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Storia dell'arte e storia dell'uomo, percorsi paralleli.
di Vilma Torselli
pubblicato il 6/04/2007
Tema di novità assoluta del '900, la soggettività dell'artista al centro dell'opera degli espressionisti.
Quando Ernst H. Gombrich uno dei più abili e colti divulgatori del secolo scorso, dice "Non esiste in realtà una 'cosa' chiamata arte", mette in evidenza uno dei problemi fondamentali sull'argomento, su di un concetto, quello di arte, che ogni età ha cercato di definire, facendolo sempre in modo labile ed insoddisfaciente perchè è un concetto che muta in tempo reale, che scorre continuamente nel grande fiume della storia dell'umanità, che cambia con l'uomo. Egli poi aggiunge che esistono gli artisti, quelli sì, reali e concreti, non puro concetto ma uomini, e sono loro che fanno l'arte.
L'uomo, sempre e solo lui, artefice, fruitore, soggetto, oggetto, è il protagonista assoluto e consapevole di quella interminabile vicenda che si chiama arte (o che si chiama vita), inserita indissolubilmente nel divenire della sua storia individuale e collettiva.
Questo, e molto di più, per la verità, è il concetto dell'arte moderna, definitosi in un graduale processo di presa di coscienza che in realtà parte da lontano, dal Rinascimento, epoca in cui l'uomo diventa il centro dell'universo e l'artista acquista consapevolezza del suo potere creativo e dell'autonomia del suo operare ("L'uomo è il modello del mondo" dice Leonardo).

Le grandi trasformazioni storiche del secolo scorso, che hanno mutato in profondità l'assetto sociale nel mondo occidentale, come la rivoluzione industriale, la definizione di una nuova civiltà moderna in America, il cambiamento dei sistemi dell'arte intesi come meccanismi di realizzazione, diffusione e fruizione delle opere, la diffusione orizzontale dei beni di consumo, hanno contribuito a mutare notevolmente il concetto stesso di arte.
In realtà tutto ciò non è stato indolore, il movimento moderno è sempre stato tormentato, in tutto l'arco del suo sviluppo, dalla difficoltà, talvolta più temuta che reale, di conciliare il radicalismo artistico con quello politico, e spesso diviso tra la definizione di un'arte per l'arte e quella di un'arte che fosse una dimensione della storia e della società contemporanea.
Un'ulteriore complicazione alla definizione di un concetto generale sull'arte viene dal fatto che, nell'arte moderna per la prima volta, dapprima in modo soft nell'Impressionismo, e poi con violenza clamorosa nell'Espressionismo tedesco, fa irruzione la soggettività dell'artista, l'inconscio, la psiche, l'individualità, per ognuno unica e diversa, non classificabile nè omologabile.

Probabilmente è questo il motivo per cui, nel primo cinquantennio del '900, si sviluppano numerosi movimenti artistici, le grandi correnti avanguardiste, che riuniscono sotto tipologie e caratteristiche non sempre perfettamente omogenee vari gruppi di artisti , a volte in presenza di precise, comuni dichiarazioni di intenti (i vari manifesti di Futurismo, Cubismo, Spazialismo, Pittura nucleare e molti altri), a volte in presenza di caratteristiche psicologiche e formali chiaramente simili, lasciando tuttavia fuori da ogni classificazione parecchie personalità di indubbio valore, solitarie ed indipendenti, che solo a posteriori si è cercato, per comodità di lettura storica, di aggregare sotto etichette comuni, basti pensare agli artisti della cosiddetta Scuola di Parigi.

