Parlando del ruolo dell'arte nella storia dell'umanità
e della società civile, è inevitabile chiedersi
quale sia il ruolo dell'artista, perchè se è vero,
come dice Ernst H. Gombrich, che non esiste una "cosa"
chiamata arte, ma esistono gli artisti e le loro opere, appare
possibile che, dopotutto, possa essere più importante
capire in prima battuta il ruolo degli artisti e poi di ciò
che essi producono, che convenzionalmente chiamiamo arte.
La dignità che circonda la figura dell'artista è
particolarmente sentita nel Rinascimento, periodo in cui il
genio di personaggi straordinari si concretizza nelle opere
che adornano i palazzi del principe o gli ambienti dedicati
al culto, con l'indiscusso riconoscimento all'arte di valori
e significati al di fuori della vita comune, arte come "qualcosa
d'altro", qualcosa di ben circoscritto: per secoli l'arte
e l'artista restano due realtà elitarie riservate a
pochi, con specifici compiti celebrativi o documentaristici.
Nell' '800, il raggiunto sviluppo tecnologico fa entrare in
crisi il ruolo fino ad allora ricoperto dall'artista, va alla
ricerca di nuovi significati e dà un grande contributo
alla nascita del mito dell'artista genio sregolato e solitario,
in concomitanza con la reale situazione di vita di alcuni
di essi, creando così uno stereotipo che finisce per
influenzare a lungo il modo di considerare chiunque sia dotato
di qualità creative.
La necessità di una definizione più precisa
del ruolo dell'artista sorge ad inizio '900, quando il diffondersi
di uno stato sociale post-industriale mette in discussione
la tradizionale figura dell'intellettuale, che rischia di
venir vista con diffidenza ed emarginata a favore della figura
emergente del "tecnico", più integrata nella
società positivista che gestisce le risorse economiche,
più ben accetta, più comprensibile.
Le avanguardie del '900 contribuiscono notevolmente a definire
la posizione dell'artista nei confronti della società
e della storia, demolendo in gran parte il suo carattere elitario
e facendone un individuo calato nella realtà del suo
tempo, non più un sognatore perso nelle sue fantasie,
come poteva venir concepito in epoca romantica, ma da una
parte un professionista integrato nel suo stato (si veda ad
esempio come Marcel Duchamp o Fernand Léger, avessero
compreso il ruolo sociale dell'artista nell'era industriale),
dall'altra un sensibile anticipatore del futuro, in grado
di captare le esigenze del suo tempo e svelarle al resto degli
uomini: in questo caso, pur alimentando il mito del genio
incompreso, viene riconosciuto all'artista il potere "oggettivo"
di svelare l'inconscio "soggettivo"e farsi interprete
delle angosce dell'umanità tutta, attraverso l'universalità
linguistica dell'arte, e ciò grazie all'interpretazione
psicoanalitica dell'opera d'arte fornita da Freud.
Per la prima volta la società accetta l'idea che l'artista,
"moderno antropologo dell'anima", sia in grado di
esprimere valori universali, anche se non attraverso codici
convenzionali, ma per mezzo della piú primitiva forma
di espressione umana, la più antica, la più immediata,
l'arte figurativa.
Il contatto con le problematiche contemporanee e la perfetta
integrazione con la struttura sociale vengono raggiunte per
la prima volta in America, con l'affermarsi della Pop Art ed in parte già prima con l'Espressionismo astratto,
in un continente in cui l'aspetto economico e commerciale
di ogni fenomeno di costume o di cultura ha un ruolo preponderante.
In questo ambiente, negli anni '60, l'artista che meglio rappresenta
la situazione vigente, Andy Warhol, è soprattutto un
ottimo operatore economico, un imprenditore di sè stesso,
un professionista che produce arte come fosse un qualunque
prodotto di consumo, con un suo valore, un suo prezzo di mercato,
secondo le più corrette regole di marketing.
Oggi, nonostante una diffusa frammentazione dei linguaggi
ed una certa elitarietà degli stessi, nell'epoca dei
media avanzati, pare comunque conclusa l'era del conflitto
tra arte e società, anche se resta alto il rischio
della reciproca indifferenza se non della separazione tra
l'arte ed il suo pubblico.
Ma oggi, come ieri, il ruolo fondamentale dell'artista resta
quello del ricercatore, quand'anche impegnato in una ricerca
inutile, dimenticata, oscura, per diventare alla fine il protagonista
e l'interprete dellevoluzione culturale, attualmente
mediata e supportata da efficaci forme di comunicazione, impensabili
in passato.
La ricerca dell'artista di oggi, il suo ruolo in una società
moderna, può voler dire proprio questo: la capacità
di integrare sul piano formale linguaggi specifici di due
mondi diversi, quello tecnologico-economico e quello creativo-artistico,
uscendo dai sistemi "autoreferenziali" dellarte,
come li definisce Alessandro Tempi, per gestire, anche con
capacità tecnica ed organizzativa, un processo di comunicazione
innovativo, affrontando le nuove, grandi tematiche proposte
dall'avvento dei mezzi digitali.
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