Quando Ernst H. Gombrich uno dei più abili
e colti divulgatori del secolo scorso, dice "Non esiste
in realtà una 'cosa' chiamata arte", mette in evidenza
uno dei problemi fondamentali sull'argomento, su di un concetto,
quello di arte, che ogni età ha cercato di definire,
facendolo sempre in modo labile ed insoddisfaciente perchè
è un concetto che muta in tempo reale, che scorre continuamente
nel grande fiume della storia dell'umanità, che cambia
con l'uomo. Egli poi aggiunge che esistono gli artisti, quelli
sì, reali e concreti, non puro concetto ma uomini, e
sono loro che fanno l'arte.
L'uomo, sempre e solo lui, artefice, fruitore, soggetto, oggetto,
è il protagonista assoluto e consapevole di quella interminabile
vicenda che si chiama arte (o che si chiama vita), inserita indissolubilmente nel divenire
della sua storia individuale e collettiva.
Questo, e molto di più, per la verità, è
il concetto dell'arte moderna, definitosi in un graduale processo
di presa di coscienza che in realtà parte da lontano,
dal Rinascimento, epoca in cui l'uomo diventa il centro dell'universo
e l'artista acquista consapevolezza del suo potere creativo
e dell'autonomia del suo operare ("L'uomo è il
modello del mondo" dice Leonardo).
Le grandi trasformazioni storiche del secolo scorso, che
hanno mutato in profondità l'assetto sociale nel mondo
occidentale, come la rivoluzione industriale, la definizione
di una nuova civiltà moderna in America, il cambiamento
dei sistemi dell'arte intesi come meccanismi di realizzazione,
diffusione e fruizione delle opere, la diffusione orizzontale
dei beni di consumo, hanno contribuito a mutare notevolmente
il concetto stesso di arte.
In realtà tutto ciò non è stato indolore,
il movimento moderno è sempre stato tormentato, in
tutto l'arco del suo sviluppo, dalla difficoltà, talvolta
più temuta che reale, di conciliare il radicalismo
artistico con quello politico, e spesso diviso tra la definizione
di un'arte per l'arte e quella di un'arte che fosse una dimensione
della storia e della società contemporanea.
Un'ulteriore complicazione alla definizione di un concetto
generale sull'arte viene dal fatto che, nell'arte moderna
per la prima volta, dapprima in modo soft nell'Impressionismo,
e poi con violenza clamorosa nell'Espressionismo tedesco,
fa irruzione la soggettività dell'artista, l'inconscio,
la psiche, l'individualità, per ognuno unica e diversa,
non classificabile nè omologabile.
Probabilmente è questo il motivo per cui, nel primo
cinquantennio del '900, si sviluppano numerosi movimenti artistici,
le grandi correnti avanguardiste, che riuniscono sotto tipologie
e caratteristiche non sempre perfettamente omogenee vari gruppi
di artisti , a volte in presenza di precise, comuni dichiarazioni
di intenti (i vari manifesti di Futurismo, Cubismo, Spazialismo,
Pittura nucleare e molti altri), a volte in presenza di caratteristiche
psicologiche e formali chiaramente simili, lasciando tuttavia
fuori da ogni classificazione parecchie personalità
di indubbio valore, solitarie ed indipendenti, che solo a
posteriori si è cercato, per comodità di lettura
storica, di aggregare sotto etichette comuni, basti pensare
agli artisti della cosiddetta Scuola di Parigi.
E' inevitabile che l'arte coinvolga la società in cui
si sviluppa, non fosse altro per il fatto che l'arte è
un racconto rivolto ad un pubblico, ad un interlocutore, anche
se è ugualmente vero che, sul piano strettamente formale,
l'arte ha un suo linguaggio che si sviluppa autonomamente,
in un dispiegarsi di segni, linee, colori, i vari lessici
che i singoli artisti utilizzano ciascuno secondo una propria
sintassi.
Larte pura è assurda tanto quanto lo è
la pura oggettività nella trasposizione artistica della
realtà, poichè tra lartista e il mondo
che lo circonda intercorrono inevitabilmente rapporti di vario
tipo: lopera d'arte è il risultato di una esperienza
interiore, emotiva e psicologica, grazie alla quale l'artista
perviene ad una interpretazione e ad una espressione "deformata"
e soggettiva del la realtà.
