"....non esiste l'Arte con l'A maiuscola
che è oggi diventata una specie di spauracchio o di
feticcio....". (Ernst H. Gombrich)
Ernst H. Gombrich apre un suo celebre volume, "La storia
dell'arte", con una frase che lascia sgomenti i suoi
lettori:"Non esiste in realtà una cosa chiamata
arte."
In effetti quello di arte è un concetto assai elastico
e relativo, che può avere significati molto diversi
a seconda del tempo, del luogo e anche della persona che osserva,
oggi più che mai, essendo venuti meno alcuni parametri,
quali il concetto di bellezza classica, di aderenza alla realtà,
di espressività ecc....che per lungo tempo hanno in
qualche modo permesso di inquadrare con una certa omogeneità
tutto ciò che è stato definito arte.
Quando si parla di arte moderna, il discorso si fa più
complesso perché, per la prima volta, veniamo posti
di fronte al disegno "scorretto", ad una realtà
deformata e travisata, modificata dall'artista in un modo
del quale non capiamo immediatamente le ragioni, perché
non è facile affrancarsi da idee preconcette, abitudini
e pregiudizi che ci fanno vedere il mondo secondo canoni collaudati
e scontati.
Gli artisti hanno spesso del mondo una visione particolare,
come se stessero compiendo un viaggio di scoperta attraverso
cose nuove percepite per la prima volta, seguirli in questo
viaggio può voler dire affacciarsi su un mondo inimmaginato
ed affascinante, basta sapersi abbandonare, non preoccuparsi
di catalogare o etichettare ciò che vediamo, guardare
con occhi vergini ed accettare con curiosità ciò
che, da questo viaggio, porteremo a casa.
Essi hanno ciò che si può definire il "vedere
artistico", da loro il mondo non viene espresso tramite
i simboli del linguaggio, ma tramite l'espressione visiva,
è l'arte che permette di passare dalla percezione all'espressione
visiva, esprimendo una concezione dello spazio e della realtà
mediata dalla vista.
Poiché non esiste solo una lettura dell'opera d'arte
basata sul significato delle forme, ma anche sulla psicologia
della forma e della percezione, ecco che l'arte si pone come
materia che coinvolge il cervello, la mente, la psiche, la
cultura dell'individuo, la sua vita, la sua storia.
Non tutto ciò che l'arte moderna ci propone entrerà,
ovviamente, nella Storia dell'Arte, perché gli avvenimenti
diventano "storia" quando si riesce a valutarne
la portata, gli effetti ed i riflessi su quanto viene dopo
di loro, sussistendo la necessità di vedere le cose
da una prospettiva che è tanto più ristretta
quanto più è vicina al nostro tempo, mentre
la visione cambia e si amplia mano a mano che il presente
diventa passato.
Osserva acutamente Carlo Giulio Argan: "Lo storico
dell'arte, il critico d'arte deve essere un profeta o un
archeologo", a sottolineare l'importanza della distanza
necessaria per valutare i fenomeni artistici nel loro oggettivo
significato.
L'incertezza di giudizio sull'arte moderna è anche prodotta
dai continui cambiamenti di rotta a cui ci ha abituato negli
ultimi decenni, perchè, citando ancora Gombrich "ogni
generazione è in qualche misura ribelle ai principi
dei suoi predecessori; ogni opera d'arte esercita il suo fascino
sui contemporanei non soltanto per ciò che realizza
ma anche per ciò che lascia incompiuto".
Forse, semplicemente, possiamo dire che ci troviamo davanti
all'arte quando un'opera è eseguita in modo tanto piacevole
che godiamo nel guardarla senza preoccuparci del suo significato,
apprezzando, per esempio, una disposizione dei colori fine
a se stessa, che non si prefigge scopo alcuno (basti pensare
ad un'opera di Pollock o di Rothko), o l'utilizzo di "mezzi"
con particolari caratteristiche (levigatezza, ruvidezza, trasparenza...)
che in qualche modo fanno da tramite alla comprensione della
realtà (come avviene con i sacchi o le combustioni
di Burri), o l'inserimento di effetti ottici o di effetti
di interazione con l'osservatore che ci collocano dentro l'opera
stessa (le sculture mobili di Alexander Calder) o altre cose
ancora.