E' inevitabile che l'arte coinvolga la società in cui si sviluppa, non fosse altro per il fatto che l'arte è un racconto rivolto ad un pubblico, ad un interlocutore, anche se è ugualmente vero che, sul piano strettamente formale, l'arte ha un suo linguaggio che si sviluppa autonomamente, in un dispiegarsi di segni, linee, colori, i vari lessici che i singoli artisti utilizzano ciascuno secondo una propria sintassi.
L’arte pura è assurda tanto quanto lo è la pura oggettività nella trasposizione artistica della realtà, poichè tra l’artista e il mondo che lo circonda intercorrono inevitabilmente rapporti di vario tipo: l’opera d'arte è il risultato di una esperienza interiore, emotiva e psicologica, grazie alla quale l'artista perviene ad una interpretazione e ad una espressione "deformata" e soggettiva del la realtà.
Anche l'artista che, per sua stessa dichiarazione, rifiuta ogni contatto con il mondo, dichiarando di operare solo per l'arte e per sé stesso, non fa che enunciare una sua poetica, una sua visione del mondo, come quello che redige manifesti e teorie, perchè l'arte fine a sé stessa è probabilmente un'utopia, il non senso di un discorso che mentre viene fatto chiede di non essere ascoltato.

Se è vero che non si può parlare di progresso nell'arte, perchè ogni momento è compiuto in sè stesso, si può parlare di una sua evoluzione continua, del divenire incessante di una realtà mutevole come l'uomo, come la vita, come il pensiero, e poichè la mutevolezza ed il cambiamento sempre più veloci sono la caratteristica del nostro tempo, l'arte moderna è un fenomeno tumultuoso che si alimenta di contraddizioni, a volte incomprensibile ed incontrollabile per chi ci vive dentro: ciò che nel tempo resta fisso riferimento quando si parla d'arte, è il fatto che ogni espressione artistica è un discorso, ha un significato, vuol dire qualcosa, talvolta qualcosa di diverso ad ognuno di noi.

L'impressionismo, il movimento fauve e l'Espressionismo da ultimo hanno dimostrato in modo definitivo l'indipendenza del risultato psicologico dal realismo della rappresentazione, affermando la potenzialità di comunicazione emotiva del colore e della linea autonomamente, in un'arte anoggettiva che è la sola "arte concreta" (dice Kandinskij ), il che ha probabilmente complicato i termini di un discorso gia di per sè complicato.
Si comprende infatti la complessità di ogni considerazione sull'arte moderna se si valutano le diversità che entrano in gioco, se si prende atto del fatto che ogni individuo, artista o spettatore, risponde a stimoli identici in modo differente, che ogni artista recepisce ed esprime il suo pensiero in modo peculiare, che ognuno ne darà un'interpretazione propria e ne trarrà emozioni uniche a seconda del proprio vissuto e della propria interiorità, dell'esperienza trascorsa e delle inclinazioni personali.

Per concludere, voglio citare Kandinskij quando dice: "Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo,e spesso è madre dei nostri sentimenti. Analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. Lo sforzo di ridar vita a principi estetici del passato può creare al massimo delle opere d’arte che sembrano bambini nati morti." ( “Lo spirituale nell’arte", 1910), esprimendo così il valore contemporaneamente sia storico e collettivo che personale ed emotivo dell'arte e rivendicando per ogni generazione la paternità del modo di fare e contemplare l'arte del suo tempo.

L'arte ha un carattere ambiguo, metamorfico, ha una pluralità di significati non necessariamente concordanti, è un concetto che muta in continuazione, è "Deus absconditus” che sfugge ad una definizione univoca: se non si riesce a definire cos'è l'arte, è probabilmente ancora più arduo stabilire se essa abbia o no una funzione sociale.
I mutamenti storici del secolo scorso sono stati di tale portata e talmente generalizzati che hanno obbligato l'arte ad assumere il ruolo di strumento operativo nella storia, nella battaglia intrapresa dalle masse per le rivendicazioni e le conquiste sociali, nella consapevolezza che l'astensione, il non-intervento, ne avrebbe fatto una sovrastruttura superflua della sua epoca, non necessaria, non appartenente alla propria realtà.