Anche l'artista che, per sua stessa dichiarazione,
rifiuta ogni contatto con il mondo, dichiarando di operare
solo per l'arte e per sé stesso, non fa che enunciare
una sua poetica, una sua visione del mondo, come quello che
redige manifesti e teorie, perchè l'arte fine a sé
stessa è probabilmente un'utopia, il non senso di un
discorso che mentre viene fatto chiede di non essere ascoltato.
Se è vero che non si può parlare di progresso
nell'arte, perchè ogni momento è compiuto in
sè stesso, si può parlare di una sua evoluzione continua, del divenire incessante di una realtà mutevole
come l'uomo, come la vita, come il pensiero, e poichè
la mutevolezza ed il cambiamento sempre più veloci
sono la caratteristica del nostro tempo, l'arte moderna è
un fenomeno tumultuoso che si alimenta di contraddizioni,
a volte incomprensibile ed incontrollabile per chi ci vive
dentro: ciò che nel tempo resta fisso riferimento quando
si parla d'arte, è il fatto che ogni espressione artistica
è un discorso, ha un significato, vuol dire qualcosa,
talvolta qualcosa di diverso ad ognuno di noi.
L'impressionismo, il movimento fauve e l'Espressionismo da
ultimo hanno dimostrato in modo definitivo l'indipendenza
del risultato psicologico dal realismo della rappresentazione,
affermando la potenzialità di comunicazione emotiva del colore e della linea autonomamente, in un'arte anoggettiva
che è la sola "arte concreta" (dice Kandinskij
), il che ha probabilmente complicato i termini di un discorso
gia di per sè complicato.
Si comprende infatti la complessità di ogni considerazione
sull'arte moderna se si valutano le diversità che entrano
in gioco, se si prende atto del fatto che ogni individuo,
artista o spettatore, risponde a stimoli identici in modo
differente, che ogni artista recepisce ed esprime il suo pensiero
in modo peculiare, che ognuno ne darà un'interpretazione
propria e ne trarrà emozioni uniche a
seconda del proprio vissuto e della propria interiorità,
dell'esperienza trascorsa e delle inclinazioni personali.
Per concludere, voglio citare Kandinskij quando dice: "Ogni
opera darte è figlia del suo tempo,e spesso è
madre dei nostri sentimenti. Analogamente, ogni periodo culturale
esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più.
Lo sforzo di ridar vita a principi estetici del passato può
creare al massimo delle opere darte che sembrano bambini
nati morti." ( Lo spirituale nellarte", 1910),
esprimendo così il valore contemporaneamente sia storico
e collettivo che personale ed emotivo dell'arte e rivendicando
per ogni generazione la paternità del modo di fare
e contemplare l'arte del suo tempo.
L'arte ha un carattere ambiguo, metamorfico, ha una pluralità
di significati non necessariamente concordanti, è un
concetto che muta in continuazione, è "Deus absconditus
che sfugge ad una definizione univoca: se non si riesce a
definire cos'è l'arte, è probabilmente ancora
più arduo stabilire se essa abbia o no una funzione
sociale.
I mutamenti storici del secolo scorso sono stati di tale portata
e talmente generalizzati che hanno obbligato l'arte ad assumere
il ruolo di strumento operativo nella storia, nella battaglia
intrapresa dalle masse per le rivendicazioni e le conquiste
sociali, nella consapevolezza che l'astensione, il non-intervento,
ne avrebbe fatto una sovrastruttura superflua della sua epoca,
non necessaria, non appartenente alla propria realtà.
All'inizio del '900, cessato il periodo in cui l'opera d'arte,
relegata in un museo o in una galleria, poteve venire guardata
o ignorata senza differenza fra le due azioni, affermatosi
il concetto che essa potesse esprimere lo spirito dell'uomo
e della collettività, realizzatasi la possibilità
di una sua fruizione allargata grazie a nuovi sistemi di diffusione
e di riproduzione delle opere, l'arte cerca una sua legittimazione
storica rifondando la propria linguistica e cercando di parlare
secondo una unità filosofica che superi e riassuma
le varie diversità stilistiche.
