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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.

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I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone.

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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.

Gianfranco Pugliese, "I miei Frattali"
di Gianfranco Pugliese e Vilma Torselli
pubblicato il 22/09/2007
Estetica per una ricongiunzione tra conoscenze diverse e una intelligenza della complessità:intelligenza del reale che non è riflesso della realtà, ma traduzione/ricostruzione di essa da parte dello spirito/cervello dell'uomo.
Quello che mi colpisce, è il fatto che nella nostra società l’arte sia diventata qualcosa che è in relazione soltanto con gli oggetti, e non con gli individui, o con la vita. E che l’arte sia un qualcosa di specializzato, e che sia fatta da quegli esperti che sono gli artisti. Ma perché la vita di tutti i giorni non potrebbe diventare un’opera d’arte? Perché una lampada o una casa potrebbero essere un’opera d’arte, ma non la nostra vita?” (M. Foucault)
La crescente espansione della rappresentazione digitale dell’immagine pone da qualche decennio al centro della ricerca artistica i rapporti tra arte e tecnica, ripristinando una tematica che ha lontanissime radici: "téchnai", infatti, nella sua originaria accezione, è l'equivalente di "arte", che in greco antico significava il complesso delle attività umane che richiedono abilità tecnico-pratiche finalizzate a produrre un'opera. La storia dell'arte dell'ultimo secolo fino agli anni ‘70, è marcatamente dominata dall'avvento delle tecnologie, il che ha prodotto, oggi, la sostanziale paritarietà delle due figure del "poietés" e del "technités", con radicale rivalutazione della figura del "technités", colui che è in grado di svolgere un'azione universalmente riconosciuta ordinarsi a "principi e regole razionalmente posseduti, dimostrabili e discutibili", per usare parole di Vattimo, al fine di creare un'opera, in questo caso d'arte visiva.
Nel difficile ed ambiguo mondo dell’arte digitale, tuttavia, l’ibridazione tra i due ruoli è spesso più formale che reale, poiché non sempre, per ottenere un prodotto digitale, è necessario conoscere le moderne tecnologie digitali a base visiva, quanto saperle usare. Se la loro diffusione ha permesso una radicale democratizzazione dell’evento artistico, sia per il fruitore che per il produttore, modificando il concetto di opera d’arte non solo nel mezzo, ma anche nella sostanza, si deve tuttavia rilevare, come rovescio della medaglia, il proliferare di ‘artisti digitali’ che hanno come unico merito quello di saper usare, spesso in modo limitato e ripetitivo, programmi relativamente semplici con risultati tanto piacevoli quanto banali.
Perché la tecnica si trasformi in arte, intesa come attività creativa soggettiva ed originale, è necessaria infatti una profonda conoscenza del mezzo, non per stupire l’osservatore con “effetti speciali”, come è accaduto in molta “arte” digitale degli anni ’80 e ’90, ma per favorire l’instaurarsi di nuovi processi comunicativi e culturali.

Gianfranco Pugliese, con un backgroud ingegneristico (elettronico/informatico), su cui si innesta un forte interesse per la Scienza della Complessità, approda all’arte digitale nel momento in cui, alla fine degli anni ’90, sente prorompente la tensione ad un allargamento degli orizzonti culturali, verificata l’inadeguatezza degli schemi consueti a render conto della complessità delle cose e dell’Uomo.
Attratto dal Frattalismo, un movimento artistico nell’ambito dell’espressionismo astratto, legato alla tecnologia dei computer ed alla scoperta della geometria frattale, che si diffonde nei circuiti internazionali anche grazie all’uso di Internet, Gianfranco Pugliese vi individua la possibilità di conciliare la cultura ingegneristica in cui è stato addestrato con la visione diversa, più ampia e profonda, del Mondo verso la quale lo spinge, ad un certo punto della sua vita, una profonda revisione epistemologica che libera anche energie creative nella direzione della produzione artistica.

Il linguaggio espressivo di Gianfranco Pugliese è quindi frutto di una sintesi piuttosto rara tra razionalità pura e libera inventiva, come si evince leggendo ciò che scrive nel suo sito personale.

Cerchiamo di sapere di più su di lui con poche domande

Cominciamo con qualche dettaglio tecnico, se non ti spiace rivelare i tuoi segreti del mestiere. Dicci qualcosa sul tuo strumento di lavoro, il pennello virtuale grazie al quale crei le tue opere.

