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Libertà espressiva e nuovi linguaggi
di Vilma Torselli
pubblicato il 5/04/2007

Il disegno "scorretto" e l'abbandono di ogni canone di riferimento, affermazione della "tradizione del nuovo" e della posizione anticonformista dell'artista moderno.
"....non esiste l'Arte con l'A maiuscola che è oggi diventata una specie di spauracchio o di feticcio....". (Ernst H. Gombrich)

Ernst H. Gombrich apre un suo celebre volume, "La storia dell'arte", con una frase che lascia sgomenti i suoi lettori:"Non esiste in realtà una cosa chiamata arte."
In effetti quello di arte è un concetto assai elastico e relativo, che può avere significati molto diversi a seconda del tempo, del luogo e anche della persona che osserva, oggi più che mai, essendo venuti meno alcuni parametri, quali il concetto di bellezza classica, di aderenza alla realtà, di espressività ecc....che per lungo tempo hanno in qualche modo permesso di inquadrare con una certa omogeneità tutto ciò che è stato definito arte.

Quando si parla di arte moderna, il discorso si fa più complesso perché, per la prima volta, veniamo posti di fronte al disegno "scorretto", ad una realtà deformata e travisata, modificata dall'artista in un modo del quale non capiamo immediatamente le ragioni, perché non è facile affrancarsi da idee preconcette, abitudini e pregiudizi che ci fanno vedere il mondo secondo canoni collaudati e scontati.

Gli artisti hanno spesso del mondo una visione particolare, come se stessero compiendo un viaggio di scoperta attraverso cose nuove percepite per la prima volta, seguirli in questo viaggio può voler dire affacciarsi su un mondo inimmaginato ed affascinante, basta sapersi abbandonare, non preoccuparsi di catalogare o etichettare ciò che vediamo, guardare con occhi vergini ed accettare con curiosità ciò che, da questo viaggio, porteremo a casa.
Essi hanno ciò che si può definire il "vedere artistico", da loro il mondo non viene espresso tramite i simboli del linguaggio, ma tramite l'espressione visiva, è l'arte che permette di passare dalla percezione all'espressione visiva, esprimendo una concezione dello spazio e della realtà mediata dalla vista.

Poiché non esiste solo una lettura dell'opera d'arte basata sul significato delle forme, ma anche sulla psicologia della forma e della percezione, ecco che l'arte si pone come materia che coinvolge il cervello, la mente, la psiche, la cultura dell'individuo, la sua vita, la sua storia.

Non tutto ciò che l'arte moderna ci propone entrerà, ovviamente, nella Storia dell'Arte, perché gli avvenimenti diventano "storia" quando si riesce a valutarne la portata, gli effetti ed i riflessi su quanto viene dopo di loro, sussistendo la necessità di vedere le cose da una prospettiva che è tanto più ristretta quanto più è vicina al nostro tempo, mentre la visione cambia e si amplia mano a mano che il presente diventa passato.
Osserva acutamente Carlo Giulio Argan: "Lo storico dell'arte, il critico d'arte deve essere un profeta o un archeologo", a sottolineare l'importanza della distanza necessaria per valutare i fenomeni artistici nel loro oggettivo significato.

L'incertezza di giudizio sull'arte moderna è anche prodotta dai continui cambiamenti di rotta a cui ci ha abituato negli ultimi decenni, perchè, citando ancora Gombrich "ogni generazione è in qualche misura ribelle ai principi dei suoi predecessori; ogni opera d'arte esercita il suo fascino sui contemporanei non soltanto per ciò che realizza ma anche per ciò che lascia incompiuto".

Forse, semplicemente, possiamo dire che ci troviamo davanti all'arte quando un'opera è eseguita in modo tanto piacevole che godiamo nel guardarla senza preoccuparci del suo significato, apprezzando, per esempio, una disposizione dei colori fine a se stessa, che non si prefigge scopo alcuno (basti pensare ad un'opera di Pollock o di Rothko), o l'utilizzo di "mezzi" con particolari caratteristiche (levigatezza, ruvidezza, trasparenza...) che in qualche modo fanno da tramite alla comprensione della realtà (come avviene con i sacchi o le combustioni di Burri), o l'inserimento di effetti ottici o di effetti di interazione con l'osservatore che ci collocano dentro l'opera stessa (le sculture mobili di Alexander Calder) o altre cose ancora.