Sono infatti individuabili grandi temi comuni, derivati da
una stessa radice demistificatoria e provocatoria, che percorrono trasversalmente
tutti i movimenti avanguardisti spesso contrapposti in confronti
particolarmente duri: la rottura con un passato dogmatico
ed immobilista, il definitivo superamento del concetto dell'adesione
dell'arte alla rappresentazione oggettiva della realtà,
l'affermazione di un'arte aniconica che esprima l'interiorià
dell'artista ed una sua soggettiva visione del mondo.
Si può dire che, nel primo cinquantennio del '900,
generalemente l'arte si caratterizzi per la partecipazione
o meno, per l'accettazione o meno dell'idea del sociale, e
dato che il comportamento umano non può ignorare il
giudizio sociale, di approvazione o di disapprovazione, ma
prende sempre posizione verso questi due antitetici atteggiamenti,
l'arte è inevitabilmente chiamata ad esprimere accettazione,
ripulsa o indifferenza verso la sua contemporaneità,
a prender posizione nei confronti delle pressioni sociali,
a fronte anche del fatto che le due guerre che si verificano
in quel periodo a breve distanza di tempo e con conseguenze
catastrofiche in Europa, configurano una situazione di emergenza
nella quale, parafrasando Bruno Zevi, bisogna decidere con
chi stare, chi è il nemico, bisogna prendere decisioni
nette ed affondare la spada dove necessario.
L'Espressionismo che urla la disperazione dell'uomo davanti
ad una situazione individuale e collettiva inumana, il Surrealismo che cerca una realtà metafisica in una fuga al di là
delle apparenze, il Cubismo che recepisce le nuove teorie
scientifiche di marca eisteiniana, il Futurismo che esalta
il progresso tecnologico della modernità, fino alla
Pop Art che si relaziona con il fenomeno del consumismo, sono
tutti esempi di arte legata alla società, ai suoi aspetti
contingenti, ai fenomeni culturali, ma anche economico-politici,
che la attraversano, alle manifestazioni e alla esigenze di
una struttura sociale in rapido cambiamento: poco importa
se, ad esempio, l'Espressionismo usa la deformazione della
realtà per esprimere la volontà di distacco
da essa e la rivalutazione della parte irrazionale delluomo,
il confronto con la realtà è anche in questo
caso presente, seppure in negativo, seppure in modo antitetico.
A modo suo, ogni società esprime la sua arte, esprime
dei contenuti attraverso delle forme coordinate in un insieme
organico di oggetti simbolici che hanno sempre e comunque
un significato, caratterizzanti in modo specifico un'epoca,
un determinato periodo storico-sociale, non può esservi
un'arte al di fuori del proprio tempo e della propria storia,
essa costituisce comunque un documento non solo storico, ma
anche sentimentale. E se il trascorrere del tempo è destinato
a mutare l'aspetto ed il significato dell'opera d'arte, essa conserverà sempre la capacità di
esprimere la visione del mondo della civiltà che la
ha prodotta.
Dagli anni '60 in poi, in una società evoluta fino
ad una frammentazione e una diversificazione esasperate, è
sempre più difficile trovare rapporti chiari e consequenziali
tra arte e società, "la maggior parte dellarte,
oggi, è solo arte in più, ininfluente, speciosa,
autoreferenziale", dice Alessandro Tempi ("All that
art"), e più il linguaggio artistico diventa intellettualistico,
chiuso all'interno di un ragionamento attorno all'arte che
cerca sé stessa, più l'arte diventa un fenomeno
elitario estraneo alle masse: è il caso del Concettualismo,
della Minimal art, dell'arte comportamentale, dove le definizioni
hanno sempre un margine di indeterminatezza ed un raggio di
ampiezza tali da raggruppare in modo ambiguo e generico fenomeni
anche molto diversi, a scapito proprio del processo di identificazione con il quale il pubblico si appropria di un fenomeno artistico
e ne fa suo patrimonio culturale, rendendolo espressione del
suo tempo e consacrandolo alla storia dell'arte e dell'umanità.
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