Parlare di arte moderna presuppone certamente
un'indagine sui modi di sviluppo del linguaggio artistico nei
suoi aspetti contenutistici e formali, ma a priori presupporrebbe,
per una visione completa del fenomeno, la definizione di ciò
che si intende per modernità, ed in particolare per modernità
dell'arte.
Sulla quale Josè Ortega y Gasset già nel 1925 scrive con sottile ironia: "l'elemento caratteristico dell'arte contemporanea dal punto di vista sociologico è dato dal fatto che essa divide il pubblico in due classi di persone: quelli che capiscono e quelli che non capiscono…. Evidentemente l'arte moderna non è fatta per chiunque…." ("La disumanizzazione dell'arte")
Le difficoltà in cui oggi si dibatte l'arte moderna,
per le quali non è facile individuare una via d'uscita,
sono in parte collegate alla difficoltà, se non impossibilità,
di tracciare le concatenazioni logiche dei suoi sviluppi storici,
delle mutazioni intervenute nel processo evolutivo che incessantemente
cambia non solo l'arte, ma tutta la nostra vita, di cui è
l'essenza stessa.
Per la prima volta nella storia dell'umanità, il concetto
di modernità compare nel Rinascimento italiano, che recepisce
il significato e la consapevolezza della "modernità",
instaurando un modo nuovo di percepire la realtà e la
storia che sarà la radice della cultura moderna occidentale:
è la modernità intesa come modo di leggere il
mondo, al di fuori di valutazioni temporali ed in esclusiva
funzione delle esigenze contemporanee, dello spirito dell'epoca,
è per questo che, ad esempio, nell'opera così
emblematicamente rinascimentale di Michelangelo possiamo leggere
straordinarie anticipazioni barocche, espressioniste, informali
(di particolare interesse il tema del non-finito), possiamo
trovare una modernità "rischiosa", dimensione
temporale intrinseca all'opera, che è "forma capace
di stare nel tempo".
Il concetto di modernità, applicato all'arte, come
processo continuo in cui la modernità si intende diretta
conseguenza di un principio originario, è stato messo
definitivamente in crisi dai movimenti avanguardisti del '900,
che hanno instaurato il principio della discontinuità,
della modernità come movimento centrifugo rispetto
all'origine (la tradizione): non più un semplice divenire
che discende consequenzialmente da un suo principio, ma uno
schema dinamico senza orientamenti prestabiliti, senza riferimenti,
sfuggente ad ogni previsione, capace di contraddire il suo
stesso senso fino all'autodistruzione.
Il divenire storico perde quindi ogni significatività,
non può più aiutarci nella comprensione della
modernità, la chiave di lettura del divenuto è
il movimento, il cambiamento, senza pretese di continuità,
di correlazione, di completezza: sotto questo punto di vista,
le avanguardie europee sono l'esempio più chiaro di
un processo artistico che va letto nel suo divenire dinamico,
ogni corrente ha in sè il senso della sua esistenza
perchè stabilisce da sola i principi da cui partire,
cosa contraddire, cosa conservare di ciò che il passato
ha costruito, scegliendo e scartando senza nessuna remora
ciò che serve e ciò che è inutile.
E' evidente che la riflessione sulla modernità implica
inevitabilmente un confronto con il proprio passato e con
gli irrisolti rapporti responsabili dei vuoti e dei punti
ciechi del presente, l'arte del '900 non prescinde dal classicismo,
dall'impressionismo, ma ha la coscienza che si tratta di un
percorso che non si può più ripercorrere, di
una via del non-ritorno sulla quale il passato deve essere
definitivamente abbandonato, seppure determinando un "rapporto
irrisolto e lacunoso , il non è di ciò che è"
, che non potrà mai essere ricomposto in maniera consolatoria:
" il divenire non è la chiave del divenuto,
perché la modernità ha separato irreversibilmente
l'originato dalla propria origine come rapporto di causa ed
effetto, di agente e di azione. Non solo quindi non è
possibile percorrere a ritroso il tragitto verso la propria
origine ma, di più, si diventa qualcuno e qualcosa,
si diventa adulti, solo mediante quest'uscita irreversibile."(Iolanda
Poma su Theodor W. Adorno)
Forse è proprio questo il dramma dell'arte moderna
(e dell'uomo moderno), il punto cruciale della sua crisi
esistenziale, del suo stato di sofferenza e di disagio: la
consapevolezza di aver definitivamente abbandonato un passato
irrecuperabile destinandolo ad un definitivo oblio e la difficoltà
di costruire nuovi riferimenti orientativi al proprio operare
in una società in cui insicurezza, incertezza, precarietà
hanno cancellato per l'individuo il senso della certezza,
della stabilità psicologica, della chiara collocazione
sociale.
Quanto sopra è mirabilmente sintetizzabile nelle parole del professor
Antonino Saggio quando dice:"...... Il nostro concetto
di moderno è ATEMPORALE ed è così che
si definisce un atteggiamento, un modo di porsi rispetto al
mondo e pertanto in quanto tale non è definibile temporalmente. Altro
concetto è quello di crisi. Nel cambiamento delle situazioni
si operano grandi e potenti crisi di trasformazioni, sono
crisi profondissime , sono crisi che rappresentano la grande
difficolta' nel collocarsi.........CRISI e MODERNITA' SI LEGANO,
perchè la definizione migliore di modernità
è quella che suscita domande e risposte alle crisi.........."
(Corso di progettazione architettonica, 2002)
* articolo aggiornato il 1/04/2015
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