Storicamente e culturalmente l'arte moderna prende
le mosse dal Romanticismo, primo grande movimento culturale
a prendere coscienza del fatto che l'epicentro dell'interesse
dell'uomo si sta sempre più identificando nell'uomo stesso
ed allontanando sempre più dal sovraumano, dal trascendente
che da sempre è stato per l'uomo la fonte di tutte le
sue certezze .
Questa presa di coscienza non è certo indolore, è
fonte di sofferenza e di una crisi generalizzata di carattere
spirituale che investe e ribalta i vigenti concetti di arte,
di bello, di reale, innescando una trasformazione profonda con
la quale l'arte diventa l'ambito nel quale si esprime il sentimento,
l'emozione, l'interiorità, in una parola il soggettivo
dell'artista.
Nasce il concetto di arte moderna come attività non
più finalizzata ad esprimere la bellezza trascendente
ed assoluta, ma il sentimento, l'emozione, la percezione individuale
di una bellezza che varia da artista ad artista,
indefinita, fuori dai canoni, svincolata dal reale, contaminata
dal sentimento dell'angoscia individuale, del disagio esistenziale,
della disperazione.
Nella filosofia hegeliana è di particolare importanza
la fondamentale distinzione posta tra arte classica (oggettiva)
ed arte romantica (soggettiva), distinzione che in pratica
identifica il carattere peculiare dell'arte romantica, e quindi
dell'arte moderna, proprio nella sua soggettività:
e infatti in tutta l'arte moderna si ritrova quel contrasto
di fondo tra rivoluzione e conservazione che agita il romanticismo,
quelle angosce, incertezze, contraddizioni che contraddistinguono
non solo il mondo dell'arte ma anche la filosofia, la scienza,
la cultura globale di questo ultimo secolo.
Partendo da tali premesse, l'arte moderna, come espressione
esasperata della crisi e della perdita del concetto di ordine
trascendente ed oggettivo, arriva a negare la possibilità
stessa della rappresentazione del mondo in termini estetici,
secondo i tradizionali concetti del bello e del vero, operando
una definitiva rottura con il passato e la tradizione.
Nascono così le avanguardie artistiche del '900, in
rivolta verso il passato, con atteggiamento velleitario, eroico
e talvolta autodistruttivo, espressione di un'insofferenza
profonda verso gli aspetti deteriori della modernità,
ma anche verso le pastoie di un passato immobilista.
L'arte degli avanguardisti non vuole più testimoniare
il bello, ma, attraverso la poetica del primo movimento avanguardista,
l'Espressionismo, propone una rappresentazione distorta, non
conforme, "brutta" della realtà, decade la
necessità dell'aderenza alla forma, che viene compressa
e deformata, ed al colore naturalisticamente inteso, che diventa pura espressione di
uno stato d'animo.
Le avanguardie del '900, fino ad arrivare all'Astrattismo,
si confrontano in qualche modo con il mondo reale, per quanto
in posizione fortemente critica, negativa e distruttiva, ma
dopo di esse, fino ad arrivare ai nostri giorni, l'arte va
sempre più verso la negazione di sé stessa,
verso l'assurdo e l'informale, fino ad arrivare ad una indifferenza totale nei riguardi del contenuto dell'opera, tutta esaurita nell'atto creativo, mezzo e fine, concluso
in sé.
Atteggiamento analogo troviamo nel movimento New Dada, che
diventerà Pop Art, nel quale l'opera d'arte non viene
più concepita e costruita dall'artista, che si limita
a riprodurre stereotipi della realtà quotidiana riciclando
indiscriminatamente il materiale industriale, commerciale
e d'uso comune.
A partire dai movimenti avanguardisti a contenuto polemico
e distruttivo, quale per esempio il movimento Dada, per
arrivare ai giorni nostri, si assiste quindi ad un graduale
processo di negazione della possibilità stessa di fare
arte, risolvendo alternativamente il processo creativo o in
una rappresentazione dell'assurdo o in una stereotipata riproposizione
del classicismo sfociante nel postmoderno.
Come osserva Gombrich,
la creatività artistica rischia di trasformarsi in
una sterile sperimentazione fine a sè stessa, in estemporanea
invenzione, in vuota espressione priva di ogni riferimento,
segni, tutti questi, ancora una volta, di una crisi generalizzata
non solo al mondo dell'arte: è, questo, un atteggiamento
tanto più sconcertante proprio ora che si va assottigliando
il confine tra arte e scienza e si va affermando il concetto
secondo il quale i canoni della bellezza, fino ad ieri confinati
al mondo dell'arte, non sono puramente soggettivi, ma speculari
dell'armonia intrinseca delle leggi matematiche, delle forme,
dei colori generati dalla luce, della successione dei suoni,
in relazione con una realtà al di là dell'esperienza
soggettiva.
E forse proprio l'arte, come spesso accaduto in passato, sarà
in grado di tentare una fuga in avanti, trovando e proponedo
nuovi significati alla nostra vita.
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