A partire dall'800 si può affermare che si sia definitivamente concretizzato il concetto che l'arte, come la letteratura, le scienze e tutte le forme dell'attività intelletuale dell'uomo, si sviluppa storicamente, esprimendo in modo ineluttabile il proprio tempo, ed è quindi inevitabile confrontarsi con l'arte della propria epoca, che è, in un certo qual modo, quella sola che sappiamo produrre e quella che ci meritiamo.

Non ha senso in arte parlare di progresso, non si può certo dire che ci sia una evoluzione delle forme, in quanto esse rappresentano dei significati e come tali consone al loro tempo, ma è indubbio che ci sia stata evoluzione nell'atteggiamento nei confronti dell'arte e che la libertà di espressione, la diffusione della cultura artistica, sia attraverso l'insegnamento che la divulgazione con l'utilizzo dei mezzi di comunicazione, un'apertura mentale tipicamente moderna verso ciò che Harold Rosemberg definisce "la tradizione del nuovo", abbiano creato ai nostri giorni, come mai in passato, condizioni particolarmente favorevoli per gli artisti e per la loro libertà espressiva.

Un atteggiamento tollerante ed aperto nei confronti del linguaggio artistico comporta inevitabilmente l'abbandono di canoni collaudati, così come la ricerca di nuove sensazioni porta a riconoscere come artistici prodotti ritenuti tali solo perchè si discostano da antiche certezze, rendendo sempre più problematico formulare giudizi precisi sull'arte moderna, un concetto in continuo aggiornamento, non fosse altro per il motivo che artisti diversi rispondono in modo diverso ed opposto alle situazioni storiche entro le quali operano.
Questo costante bisogno di revisione, in un mondo sempre più pluralistico e globalizzato, ci apre continuamente alla diversità e al mutamento e potrebbe indurci ad acclamare come arte qualunque cosa sia controcorrente o anticonformista, giustificando ogni tipo di sperimentazione derivata anche dalla sola voglia di stupire e fare notizia, anche perchè le leggi del mercato ci hanno influenzato in questa direzione tanto da farci a priori apparire squalificato l'artista che non dia scandalo o tutto ciò che non sia mutamento e novità (già Seneca, del resto, diceva che è naturale ammirare di più le cose nuove che quelle grandi).

Dice Flavio Caroli, nella sua "La storia dell’arte raccontata da Flavio Caroli": "Oggi la storia dell’arte è tentata di rifugiarsi in due posizioni estreme, entrambe sbagliate: da una parte la filologia, benemerita certo, ma necessariamente riservata a pochi eletti; dall’altra una divulgazione che procede per luoghi comuni, e che finisce perciò per perdere di vista quella complessità che è propria dell’opera d’arte e del suo senso."

Attualmente, per fortuna, la varietà delle posizioni critiche nei confronti dell'arte è tale che a tutti gli artisti viene offerta l'opportunità di esprimersi in libertà, tanto che, accanto a posizioni di rottura, è anche possibile vedere chi si riavvicina alla narrazione ed alla raffigurazione, in un mutato stato d'animo che sancisce il diritto alla pluralità, quando addirittura non incoraggia la diversità, perchè "colui che ha maggior bisogno di sostenitori è l'artista che rifugge dai gesti ribelli".

In conclusione si può dire che, in epoca recente, sono venute alla luce le contraddizioni dell'anticonformismo, permettendo di diritto l'affermazione di una sorta di postmodernismo che convive parallelamente e liberamente con le posizioni più radicalmente antitradizionaliste.
Sta a noi saper vedere con gli occhi e, perchè no?, con il cuore ciò che l'arte può comunicare ad ognuno con la molte forme del suo linguaggio sempre nuovo, affascinante, misterioso.

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