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Nascita del concetto di arte moderna
di Vilma Torselli
pubblicato il 5/04/2007
L'arte come mezzo per esprimere non più la bellezza assoluta, ma l'emozione interiore, il disagio, l'angoscia.
Storicamente e culturalmente l'arte moderna prende le mosse dal Romanticismo, primo grande movimento culturale a prendere coscienza del fatto che l'epicentro dell'interesse dell'uomo si sta sempre più identificando nell'uomo stesso ed allontanando sempre più dal sovraumano, dal trascendente che da sempre è stato per l'uomo la fonte di tutte le sue certezze .
Questa presa di coscienza non è certo indolore, è fonte di sofferenza e di una crisi generalizzata di carattere spirituale che investe e ribalta i vigenti concetti di arte, di bello, di reale, innescando una trasformazione profonda con la quale l'arte diventa l'ambito nel quale si esprime il sentimento, l'emozione, l'interiorità, in una parola il soggettivo dell'artista.

Nasce il concetto di arte moderna come attività non più finalizzata ad esprimere la bellezza trascendente ed assoluta, ma il sentimento, l'emozione, la percezione individuale di una bellezza che varia da artista ad artista, indefinita, fuori dai canoni, svincolata dal reale, contaminata dal sentimento dell'angoscia individuale, del disagio esistenziale, della disperazione.
Nella filosofia hegeliana è di particolare importanza la fondamentale distinzione posta tra arte classica (oggettiva) ed arte romantica (soggettiva), distinzione che in pratica identifica il carattere peculiare dell'arte romantica, e quindi dell'arte moderna, proprio nella sua soggettività: e infatti in tutta l'arte moderna si ritrova quel contrasto di fondo tra rivoluzione e conservazione che agita il romanticismo, quelle angosce, incertezze, contraddizioni che contraddistinguono non solo il mondo dell'arte ma anche la filosofia, la scienza, la cultura globale di questo ultimo secolo.
Partendo da tali premesse, l'arte moderna, come espressione esasperata della crisi e della perdita del concetto di ordine trascendente ed oggettivo, arriva a negare la possibilità stessa della rappresentazione del mondo in termini estetici, secondo i tradizionali concetti del bello e del vero, operando una definitiva rottura con il passato e la tradizione.

Nascono così le avanguardie artistiche del '900, in rivolta verso il passato, con atteggiamento velleitario, eroico e talvolta autodistruttivo, espressione di un'insofferenza profonda verso gli aspetti deteriori della modernità, ma anche verso le pastoie di un passato immobilista.
L'arte degli avanguardisti non vuole più testimoniare il bello, ma, attraverso la poetica del primo movimento avanguardista, l'Espressionismo, propone una rappresentazione distorta, non conforme, "brutta" della realtà, decade la necessità dell'aderenza alla forma, che viene compressa e deformata, ed al colore naturalisticamente inteso, che diventa pura espressione di uno stato d'animo.

Le avanguardie del '900, fino ad arrivare all'Astrattismo, si confrontano in qualche modo con il mondo reale, per quanto in posizione fortemente critica, negativa e distruttiva, ma dopo di esse, fino ad arrivare ai nostri giorni, l'arte va sempre più verso la negazione di sé stessa, verso l'assurdo e l'informale, fino ad arrivare ad una indifferenza totale nei riguardi del contenuto dell'opera, tutta esaurita nell'atto creativo, mezzo e fine, concluso in sé.
Atteggiamento analogo troviamo nel movimento New Dada, che diventerà Pop Art, nel quale l'opera d'arte non viene più concepita e costruita dall'artista, che si limita a riprodurre stereotipi della realtà quotidiana riciclando indiscriminatamente il materiale industriale, commerciale e d'uso comune.

A partire dai movimenti avanguardisti a contenuto polemico e distruttivo, quale per esempio il movimento Dada, per arrivare ai giorni nostri, si assiste quindi ad un graduale processo di negazione della possibilità stessa di fare arte, risolvendo alternativamente il processo creativo o in una rappresentazione dell'assurdo o in una stereotipata riproposizione del classicismo sfociante nel postmoderno.

Come osserva Gombrich, la creatività artistica rischia di trasformarsi in una sterile sperimentazione fine a sè stessa, in estemporanea invenzione, in vuota espressione priva di ogni riferimento, segni, tutti questi, ancora una volta, di una crisi generalizzata non solo al mondo dell'arte: è, questo, un atteggiamento tanto più sconcertante proprio ora che si va assottigliando il confine tra arte e scienza e si va affermando il concetto secondo il quale i canoni della bellezza, fino ad ieri confinati al mondo dell'arte, non sono puramente soggettivi, ma speculari dell'armonia intrinseca delle leggi matematiche, delle forme, dei colori generati dalla luce, della successione dei suoni, in relazione con una realtà al di là dell'esperienza soggettiva.

E forse proprio l'arte, come spesso accaduto in passato, sarà in grado di tentare una fuga in avanti, trovando e proponedo nuovi significati alla nostra vita.


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