"Il fenomeno degli eventi espositivi collocati
in spazi non convenzionali ha ormai una sua storia che, a rigore,
potrebbe iniziare con il celebre Armory Show del 1913
allestito a New York nei locali dell'armeria del 69° reggimento
dell'esercito sulla 25^ Strada. Ed è più o meno
da quel periodo che l'arte d'avanguardia, in modo perlopiù
effimero e provocatorio, si è proiettata fuori
dagli spazi ufficiali musei, gallerie, salons
ed ha anzi fatto di questo essere fuori una qualità centrale
del proprio operare artistico.
A partire dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo,
questa qualità è diventata uno dei temi di maggior
momento dell'arte contemporanea ....... " così scrive
Alessandro Tempi in una sua pagina su XAOS, "Arte pubblica e abitare
poetico".
Alcuni movimenti avanguardisti del '900, principalmente il
Dadaismo di Marcel Duchamp, che sovvertono il tradizionale
rapporto tra arte e spazio dell'arte, si muovono in verità
nella direzione opposta, seppure in una sostanziale identificazione
del fine da perseguire: mentre decontestualizzano l'oggetto
d'uso comune, snaturandolo nella sua funzionalità,
lo collocano in uno spazio incongruo, quello espositivo della
Galleria, fino ad allora riservato all'arte 'ufficiale', pervenendo
proprio attraverso questa dissacrante operazione all'elevazione
dell'oggetto comune, anestetico, ad 'opera d'arte'.
Oggi, invece, privilegiando il cammino inverso, l'intenzione
è quella di portare il prodotto artistico in luoghi
incongrui, fuori dalle gallerie e dai musei, tra la gente
comune, seguendo un filone che ha già avuto, nel '900,
significativi prodromi.
Anticipatore di questa tendenza, il manifesto, l'affiche che
nasce in periodo liberty con intenti comunicativi e pubblicitari,
ma che costituisce una vera e propria opera d'arte, per la
prima volta riprodotta in più copie grazie alle nuove
conquiste tecnologiche: è infatti spesso realizzato
da artisti di indiscusso talento, come Dudovich o, primo in
ordine di tempo, Toulouse Lautrec.
Proprio con lui, per la prima volta, l'arte scende nelle strade,
sui muri della città, e per la prima volta si instaura
il concetto di un'opera d'arte che non sia unica, di proprietà
esclusiva o elitariamente custodita nei soli luoghi deputati,
ma proposta al grande pubblico senza alcuna mediazione, seppure
contrabbandata per fini non solo artistici, ma anche commerciali.
Molti movimenti moderni centrati sul rapporto tra arte e
vita, sulla base di una analisi di carattere filosofico-esistenziale
dell'individuo immerso nella società moderna, in genere
tutti quelli ad indirizzo concettuale degli anni '60, come
Body Art, Happening, Performance propongono un'idea di arte
non più separata dalla vita, nè come linguaggio
nè come collocazione, così come l'artista non
è più separato dallo spettatore, ma arte come
veicolo portatore di nuovi valori sociali e culturali alternativi,
una "combinazione indistinta di cultura e vita"
che si appropria talvolta degli strumenti e dei luoghi della
comunicazione pubblicitaria e massmediatica.
L'arte di una società globale culturalmente sempre
più indifferenziata tendente in tutti i campi ad una
progressiva con-fusione dei ruoli, esce dai luoghi dell'arte
ed entra nei luoghi della vita, negli spazi urbani, alla ricerca
delle maggiori possibilità di contatti, andando incontro
alla gente che non frequenta né musei né gallerie,
nelle stazioni, negli spazi pubblici, nei punti nodali di
transito, nei luoghi della comunità, per un processo
naturale ed inevitabile di sconfinamento in ambiti sempre
meno specifici e vincolanti, in luoghi anomali ed inconsueti,
siano essi i riconvertiti ex impianti di riciclaggio della
zona di Amburgo, nella borgata di Sietland sul litorale tedesco
del Mare del Nord (RE-ART One), uno showroom di moda (URV-ARÂ/RUMBOWLING), una caserma (ART IN PROGRESS), un multispazio
polifunzionale (village DOC), un locale pubblico (PULP-ITO+ANDROS),
spazi ricavati nei centri commerciali e persino in una carrozzeria
per auto (Fuori Luogo), per giungere all'iniziativa di un
gruppo di artisti dell'alessandrino che allestiscono periodicamente
una collettiva nei loro appartamenti (Resta Domiciliari-Arte a domicilio) o a quella degli artisti della Fornace Curti che aprono le loro abitazioni e i loro studi due volte all'anno
allamichevole invasione del pubblico, mettendo in mostra
ed in vendita i loro prodotti.
Pare quindi che la fantasia e la capacità inventiva
degli stessi artisti possano oggi fare molto per rinnovare
alla radice il modo in cui l'arte viene proposta al pubblico,
forse per la prima volta contendendo alla strutture ufficiali
il 'diritto di esposizione'. Il che permetterebbe di risolvere
quello che per molti artisti costituisce un grosso problema,
il costo economico dell'organizzazione di una mostra, spesso
insostenibile, specie per artisti non ancora affermati.
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