Si tratta di un programma (Ultrafractal) notevolmente sofisticato e versatile, che permette al neofita una immediata produzione di “qualcosa”; ma nelle mani di un esperto esso diventa una vera e propria “cassetta di attrezzi”, che stimola la creatività, con pochi vincoli e, certamente, lasciando all’autore tutto “il valore aggiunto” dell’invenzione o della scoperta.
Solo per citare alcune caratteristiche salienti: permette la creazione di immagini con un numero indefinito di “strati”, essendo ogni strato un frattale distinto (con distinti colori, formula, trasformazioni, dislocazione sul piano complesso e livello di ingrandimento); ciascuno strato, poi, si può comporre rispetto ai sottostanti con una dozzina di algoritmi di sovrapposizione diversi.
Ogni strato utilizza una palette di colori completamente definita dall’utente (in modo estremamente facile e, al contempo, preciso).
Ad ogni strato può essere applicata una o più trasformazioni topologiche (anche queste stratificabili), che “deformano” il frattale originale di quello strato secondo formule definite dall’utente.

Agire attraverso un sofisticato programma digitale ti condiziona in qualche modo, sul piano psicologico, togliendo in un certo senso spontaneità al tuo lavoro?
Qual è, se c’è, la differenza fondamentale fra l’uso di un pennello ed una tavolozza e quello di un computer, come influisce la consapevolezza che una macchina sarà co-autore del risultato?

Ho citato queste funzionalità del programma (e sono solo alcune delle molte disponibili) per sottolineare il fatto che un’opera così prodotta è il frutto di una attività in cui sono fuse costruzione, ricerca, memorizzazione e selezione.
Una attività cognitiva, dunque, in cui la dimensione emozionale ha un forte rilievo.
Inoltre, il carattere combinatorio delle molte funzionalità disponibili apre infiniti spazi di ricerca alla inventiva dell’autore - certamente molti di più di quanto un artista tradizionale disponga!
Questa enorme libertà depone evidentemente a favore della “responsabilità creativa” dell’autore e il computer si mostra nella sua totale “schiavitù” esecutiva, che non apporta alcun valore aggiunto, se non celerità operativa!!
Il problema, dunque, è nelle capacità dell’autore di godere di questa enorme libertà!
Questa capacità è condizionata dalla libertà interna dell’autore stesso, dal fatto di avere, egli, “qualcosa da dire” e dalla possibilità dell’ambiente (alla fine destinatario dell’opera) di recepire il senso del “segno”.
Per quello che mi riguarda, la mia libertà interiore (almeno in senso artistico) è molto più ampia di un artista di professione (non avendo io avuto un addestramento specifico in tal senso e, dunque, non avendo subito alcun condizionamento di tipo accademico, classificatorio, riduzionistico), anzi, dal mio punto di vista l’espressione “artista di professione” mi sembra una contraddizione in termini, giacché, io credo, tutti siamo artisti nella “narrazione” della nostra esistenza e il concetto di professione è specifico della dimensione mercantile e si presta a eccessi nell’utilizzo di tecnicismi. La contaminazione tra la dimensione mercantile e quella artistica dà la misura della mercificazione della “umanità” (anch’io vendo le mie opere, ma quanto basta per coprire i costi e, un pò, i tempi sottratti ad altre attività economiche).
Il mio “avere qualcosa da dire” è legato alla visione della complessità, al senso di una condizione umana drammaticamente smarrita nel mistero e nella lacerazione-commistione delle molte dimensioni di cui partecipa (fisica, biologica, psicologica, sociale etc.), alla consapevolezza del limite della conoscenza intellettiva, alla ricerca/speranza di un principio d’ordine nascosto dietro il “velo di maya” delle nostre percezioni.

Come si collega la tua formazione scientifica con la tua evoluzione artistica?

Per certo verso le mie opere non sono che “illustrazioni scientifiche” di un metodo, che tentano di rompere il guscio consolidato dalle stratificazioni di 3 secoli di cultura riduzionistica e materialistica, coinvolgendo emotivamente attraverso la suggestione e la gradevolezza estetica; le citazioni accostate alle opere nelle mie gallerie sul Web non costituiscono fantasiosi orpelli intellettualistici, ma veri e propri “indicatori” di senso, che, pur nella estrema apertura del significato, vogliono “rompere” la dimensione formale, aprendo, nella commistione tra linguaggio verbale e rappresentazione formale, una breccia verso l’indicibile (un po’ come nell’espressione filmica).
Io ho una speciale predilezione per l’opera di J. Pollock, che va collocata nel discorso citato, giacché nelle opere di questo artista io colgo la medesima tensione a rompere il gioco delle percezioni, a vedere nel disordine la condizione per l’ordine (un ordine evolutivo, dinamico), a vedere e creare bellezza ed armonia là dove lo “spirito di geometria” non vede che confusione e marasma.

