"L'arte è una condizione, una condizione
eraclitea di continuo mutamento" (Marcel Duchamp)
E' inevitabile operare una distinzione tra arte moderna ed
arte contemporanea, definendo con la prima l'insieme delle
manifestazioni che oggi siamo in grado di valutare e giudicare
da un punto di vista sufficientemente lontano per garantire
un'adeguata prospettiva storica, con la seconda fenomeni culturali
ancora in atto ed in formazione, che ci coinvolgono e sui
quali non è possibile, proprio per questo, formulare
giudizi oggettivi.
Verso la fine dell' '800, per una serie di fattori di ordine
socio-culturale ed anche economico, si assiste al diffondersi
di un nuovo bisogno di libertà di pensiero, una nuova
apertura mentale, la voglia di confronto e di trasgressione
nei riguardi della cultura del passato, e da un primo movimento
innovativo come l'Impressionismo, che suscita immediatamente
scandalo nella critica e nel pubblico, pur avendo ancora chiari
legami con la tradizione figurativista dell' '800, si sviluppano
poi tutti i movimenti avanguardisti del '900, in posizione
polemica e critica con la tradizione ottocentesca, alcuni
in modo fortemente violento.
E' così che si forma
l'immagine anche un po' retorica dell'artista emarginato,
isolato, in lotta perenne con la società, con il rischio,
come osserva anche Gombrich, che si finisca per identificare
come arte ogni opera di opposizione.
L'arte moderna nasce quindi con il pre-impressionismo, quando
lo sviluppo incipiente dei mezzi di comunicazione e di scambio
commerciale ampliano l'orizzonte del mondo dell'arte, prima
confinato nei limiti delle scuole e delle accademie, strutturando
un sistema anche commerciale di diffusione dell'opera d'arte,
sistema commerciale che ancora oggi è uno dei più
potenti mezzi di condizionamento del mondo artistico, attraverso
tutta una serie di figure di "mediatori", quali
il critico, il gallerista, il mercante, il collezionista.
Queste figure-chiave di veri e propri professionisti del settore,
sono oggi, nel nostro "regime della comunicazione",
dove chi più, e più rapidamente, comunica ha
maggiori possibilità di successo, i veri produttori
degli eventi artistici, gli indiscussi gestori della produzione
artistica contemporanea: su questo argomento è di grande
interesse un libro, "L'arte contemporanea" di Anne
Cauquelin, libro che in Francia, dal 1992 ad oggi, è
stato stampato in ben 6 edizioni, dove viene minutamente analizzato
il fenomeno dell'arte contemporanea.
A seguito di un complesso di considerazioni di carattere generale,
non solo specificatamente artistico, ma anche sociale, economico,
di costume, l'autrice giunge alla conclusione che l'arte "......
appare, quindi, un sistema autoproducentesi e autodigerentesi;
in ultima istanza coloro che la producono sono anche coloro
che la consumano...." pervenendo quindi alla constatazione
che "...ancora una volta il contenente prende il sopravvento
sul contenuto: è la 'messa in vista' ('questa è
arte') che genera il significato, non le opere; è la
rete che esibisce il suo proprio messaggio: ecco il mondo
dell'arte contemporanea".
Alla luce di questa evoluzione di costume, supportata dall'instaurarsi
di un "regime del consumo" parallelamente ad un "regime
di comunicazione", appare quanto mai significativa la posizione
di Marcel Duchamp, antesignano della figura dell'operatore artistico
contemporaneo.
Basta pensare al suo ready-made che, come tanta arte contemporanea,
oggetto anestetico per eccellenza, acquista valenza artistica
in funzione del luogo in cui viene esposto, pur essendo il suo
valore intrinseco assolutamente assente o indifferente, basta
pensare alla sua figura di uomo di successo, acclamato e riconosciuto
come grande innovatore che mette definitivamente in crisi il
carattere un po' bohemien dell'artista delle avanguardie, per
ritrovare alcuni tratti salienti di tanti personaggi di oggi
che agiscono all'interno di un sistema in cui, come dice la
Cauquelin, "l'artista non è un elemento a parte,
separato dal sistema globale: non c'è autore, non c'è
spettatore, solo una catena di 'comunicazione' che si chiude
su se stessa".
Andy Warhol, fondatore della Pop Art, forse cronologicamente
l'ultimo movimento appartenente all'arte moderna, cerniera
di raccordo con l'arte contemporanea, è sicuramente
il personaggio che meglio esprime e sintetizza le caratteristiche
dell'artista-comunicatore, comprendendo l'importanza della
pubblicità della propria immagine, molto più
che della propria opera: in lui, il nome e l'opera coincidono,
sono la stessa cosa, l'opera si identifica nella firma del
suo autore.
Scopritore dell'oggetto di consumo che propone nella sua banalizzazione
più impersonale, Warhol inaugura il concetto del consumo
dell'arte, la quale trae il proprio significato dal solo apparire,
dalla saturazione dell'informazione pubblicitaria, abbattendo
l'ultimo baluardo che caratterizzava l'evento artistico, la
sua localizzazione, che in Duchamp faceva la differenza.
Oggi sappiamo che la computer art sta attuando uno sconvolgimento
radicale dell'idea stessa dell'arte, mettendo in crisi il
concetto e la definizione dell'opera d'arte con le sue immagini
generate dalle nuove tecnologie digitali, completando in qualche
modo un processo che, dall'arte moderna a quella contemporanea,
ha attuato una progressiva sostituzione del contenuto con
il contenente, del reale con l'informazione su di esso ed
ora con il virtuale: semplicemente, il referente non esiste
più, sostituito da un codice binario, da numeri, calcoli,
processi mentali.
Attualmente ciò che si riscontra in campo artistico
è, spesso, un miscuglio di diversi elementi, dove è
difficile discernere nette prevalenze: come sempre, l'arte
saprà trovare la sua via e darci ancora nuove emozioni?
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