"Non esiste in realtà una cosa
chiamata arte. Esistono solo gli artisti........."
(Ernst H. Gombrich)
Cosa sia l'arte, in assoluto, è difficile dirlo, così
come è difficile definire una volta per tutte quali
siano i canoni estetici in base ai quali si possa classificare
un'opera come opera d'arte, soggetti come sono a cambiare
nel tempo e nello spazio.
Eppure pare che l'arte risponda a un bisogno culturale così
forte da farne una condizione essenziale per chi vive consapevolmente
il suo tempo, pare che sia un'esigenza irrinunciabile della
quale non conosciamo bene la ragione o l'utilità.
Con il mutare delle condizioni storiche, sociologiche, culturali,
mutano in parametri di riferimento, le nozioni estetiche,
le tecniche creative, il linguaggio espressivo, il rapporto
tra l'artista, l'opera d'arte e il suo fruitore: quest'ultimo,
oggi, alla luce di quanto sta accadendo, sempre più
si configura come parte attiva o collaborante nel processo
artistico creativo, dato che la rivoluzione portata in questo
campo dai nuovi mezzi telematici mette nelle sue mani, se
ha sufficienti cognizioni, un nuovo potere che può
farlo diventare partecipe e coautore dell'opera, protagonista
ed interprete, mettendolo davanti ad una realtà, quella
virtuale, del tutto diversa da quella con la quale ci siamo
fino ad oggi correlati.
In effetti la rivoluzione telematica non coinvolge solo il
campo dell'arte, ma ha il significato globale di un dirompente
assestamento culturale che scriverà in nuovi termini
la storia e l'antropologia, ha la portata di una svolta epocale
che segnerà vistosamente il cammino dell'uomo sulla
terra.
In campo specificatamente artistico, questo evento fa sorgere
questioni tecniche del tutto nuove, rende possibili, o almeno
probabili, esperienze impensabili senza il supporto di strumenti
elettronici, mette in crisi i vigenti criteri di giudizio,
cambia radicalmente i metodi di lavoro, con un drastico sconvolgimento
di ogni regola: è la realizzazione, oltre ogni miglior
previsione, di quanto i movimenti avanguardisti del '900 avevano
preannunciato ed in parte cominciato a realizzare.
Grazie alla telematica, pare giunto il momento in cui l'arte
possa assumere una finalità divulgativa e formativa
con una vastità di scala mai resasi possibile, incaricandosi
di aiutare l'uomo a meglio comprendere il mondo in cui vive:
per ora, comunque, non siamo ancora in grado di dire se si
svilupperà un'arte nuova, o meglio se da queste nuove
tecnologie scaturirà un nuovo linguaggio artistico,
non è scontato che si migliori la creatività
artistica e che l'arte in sè ne tragga giovamento,
né possiamo dire se, in un futuro più o meno
prossimo, invece di acquistare un quadro si acquisterà
un file o una password.
Il rapporto tra arte e tecnica si pone oggi in modo macroscopico
per la portata del cambiamento, ma da sempre ha costituito
un tema di estremo interesse per l'uomo, dal primo che ha
lasciato le sue tracce sulla parete di una roccia, a quello
di oggi che si trova davanti ai miracoli del computer.
Etimologicamente la parola tecnica deriva dal vocabolo greco
tèkne, che vuol dire arte e che indica lo strumento
attraverso il quale si compie la trasformazione della materia
grezza in materia artistica, grazie alla mediazione dell'artista
che lo utilizza.
Soprattutto in passato, l'artista è sempre stato un
po' l'alchimista della sua tecnica, solo in tempi recenti
si è concretizzato il dualismo tra arte e tecnica,
intendendo per quest'ultima soprattutto la ricerca scientifico-tecnologica
ed attribuendo alla prima l'aspetto creativo dell'opera.
Dobbiamo a Giorgio Vasari, divulgatore rinascimentale,
ponderosi trattati sulle varie tecniche artistiche ai suoi
tempi conosciute.
Lo sperimentalismo che caratterizzava la ricerca scientifica
dei materiali ha costituito, in passato, un grave pregiudizio
circa la buona conservazione nel tempo dell'opera compiuta,
mancando spesso le conoscenze specifiche in materia di chimica
organica ed inorganica, nonchè la possibilità
di testare in qualche modo i prodotti di consumo.
Un esempio per tutti è quello di Leonardo da Vinci,
grande scienziato e curioso ricercatore e sperimentatore,
che inventava e produceve da sè i materiali ed i colori
per le sue opere, spesso con risultati alla lunga deludenti:
alcuni suoi affreschi, dei quali abbiamo notizie storiche,
come ad esempio 'La battaglia di Anghiari' sono andati perduti
per il deterioramento dei pigmenti utilizzati, e l'Ultima Cena del Cenacolo
Vinciano di Santa Maria delle Grazie a Milano è da
secoli oggetto di restauri più o meno validi, dei quali
l'ennesimo, il più recente, diretto dalla signora Pinin
Brambilla Parcillon è terminato nel 2001.
Si tratta di una pittura muraria, commissionata nel 1494,
che Leonardo completò nel giro di quattro anni,
posizionata sulla parete di fondo del refettorio, che l'artista
concepì come un affresco ed eseguì con una tecnica di sua invenzione, non avendo il temperamento
dell'affreschista, basata sulla mescolanza di colori ad olio
e a tempera d'uovo, ottenendo così risultati pittorici
non possibili con la tecnica dell'affresco.
