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Solo negli anni ’60, quando Andy Warhol inventa l'estetica del consumismo, si frantumerà il tabù di un'arte "altra" dalla vita, realtà a sé stante privilegio di pochi soggetta alla legge dell'estetica, ma già nella prima metà del ‘900, trascinata dalle teorie di Walter Benjamin, la grafica si carica del ruolo comunicativo di una forma d’arte essa stessa prodotto di consumo perché diretta alle masse, veicolo di una cultura non più elitaria che supera i canoni borghesi ottocenteschi per rifondarsi in funzione sociale.
Steiner opera in questo clima culturale, divenendone esponente di spicco, sintetizzando filoni di diversa provenienza, accogliendo l’eredità razionalista filtrata dall’esperienza della Bauhaus, il rigore concettuale dell’Astrattismo italiano, le suggestioni del Costruttivismo russo, rintracciabili in una sorta di affinità elettiva con El Lisitskij nei semplici ritmi formali e cromatici di un linguaggio visivo sobrio e forte, in grado di "costruire", appunto, un nuovo modo di intendere un mondo in cui la grafica non sia più solo ricerca del bello in funzione estetica, ma divenga servizio sociale, espressione di senso etico e civile.
Accanto ad un rigore culturale che è prima di tutto rigore morale, Steiner coltiva una creatività curiosa, una sorta di nomadismo intellettuale nello spazio e nel tempo che trova conferma nel rapporto con Ribera e Siqueiros e con il muralismo messicano, arte collettiva a funzione comunicativa e didascalica che appartiene a chi la guarda ed è comprensibile da tutti, senza mediazione alcuna.
L’attualità del linguaggio di Steiner si legge soprattutto nel segno, inteso nel suo significato basico di grafismo (o grafema), linea, traccia, colore, impronta, in chiave puramente percettiva e al di là del suo significato semantico.
Sotto questo punto di vista si evidenzia come Albe Steiner non solo abbia sintetizzato in un personale, compiuto e complesso linguaggio espressivo diversi caratteri della contemporaneità, ma abbia chiaramente anticipato tendenze che seguiranno.
Lettering, writing, graffitismo, calligrafismo, tutte le correnti che esplorano la zona franca in cui la parola diventa disegno esprimendo il suo potenziale pittorico ed evocativo, hanno radici in quella grafica del ‘900 della quale Steiner è stato sensibile interprete.
Boetti, Scanavino, Rotella, Baj, Munari, tanto per restare in Italia, Lichtenstein, Warhol, Rivers, Indiana, Dine, se vogliamo pescare nel new dada d’oltreoceano, giocano con le lettere in rapporto paritario con l’immagine, utilizzando il linguaggio come segno che non veicola necessariamente significati compiuti e collegati al contesto, ma che racconta una storia autonoma di valenza squisitamente formale.
II testo diventa così composizione grafica, segno meta-alfabetico, significante al di là del significato, integrato in un linguaggio totale innovativo, giocoso, ironico, scrittura disegnata in grado di comunicare autonomamente contenuti non linguistici grazie al suo impatto puramente iconico. |