Oggi, l’interesse per la frattalità è uscito dall’ambito matematico per spaziare nelle più diverse discipline (dalla cosmologia all’economia, dalla fisiologia alla sociologia, ad es.) e sembra invadere anche il campo artistico, dove molti creativi, attratti dal fascino delle forme frattali, si lanciano in suggestive produzioni. Cos’è per te la frattalità?

Anch’io sono stato attirato inizialmente dalla suggestione delle immagini frattali, intuendo nelle inconsuete caratteristiche della geometria sottostante un potenziale espressivo “esplosivo” relativamente ad un nuovo modo di concepire il Mondo.
Come ogni intuizione, anche in questo caso si è trattato di una elaborazione inconscia e, nello specifico, la valorizzazione sul piano metaforico di alcuni elementi “strutturali” di questo tipo di geometria: in particolare mi ha “affascinato” quella proprietà che viene definita “autosomiglianza”, che consiste nel fatto che anche una piccola porzione dell’immagine assomiglia all’immagine intera; io scorgo in questa caratteristica una iconica espressione di un principio più generale: l’analogia.
L’analogia è una “visione” che travalica la logica, la contiene e si mostra più potente della logica nel cogliere la realtà. Infatti in qualunque “equilibrio intelligibile” che noi identifichiamo nel Mondo cogliamo aspetti più o meno palesi di contraddizioni. Di ciò la logica non può dar conto. Dunque il Mondo, o meglio la nostra conoscenza del Mondo, non può essere racchiusa negli schemi della logica (si noti che ciò è vero anche per la matematica: se la matematica fosse una “costruzione” puramente logica non ci sarebbe stata nessuna evoluzione al suo interno, né crisi dei suoi fondamenti).
La logica funziona secondo uno schema binario del tutto o niente, del vero o falso. L’analogia, invece, è molto più flessibile, con infinite gradazioni tra la “polarità” del vero e quella del falso. L’analogia include, mentre la logica esclude. L’analogia attiene al continuo, mentre la logica appare connessa al discreto. La logica è quantitativa e capace di semplice sommazione; l’analogia è qualitativa, integrante e produce proprietà emergenti. Essa contiene la contraddizione e il conflitto.
L’analogia è una forma di ragionamento né deduttivo, né induttivo e consente l’estensione di proprietà note a oggetti o fatti ignoti. Se non fosse per l’analogia la stessa arte non avrebbe senso.
L’analogia focalizza l’attenzione sulle relazioni, sulla loro struttura e sulla loro dinamica, e sfuma i confini delle entità fino a ridurle a nuclei, punti immateriali, circondati da “nuvole di probabilità” che emergono all’essere solo nella interazione con altre entità.
Da ciò l’attenzione allo scambio, al flusso, all’azione reciproca e l’importanza nella cultura emergente del modello reticolare e della dimensione processuale del reale.
Insomma l’analogia appare più vitale, realistica e umana della logica e solo all’interno di un quadro fortemente analogico si può comprendere il pensiero di Pascal (fatto proprio da N. Bohr, uno dei padri della fisica quantistica): “Il contrario di una verità profonda non è l’errore, ma un’altra verità profonda”, che esprime in modo esemplare la bipolarità sottesa alla visione analogica.
Bipolarità (che può diventare multipolarità) che rimanda a una idea di simmetria, oltre che spalancare gli abissi insondabili della realtà e della nostra mente, come parte integrante della realtà.
Una simmetria che veicola un senso di compiutezza e unitarietà. Simmetria nella analogia tra le parti e tra le parti e il tutto (in molte mie opere è presente la simmetria: speculare, di rotazione, radiale, multipolare – come nei mandala – una simmetria, tuttavia, incompleta, giacché neanche l’idea di simmetria riesce a concludere la realtà).
Ma tutto ciò (molto sommariamente espresso) costituisce solo uno degli aspetti della frattalità; altri momenti salienti vanno rintracciati nella ricorsività (evoluzione legata al reiterarsi indefinito di un medesimo rapporto relazionale tra diverse variabili di stato), nella causazione circolare (l’effetto che influisce sulla causa), in una “organizzazione” che sembra sorgere spontaneamente (a dispetto del secondo principio della termodinamica) e altro ancora.
Questa scomposizione in vari momenti della frattalità non è però di tipo riduzionistico, nel senso che i vari aspetti citati non sono indipendenti ed autonomi, ma si ricoprono parzialmente, si rimandano, si intrecciano in una trama in cui è immersa e da cui emerge l’idea frattale, che, come idea complessa, non può essere vivisezionata, pena la sua mutilazione e devitalizzazione.

http://www.fract.it/

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