All'inizio del '900, cessato il periodo in cui l'opera d'arte, relegata in un museo o in una galleria, poteve venire guardata o ignorata senza differenza fra le due azioni, affermatosi il concetto che essa potesse esprimere lo spirito dell'uomo e della collettività, realizzatasi la possibilità di una sua fruizione allargata grazie a nuovi sistemi di diffusione e di riproduzione delle opere, l'arte cerca una sua legittimazione storica rifondando la propria linguistica e cercando di parlare secondo una unità filosofica che superi e riassuma le varie diversità stilistiche.
Sono infatti individuabili grandi temi comuni, derivati da una stessa radice demistificatoria e provocatoria, che percorrono trasversalmente tutti i movimenti avanguardisti spesso contrapposti in confronti particolarmente duri: la rottura con un passato dogmatico ed immobilista, il definitivo superamento del concetto dell'adesione dell'arte alla rappresentazione oggettiva della realtà, l'affermazione di un'arte aniconica che esprima l'interiorià dell'artista ed una sua soggettiva visione del mondo.

Si può dire che, nel primo cinquantennio del '900, generalemente l'arte si caratterizzi per la partecipazione o meno, per l'accettazione o meno dell'idea del sociale, e dato che il comportamento umano non può ignorare il giudizio sociale, di approvazione o di disapprovazione, ma prende sempre posizione verso questi due antitetici atteggiamenti, l'arte è inevitabilmente chiamata ad esprimere accettazione, ripulsa o indifferenza verso la sua contemporaneità, a prender posizione nei confronti delle pressioni sociali, a fronte anche del fatto che le due guerre che si verificano in quel periodo a breve distanza di tempo e con conseguenze catastrofiche in Europa, configurano una situazione di emergenza nella quale, parafrasando Bruno Zevi, bisogna decidere con chi stare, chi è il nemico, bisogna prendere decisioni nette ed affondare la spada dove necessario.
L'Espressionismo che urla la disperazione dell'uomo davanti ad una situazione individuale e collettiva inumana, il Surrealismo che cerca una realtà metafisica in una fuga al di là delle apparenze, il Cubismo che recepisce le nuove teorie scientifiche di marca eisteiniana, il Futurismo che esalta il progresso tecnologico della modernità, fino alla Pop Art che si relaziona con il fenomeno del consumismo, sono tutti esempi di arte legata alla società, ai suoi aspetti contingenti, ai fenomeni culturali, ma anche economico-politici, che la attraversano, alle manifestazioni e alla esigenze di una struttura sociale in rapido cambiamento: poco importa se, ad esempio, l'Espressionismo usa la deformazione della realtà per esprimere la volontà di distacco da essa e la rivalutazione della parte irrazionale dell’uomo, il confronto con la realtà è anche in questo caso presente, seppure in negativo, seppure in modo antitetico.

A modo suo, ogni società esprime la sua arte, esprime dei contenuti attraverso delle forme coordinate in un insieme organico di oggetti simbolici che hanno sempre e comunque un significato, caratterizzanti in modo specifico un'epoca, un determinato periodo storico-sociale, non può esservi un'arte al di fuori del proprio tempo e della propria storia, essa costituisce comunque un documento non solo storico, ma anche sentimentale. E se il trascorrere del tempo è destinato a mutare l'aspetto ed il significato dell'opera d'arte, essa conserverà sempre la capacità di esprimere la visione del mondo della civiltà che la ha prodotta.
Dagli anni '60 in poi, in una società evoluta fino ad una frammentazione e una diversificazione esasperate, è sempre più difficile trovare rapporti chiari e consequenziali tra arte e società, "la maggior parte dell’arte, oggi, è solo arte in più, ininfluente, speciosa, autoreferenziale", dice Alessandro Tempi ("All that art"), e più il linguaggio artistico diventa intellettualistico, chiuso all'interno di un ragionamento attorno all'arte che cerca sé stessa, più l'arte diventa un fenomeno elitario estraneo alle masse: è il caso del Concettualismo, della Minimal art, dell'arte comportamentale, dove le definizioni hanno sempre un margine di indeterminatezza ed un raggio di ampiezza tali da raggruppare in modo ambiguo e generico fenomeni anche molto diversi, a scapito proprio del processo di identificazione con il quale il pubblico si appropria di un fenomeno artistico e ne fa suo patrimonio culturale, rendendolo espressione del suo tempo e consacrandolo alla storia dell'arte e dell'umanità.


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