A partire dall'800 si può affermare che si sia definitivamente
concretizzato il concetto che l'arte, come la letteratura,
le scienze e tutte le forme dell'attività intelletuale
dell'uomo, si sviluppa storicamente, esprimendo in modo ineluttabile
il proprio tempo, ed è quindi inevitabile confrontarsi
con l'arte della propria epoca, che è, in un certo
qual modo, quella sola che sappiamo produrre e quella che
ci meritiamo.
Non ha senso in arte parlare di progresso, non si può
certo dire che ci sia una evoluzione delle forme, in quanto
esse rappresentano dei significati e come tali consone al
loro tempo, ma è indubbio che ci sia stata evoluzione
nell'atteggiamento nei confronti dell'arte e che la libertà
di espressione, la diffusione della cultura artistica, sia
attraverso l'insegnamento che la divulgazione con l'utilizzo
dei mezzi di comunicazione, un'apertura mentale tipicamente
moderna verso ciò che Harold Rosemberg definisce "la tradizione del nuovo",
abbiano creato ai nostri giorni, come mai in passato, condizioni
particolarmente favorevoli per gli artisti e per la loro libertà
espressiva.
Un atteggiamento tollerante ed aperto nei confronti del linguaggio
artistico comporta inevitabilmente l'abbandono di canoni
collaudati, così come la ricerca di nuove sensazioni
porta a riconoscere come artistici prodotti ritenuti tali
solo perchè si discostano da antiche certezze, rendendo
sempre più problematico formulare giudizi precisi
sull'arte moderna, un concetto in continuo aggiornamento,
non fosse altro per il motivo che artisti diversi rispondono
in modo diverso ed opposto alle situazioni storiche entro
le quali operano.
Questo costante bisogno di revisione, in un mondo sempre
più pluralistico e globalizzato, ci apre continuamente
alla diversità e al mutamento e potrebbe indurci ad
acclamare come arte qualunque cosa sia controcorrente o anticonformista,
giustificando ogni tipo di sperimentazione derivata anche
dalla sola voglia di stupire e fare notizia, anche perchè
le leggi del mercato ci hanno influenzato in questa direzione
tanto da farci a priori apparire squalificato l'artista che
non dia scandalo o tutto ciò che non sia mutamento
e novità (già Seneca, del resto, diceva che
è naturale ammirare di più le cose nuove che
quelle grandi).
Dice Flavio Caroli, nella sua "La storia dellarte
raccontata da Flavio Caroli": "Oggi la storia
dellarte è tentata di rifugiarsi in due posizioni
estreme, entrambe sbagliate: da una parte la filologia,
benemerita certo, ma necessariamente riservata a pochi eletti;
dallaltra una divulgazione che procede per luoghi
comuni, e che finisce perciò per perdere di vista
quella complessità che è propria dellopera
darte e del suo senso."
Attualmente, per fortuna, la varietà delle posizioni
critiche nei confronti dell'arte è tale che a tutti
gli artisti viene offerta l'opportunità di esprimersi
in libertà, tanto che, accanto a posizioni di rottura,
è anche possibile vedere chi si riavvicina alla narrazione
ed alla raffigurazione, in un mutato stato d'animo che sancisce
il diritto alla pluralità, quando addirittura non incoraggia
la diversità, perchè "colui che ha maggior
bisogno di sostenitori è l'artista che rifugge dai
gesti ribelli".
In conclusione si può dire che, in epoca recente,
sono venute alla luce le contraddizioni dell'anticonformismo,
permettendo di diritto l'affermazione di una sorta di postmodernismo
che convive parallelamente e liberamente con le posizioni
più radicalmente antitradizionaliste.
Sta a noi saper vedere con gli occhi e, perchè no?,
con il cuore ciò che l'arte può comunicare ad
ognuno con la molte forme del suo linguaggio sempre nuovo,
affascinante, misterioso.
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