi anni 70 , si
rimette in gioco con piglio rinnovato attraverso lattività
di molta illustrazione internazionale, quella cosiddetta fantasy,
che si alimenta abbondantemente di quegli stessi sogni ideali;
5) infine, dopo la metabolizzazione ormai sociale degli studi
psicoanalitici e antropologici del Novecento, ulteriori sopravvivenze
del sentimento visionario simbolista sono rintracciabili senza
difficoltà nel panorama della cultura anche popolare
contemporanea, tra la fotografia e il fumetto.
Di fatto, grazie ad un taglio scientifico originale ed efficace
di antropologia dellarte, precisamente quello cui ci
ha abituati negli ultimi anni il curatore Roberto Roda, i
temi affrontati sintrecciano attraverso la studiata
alternanza delle tecniche espressive, delle provenienze geografiche,
delle datazioni, creando continui e spesso inattesi cortocircuiti,
dove le rispondenze rimbalzano e si illuminano a vicenda,
dimostrando gli eterni ritorni dei meccanismi psichici che
si esprimono attraverso la svariante creatività figurativa
umana. E, una volta di più, tout se tient.
I diversi percorsi offerti dalla mostra sono complementari
e tra loro perfettamente combacianti. Già dalla prima
immagine introduttiva, ancora vittoriana, si preannuncia così
latteggiamento fondante del sentimento simbolista pronto
ad irrompere: la fascinazione profonda di fronte al mistero,
con sguardo un po pieno e un po vuoto laddove
però il rapporto con lignoto, manifestato dallocchiata
dei due fanciulli abbracciati di fronte al (pur finto) drago
volante, si palesa tuttaltro che pacifico, almeno per
quanto riguarda il maschietto, che appare decisamente più
intimidito della femminuccia. Ecco: lui ha più paura
di lei: subito la femmina, addirittura prepubere, si segnala
non solo quale segreta imperatrice nel centro dellimmagine
e dellimmaginario simbolista, ma si afferma come unica
possibile figura-guida nellarcano mondo dei simboli,
esattamente quale simbolo essa stessa e contenitore di simboli
per eccellenza.
Da qui parte litinerario fascinoso della mostra, lungo
il quale ogni immagine si trova in rapporto con la precedente
e con la successiva, in un ininterrotto gioco di assonanze
e rimandi che ci proietta dal Simbolismo fin nel contemporaneo
e viceversa. Veniamo così a contatto, alternando attrazioni
e timori in sempre nuovi batticuori, con dèi, démoni,
esseri ibridi, e stessi umani ignoti a se stessi, spersi in
un universo ampio, le cui ampiezze e vuotezze fan paura letteralmente.
In simmetrie silenziose che nascondono messaggi ancora incomprensibili,
di fronte a ciò che la natura nasconde, o semplicemente
non dice e lascia immaginare, è quasi inevitabile la
nudità degli attoniti attori umani, la nudità
come cifra visibile dellindifeso.
Nel mezzo di paesaggi panici che sono paesaggi interiori,
anche i volti sono paesaggi psicoanalitici. Ed è notevole
la collazione di ritratti fantastici forse autoritratti:
di quando ci si guarda allo specchio e il riflesso che esso
rimanda non è quello che ci si aspetterebbe, ma una
sorpresa, sovente brutta dovuti a una serie di artisti
prodotti da unItalia centrifuga, cui la realtà
terragna non basta, che vogliono vedere il mai visto, che
vogliono immaginare linimmaginabile, che amano rappresentare
lassente. E non a caso lo catturano bloccandolo in una
frontalità assoluta, da cui non si scappa.
Invece le donne, ah le donne, quanto più pure e giuste
appaiono nellillusione beata del simbolo, dove la divinità
è femmina. Che siano profumate vergini in processione
nelle feste di primavera, o ninfe sensuose della natura vegetale
o animale, o mènadi pronte a scatenarsi per esaltare
la fertilità, è lennesima riconferma che
larte è pagana, e meno male; mentre in certi
calamitosi monoteismi il dio unico è maschile e maschilista,
e cè ben poco da rallegrarsi.
Invece nel sentire simbolista, vieppiù nitido quando
nordico, la voluttà mistica invade tutto, panteisticamente,
anche il paesaggio, specie se di montagna. Le vette, le nubi,
lalto dei cieli, limmensa distesa del mare sono
tutti templi naturali per la purezza assoluta del corpo giovane,
offerto al rigenerante fresco dellaria, non meno che
per le barbe bianche dei vecchi saggi, discreti ma autorevoli
inviti alla meditazione.
Sullaltro versante del sogno, naturalmente, al di là
del famigerato specchio, simbolo disperato di vanitas e di
quella morte che vorrebbe negare, stanno gli incubi. I richiami
della ineluttabile disgregazione. Il confronto della bellezza
con la sua vanità purtroppo implicita. La fine della
fertilità. La vittoria sogghignante del tempo su tutto.
La danza macabra del memento mori. E nel frattempo si snoda
la strada disseminata di diabolici trabocchetti. Peccati per
tutti; tutti peccatori e peccatrici. Pulsioni oscure, riti
sulfurei, labirinti di passioni ora soffocate e ora lasciate
esplodere, segreti inconfessabili, deliri sincretistici, satanismi
cattolici, insradicabili sadomasochismi. Con lessere
umano sempre perdutamente smarrito tra la notte più
buia e il giorno più luminoso, con lartista simbolista
sempre ciclicamente dibattuto tra langelismo preraffaellita
e il demonismo di Moreau. Ed è qui che risorge, come
Pasqua periodica, la stordente ubriacatura della Fede imperante
e imperativa, a sua volta coi suoi simboli: Inferno e Paradiso,
Croce, Cristo, Madonna.
Fino a che il tutto si scioglie nelle spire del grande rettile,
lì dove il tutto era anche iniziato: nellavvolgente
e mortale sguardo di Medusa la femmina pitonessa, ennesimo
simbolo ritornante e immortale, che si offre finta schiava
per essere padrona completa. Ennesimo simbolo, appunto.
Un testo scritto in occasione della mostra:
EREDITÀ DEL SIMBOLISMO
Mitologie, etnografie, esoterismi
Civica Galleria d'Arte Moderna "Aroldo Bonzagni",
Piazza Guercino 39, Cento (FE)
12 marzo 2007- 3 giugno 2007
Ferruccio Giromini |