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La pittura ad olio
di Vilma Torselli
pubblicato il 8/04/2007 |
Nuovi effetti pittorici collegati
all'avvento della pittura ad olio di origine fiamminga, che
permette di ottenere l'effetto sfumato ed il chiaroscuro, con
una nuova morbidezza del segno pittorico. |
Senza voler entrare nel merito di una trattazione
a soggetto tecnicistico per stabilire se e in che misura la
tecnica dei materiali utilizzati possa determinare l'orientamento
o il risultato dell'opera d'arte, ci si può limitare
ad osservare che, in pittura, determinati risultati estetici
si sono resi possibili solo con l'adozione di determinate tecniche,
senza voler peraltro escludere la possibilità che determinate
tecniche siano state inventate per ottenere certi risultati.
Probabilmente, come spesso accade, in medio stat virtus.
Comunque, la finezza dei dettagli che si riscontra nei pittori
fiamminghi del '400, la precisione con cui Van Eyck dipinge
particolari di eccezionale finezza, oltre che all'utilizzo
di lenti, fu possibile grazie all'invenzione di un un materiale
molto fluido e duttile quale fu la pittura a olio, il cui
uso era già noto nell'antichità, pare già
nel XII secolo.
Anche se non fu proprio Van Eyck ad inventare la pittura ad
olio, furono tuttavia i pittori fiamminghi che ne iniziarono
l'uso e lo diffusero in tutta Europa, determinando una vera
e propria svolta nella storia dell'arte.
I primi artisti che adottarono la pittura ad olio, usavano
come diluenti olio di noce o di papavero, crudi e purificati,
che hanno come caratteristica una certa tendenza all'ingiallimento
a causa del naturale processo di ossidazione: l'olio di papavero,
che ingiallisce di meno, essica molto lentamente, comunque,
variando opportunamente le percentuali di olii essenziali,
era possibile regolare la velocità di essicazione.
All'olio venivano aggiunti colori tradizionali ricavati da
materiali naturali: il giallo, il rosso (ricavato dal ginepro
vermiglione e dalla terra di siena bruciata) la lacca di garanzia
(poco resistente alla luce, usata per le velature), l'azzurro
(famosi gli azzurri di lapislazzuli tipici della pittura
veneta) , i bianchi (di zinco e biacca).
I neri, derivati soprattutto da bitume, non venivano quasi
mai usati, si sa però che Leonardo utilizzava colori
scuri ottenuti dalla grafite.
La protezione del dipinto veniva affidata ad una mano finale
di vernice, più o meno brillante, che aveva soprattutto
lo scopo di garantire la buona conservazione della superficie
esposta agli agenti atmosferici.
Non è facile definire con precisione le caratteristiche
chimico-fisiche della vernice usata nell'antichità,
sia perchè i materiali che possiamo oggi analizzare
sono degradati e quindi chimicamente alterati rispetto all'originale,
sia soprattutto perchè i restauri dei secoli scorsi
hanno sovrapposto alla pittura nuovi strati di vernici, secondo
la pratica invalsa fino al secolo XIX, rendendo quindi impossibile
oggi l'analisi del substrato originario.
Si presume comunque che i pittori del Rinascimento, ed in
particolare i veneti, usassero, per effettuare un'ultima,
leggera velatura, un materiale derivato dal bitume, opportunamente
preparato e usato da solo come mano finale, per la sua resistenza
in grado di proteggere e conferire al dipinto una patina di
caratteristico giallo-dorato, che armonizza ed amalgama i
vari colori. |
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L'avvento della pittura ad olio, che si avvale di materiali
morbidi, plastici e spalmabili, lavorabili più a lungo
perchè con più lungo tempo di essicazione rispetto
ai materiali a base d'acqua, ha certamente reso possibile
la realizzazione dell'effetto sfumato e dell'effetto chiaroscuro,
due tecniche fondamentali della pittura, delle quali è
considerato il primo grande maestro Leonardo da Vinci, che
con questo mezzo spoglia le forme della loro determinatezza
e le fonde con latmosfera ambientale circostante. |
Lo sfumato permette di dissolvere in modo quasi impercettibile
i contorni delle forme, amalgamando i colori in molteplici
gradazioni, con morbidi trapassi dalle zone di luce a quelle
d'ombra, mentre il chiaroscuro consiste nel modellare e definire
le forme creando un effetto di contrasto luminoso, un effetto
ombra che serve a dare l'impressione che ciò che viene
rappresentato abbia un volume tridimensionale.
Tecnicamente quest'ultimo effetto si ottiene mescolando il
colore-base con le tinte più chiare e con quelle più
scure, in modo da dare la sensazione della presenza di una
fonte luminosa.
In realtà sfumato e chiaroscuro sono due effetti molto
vicini e complementari, come si può notare appunto
nelle opere di Leonardo, dove il chiaroscuro molto morbido
sfalda i contorni, sovrapponendosi al disegno: talvolta il
chiaroscuro utilizza solo tonalità bianche secondo
il concetto della lumeggiatura, rapido tocco di colore chiaro
vicino al bianco che rischiara una zona scura della quale
fa risaltare i colori ed i contorni.
Nell'ambito della pittura ad olio, sono numerosissime le
differenze riscontrabili nel modo di utilizzo di tale tecnica,
sia considerando i singoli artisti che i vari movimenti artistici.
La tecnica del tachisme o pointillisme, per esempio, si riferisce
alla maniera di stendere il colore tipica degli impressionisti,
che ponevano sulla tela macchie di colore le une accanto alle
altre, sfruttando il fatto che, secondo le leggi fisiche che
regolano nelluomo la percezione del colore e della luce,
piccole pennellate di colore puro stese accostate, da una
certa distanza, vengono percepite dallocchio in modo
uniforme, assumendo così nuovi valori cromatici.
Il movimento pittorico, sviluppatosi in Italia tra la
fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che prende il
nome di Divisionismo è collegabile, con lievissime
varianti tecniche, al francese pointillisme, del quale riprende
la tecnica di stesura del colore, pur applicandola a temi
differenti.
Celeberrima la tecnica che Pollock portò alla massima
espressione, il dripping (letteralmente "sgocciolamento"),
nell'ambito dell'action painting, consistente nel far sgocciolare
il colore a base oleosa sul supporto di tela o cartone posto in orizzontale direttamente
dal pennello o da un contenitore forato sul fondo.
Infinite sono le varianti in cui gli artisti di tutte le
epoche hanno utilizzato la tecnica del colore ad olio, da
Cezanne che, alla maniera impressionista, usava colori puri
mescolandoli direttamente sulla tela anzichè sulla
tavolozza, agli espressionisti che usavano come diluente la
benzina per ottenere una base meno morbida e tratti più
secchi e nervosi, alla haute pate di Dubuffet dalla tipica
plasticità, a sottolineare la estrema versatilità
di questo mezzo pittorico.
link:
I colori di Vincent
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