In realtà, il composto utilizzato si rivelò,
col tempo, incompatibile con la struttura muraria sottostante,
alla quale non aderì mai perfettamente, presentando
già negli anni immediatamente seguenti all'esecuzione,
vistosi segni di deterioramento.
L'affresco è una delle tecniche pittoriche più
antiche ed utilizza generalmente e prevalentemente pigmenti
diluiti in acqua stesi direttamente sullintonaco fresco,
'a fresco' cioè prima che asciughi, da cui il termine,
in modo che il colore penetri per una profondità di
4/5 mm e venga fissato dall'essiccazione.
Secondo varie fonti, per la verità non tutte concordi,
questa tecnica veniva già utilizzata nella Grecia precristiana
ed anche nelle pitture di Ercolano e Pompei, raggiungendo
il suo massimo livello espressivo nel '400 italiano, nel Rinascimento,
nel Barocco: da Vasari sappiamo come Masaccio, padre di tutta
la grande pittura rinascimentale, abbia rivoluzionato con
i suoi affreschi le concezioni estetiche del suo tempo, portando
questa tecnica ad un grado di perfezionamento mai prima raggiunto.
Secondo alcuni studiosi, l'antica tecnica della tempera ("tempra"
nella sua dizione antica) era già nota ai Greci ed
agli Etruschi, comunque è indiscusso che essa ebbe
la sua massima affermazione e diffusione solo nel Medioevo.
Il materiale base si otteneva dalla miscela di pigmenti ricavati
da terre colorate con aggiunta di tuorlo d'uovo e sostanze
collanti (animali o vegetali), il tutto sciolto in acqua,
dando origine così ad un composto dai colori intensi
e brillanti, rapidi nell'essiccazione, dall'elevato potere
coprente, stabili nel tempo, da usarsi soprattutto su supporto
ligneo trattato a gesso: l'uso del tuorlo d'uovo è
un'invenzione tipicamente italiana che venne introdotta dal
pittore rinascimentale Cennino Cennini (vissuto nel '300,
autore di un "Libro dell'Arte" assai conosciuto)
e che caratterizzò poi tutta la pittura del Rinascimento.
L'uso parziale di sostanze oleose come componenti in aggiunta
alle emulsioni a tempera ha origini imprecisate, ma in genere
era dovuto a formule personali di singoli artisti che volevano
ottenere un materiale più plastico, più facilmente
stendibile e di maggior brillantezza..
La tecnica della pittura ad olio ebbe la sua diffusione verso
la metà del XV secolo grazie all'invenzione di due
pittori fiamminghi, Hubert e John Van Ejck che dipingevano
con colori a olio su tavole di legno, versione fornita da
Vasari che afferma: "fu una bellissima invenzione e una gran commodità
all'arte della pittura il trovare il colorito ad olio".
In effetti la nuova tecnica, già conosciuta da Cennini
ma diffusasi solo a partire dalla seconda metà del
Quattrocento, ha una enorme adattabilità, permette
di stendere i colori in vari modi e consente le più
svariate mescolanze e gradazioni.
Aumentando o diminuendo la quantità di solvente si
possono ricavare impasti densi o fluidi ed ottenere stesure
opache o velature trasparenti.
Attraverso le indagini analitiche e stratigrafiche è
oggi possibile conoscere gran parte dei materiali e delle
tecniche esecutive impiegate dai vari artisti, per le quali,
purtroppo, le fonti sono scarse e imprecise.
Per la verità, non tutti gli storici concordano su
questa versione, alcuni sostengono che la tecnica fosse già
nota a Plinio e a Vitruvio, altre fonti attribuiscono la scoperta
al solo Jan van Eyck: in seguito, per più di quattrocento
anni, la pittura ad olio fu la tecnica pittorica più
utilizzatia, fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui l'olio
è stato in parte sostituito dalle resine sintetiche
e dai prodotti acrilici, più rapidi all'essicazione
e pronti all'uso.
Il colore ad olio è costituito da pigmento in polvere
e da un medium costituito da olii seccativi o fissi e olii essenziali
o volatili, (olii vegetali di semi di lino o di papavero),
fino a raggiungere un materiale di appropriata viscosità
che una volta steso si essica, conservando pressochè
inalterata la tonalità dei colori (salvo un leggero
ingiallimento).
Si deve ai pittori fiamminghi la diffusione della pittura
a olio in Italia, e in particolar modo a Venezia, città
lagunare con alto tasso di umidità, dove era particolarmente
difficile garantire una buona conservazione degli affreschi:
anche per questo motivo gli artisti accolsero con entusiasmo
questa nuova tecnica, adatta anche ad opere su grandi superfici,
soprattutto ampie tele che potevano venire eseguite in studio
e poi trasportate arrotolate sul luogo dell'installazione.
L'encausto (dal greco en-kaio, imprimo col fuoco) indica
la tecnica, molto antica, già nota nel IV secolo a.c.
nell'antica Grecia, che si serve di medium cerosi o simili,
nella quale il composto di colorante, cera ed acqua ragia
o olii essenziali viene sottoposto a riscaldamento: la superficie,
una volta raffreddata e solidificata, viene ricoperta da uno
strato finale di cera fusa o collante.
Adottata dai Romani, che la utilizzarono in molte decorazioni
murarie a Pompei, è caduta in disuso nei secc. VIII
IX ed oggi il termine indica una miscela di cera e
resina usata per facilitare la stesura della base colorata.
Seppure meno popolare di altre , è tuttavia una tecnica
usata anche da pittori moderni, per esempio Jasper Johns.
link:
I colori di Vincent |