La funzione della critica è sempre stata
controversa, definita in modi diversi dalla modernità
e revisionata a più riprese in passato parallelamente
al mutare del concetto di arte: accusata di volta in volta di
voler imporre una sua visione dell'opera, di fare della semplice
storiografia, di svolgere un'attività di parte a favore
di alcuni artisti, di involversi in intellettualismi indecifrabili
per i destinatari, la critica moderna, nella generale confusione
dei valori e nell'attuale carenza di parametri di riferimento,
si è spesso assunta, a torto o a ragione, il compito
di discriminare ciò che è arte da ciò che
non lo è.
Oggi il concetto di arte si è talmente dilatato, caricandosi
di tutte le connotazioni di indefinitezza che ciò comporta,
che pare che la critica ad esso rivolta possa coinvolgere nella
sua elaborazione la totalità della realtà, non
solo visibile e quindi oggetto delle Arti Visive, ma anche invisibile,
data l'esistenza di forme d'arte concettuali e simboliche che
l'arte visiva ha inglobato, specialmente durante il '900.
Questa tendenza allo sconfinamento e la possibilità che
la critica d'arte si esprima in ambiti in passato inaccessibili,
ha posto la necessità di valutare se la critica debba
o possa avere una funzione morale, possa elaborare un giudizio
etico dell'arte, parallelamente al fatto che l'attività
artistica ha in realtà sempre una sua valenza filosofica
implicante valori morali in senso lato: si tratta di una posizione
che critici illustri, filosofi e pensatori di un recente passato
hanno dibattuto con stimolante pluralità di vedute, non
è questa la sede per proporre una storia della critica,
argomento peraltro interessante ed avvincente quanto la stessa
storia dell'arte.
Dando con ciò ragione a Benedetto Croce quando asserisce:"E' vero che la poesia è autonoma
rispetto alla morale , in quanto non predica verità né
suggerisce valori etici, ma rispecchiando essa la personalità
dell'artista, che è essenzialmente un ente morale , non
può non essere rivolta anche alla moralità".
Pur ritenendo la modernità che la critica non debba
dare valutazioni di tipo morale, è però il caso
di sottolineare che la possibilità di coinvolgere la
critica in una sorta di patto etico non è estranea
all'odierna cultura, ne è convinto il critico americano
Michael Fried che in un suo famoso testo, "Three American
Painters" (1962), pone le basi per una moderna distinzione
della funzione del critico, che per essere tale è necessariamente
moralmente coinvolto nel lavoro dell'artista, e dello storico
dell'arte, affermando una sua posizione, opinabile e soggettiva,
che conferma tuttavia ancora una volta la varietà delle
opinioni all'interno della critica stessa.
Che oggi, sempre più spesso, fa autocritica, rivedendo
il suo ruolo alla luce delle "incertezze" di giudizio
che sembrano la regola in una società dove le certezze
sono sempre meno ed alla quale essa si adegua: infatti "possiamo
dire che la funzione critica oggi fa molta paralogia e poca
ontologia, ci offre ragionamenti e spesso sofismi intorno
a qualcosa chiamata arte, ma non ci dice perché quel
qualcosa è effettivamente arte", afferma Alessandro
Tempi , che aggiunge poi, riallacciandosi all'evoluzione dell'arte
nel '900, "Larte insomma si trasforma in una qualità
immateriale, un effetto di pensiero, uno spostamento insieme
fisico e concettuale di qualcosa da un piano allaltro
dellesperienza. E a questo punto che il lavoro
dei critici diventa indispensabile".
I critici, insomma, servono, se non altro per decodificare
ad uso del fruitore linguaggi altrimenti incomprensibili "in
una società come la nostra, dove regna lesperienza
vicaria, mediata, impersonale", dovendo però aver
presente la provvisorietà della loro funzione che,
cito ancora Tempi, "dovrebbe consistere nel portare il
pubblico a non avere più bisogno di noi, ma questo,
a dire la verità, nessuno lo vuole, né il pubblico,
che delega volentieri ai critici la funzione interpretativa,
né i critici stessi, per unovvia questione corporativa,
si direbbe".
Senza dimenticare, come osserva acutamente Barnett Newman, che "Aesthetics is for the artist as ornithology is for the birds" (“The Sublime Is Now”, 1948) perché c'è il rischio che la critica pretenda di insegnare ciò che non può essere insegnato e che abbia, per i fruitori dell’arte, la stessa funzione che l’ornitologia ha per gli uccelli: servire a chi uccello non è.
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