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Arte e business
di Vilma Torselli
pubblicato il 7/04/2007

"Business art is the step that comes after Art. I started as a commercial artist, and I want to finish as a business artist. After I did the thing called "art"or whatever it's called, I went into business art. I wanted to be an Art Businessman or a BusinessArtist." (Andy Warhol)

Per quanto possa apparire immorale il fatto che il mercato ed il commercio dell'arte prevarichino oggi l’importanza dell’arte stessa e deleghino al danaro le potenzialità espressive, la visibilità, l’affermazione di molte forme creative moderne, non è forse azzardato affermare che da sempre l’arte è stata connessa al potere economico, dato che re, papi, principi, signori e la loro disponibilità finanziaria hanno condizionato in passato la possibilità che un artista si potesse esprimere e si potesse far conoscere grazie a quella elegante e anche un po’ ipocrita forma ‘commerciale’ che si chiama mecenatismo.
Con molte ambiguità.
Scrive infatti Floriana Calitti, docente all'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” , che “…..se da una parte il mecenatismo garantisce quella tranquillità economica così spesso, anche drammaticamente, inseguita dagli uomini di cultura, dall’altro prevede una diretta committenza per il suo riconoscimento, la sua gratificazione politica e sociale che non può non limitare la libertà dell’artista ….”, mettendo in rilievo come lo strapotere del danaro, estromesso dalla porta, rientri poi inevitabilmente dalla finestra.
Tanto che, scrive la stessa autrice “Nella storiografia il dibattito sull’argomento è stato serrato e ha creato due punti di vista inconciliabili: chi vede nel mecenatismo una promozione delle arti come "virtuosa" manifestazione della liberalità e magnificenza del principe […………] e chi invece considera una produzione "asservita" di letteratura encomiastica un prezzo troppo alto da pagare per la prodigalità del mecenate.”
Ma, si potrebbe manzonianamente affermare, queste sono cose che avvenivano nei secoli passati.

Oggi è assai peggio!
Almeno da quando lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di scambio commerciale hanno incondizionatamente ampliato l'orizzonte del mondo dell'arte, prima confinato nei limiti delle scuole e delle accademie, dando vita ad un complesso e ben organizzato sistema commerciale di diffusione dell'arte, mettendo in piedi uno dei più potenti mezzi di condizionamento del mondo artistico attraverso l’istituzione di tutta una serie di figure di "mediatori" tra produttore dell’opera, l’artista, e fruitore della stessa, il pubblico, quali il critico, il gallerista, il mercante, il collezionista ecc.

Queste figure-chiave di professionisti ed operatori del settore sono oggi, nel nostro "regime della comunicazione", i reali produttori degli eventi artistici e forse degli artisti stessi o di veri e propri movimenti (leggi Transavanguardia, New Neurotic Realism, I Nuovi Nuovi, tanto per citarne alcuni) gli indiscussi gestori della produzione artistica contemporanea poiché è nelle loro mani il potere (economico) di far conoscere gli artisti e di manovrarne il successo: "...ancora una volta il contenente prende il sopravvento sul contenuto: è la 'messa in vista' ('questa è arte') che genera il significato, non le opere; è la rete che esibisce il suo proprio messaggio: ecco il mondo dell'arte contemporanea". ("L'arte contemporanea" di Anne Cauquelin)

Il binomio arte-mercato ha acquisito la sua massima efficacia in epoca relativamente recente, nel secolo scorso, essendo legato alle innovazioni tecnologiche che nel ‘900 hanno avuto straordinario impulso: il dadaista Marcel Duchamp, abilissimo promotore di sé stesso, rappresenta l’antesignano della figura dell'operatore artistico moderno, e proprio un artista new dada ( o pop) come Andy Warhol è sicuramente il personaggio contemporaneo che meglio esprime e sintetizza le caratteristiche dell'artista-comunicatore-imprenditore attuando una massiccia commercializzazione della propria produzione , con espliciti e spregiudicati intenti speculativi : afferma infatti "Business art is the step that comes after Art. I started as a commercial artist, and I want to finish as a business artist. After I did the thing called "art"or whatever it's called, I went into business art. I wanted to be an Art Businessman or a BusinessArtist."
Dopo di lui e dopo il suo mitico sodalizio con il celebre gallerista Leo Castelli, ebreo triestino, al quale si deve l’invenzione di un mercato dell’arte negli USA, avendo scoperto, valorizzato e commercializzato gli espressionisti astratti, l’action painting, i neodadaisti e i protagonisti della pop-art, non scandalizza più nessuno il fatto che l’arte possa/voglia essere una macchina per fare soldi, dando come accettabile, se non scontata, la possibilità che genio artistico e genio economico possano coesistere.
Anne Cauquelin individua proprio nella triade Marcel Duchamp, Andy Warhol, Leo Castelli l’origine della rete di comunicazione commerciale che oggi avvolge la realtà dell’arte in tutto il mondo ed è pilastro portante di quella situazione culturale che da più parti viene definita "condizione postmoderna", non solo diffusa e generalizzata, ma ormai istituzionalizzata ed ineludibile.

link:
Il metodo americano


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


blog di Efrem Raimondi


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"Reflection" (self portrait)

 

 
 

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