Il Cubismo non ha un inizio dichiarato o un manifesto, come
accade per altri movimenti avanguardisti, nasce dalla sperimentazione
avanzata di alcuni pittori, come George Braque e, soprattutto,
Pablo Picasso, che, come dichiara, lungo il cammino della
sua attività pittorica, non cerca, ma, semplicemente, trova.
Il Cubismo viene tradizionalmente diviso in due fasi principali,
di cui la prima si definisce "Cubismo analitico"
e la seconda "Cubismo sintetico".
Va premesso che i uno dei motivi per cui i quadri dei cubisti
danno una visione così stravolta rispetto ai canoni
tradizionali è dovuta al fatto che viene in essi introdotta
la "quarta dimensione", il tempo, parallelamente
introdotta anche in fisica, come quarta dimensione della realtà,
attraverso la Teoria della Relatività postulata in
quegli anni da Albert Einstein.
In questa direzione assumono importanza notevole anche le
teorie, sul tempo e la durata, del filosofo Henri Luis Bergson,
formulate proprio in quegli stessi anni. (1)
L'intento dell'artista cubista diventa quindi quello di rappresentare
non solo un evento, ma anche la successione delle sue varie
fasi e la sua durata nel tempo, insomma il suo divenire.
La contemporaneità delle due posizioni di arte e scienza,
tuttavia, rimane casuale, senza un reale nesso di interelazione,
per il fatto che, come sempre, gli artisti affrontano, appunto,
come tali, i problemi di carattere scientifico, comunque il
concetto della temporalità dell'evento raffigurato
non fa, per loro, che rafforzare e giustificare l'esigenza
di rappresentarlo da più punti di vista, come se fosse
in movimento e venisse quindi percepito nella contemporaneità
di immagini diverse.
Nasce così una nuova pittura, che aspira alla tridimensionalità,
unificando tempo e spazio in una stessa rappresentazione.
Formalmente, la prima fase, "Cubismo analitico" che
si può definire di forte geometrizzazione, si ricollega
direttamente alla ricerca in chiave cezanniana intrapresa
dai due fondatori del Cubismo e si caratterizza per un procedimento
molto minuto di frammentazione della forma, attraverso studi
successivi di scomposizione e ricomposizione, definendo per
le opere di questo periodo una tipica tramatura a tasselli
di diversa direzionalità per la molteplicità
delle angolazioni visive, con il tipico colore praticamente
monocromatico sui toni del terra-ocra.
Viene stravolto il concetto stesso di quadro, che costituisce
per i cubisti l'unica realtà esistente, quella intellettuale,
e non è più, quindi, una rappresentazione della
realtà percepita fisicamente.
La seconda fase, "Cubismo sintetico", perviene ad
una rappresentazione in un certo senso riassuntiva della precedente
ricerca, con immagini più comprensibili, di più
diretta e chiara rappresentazione, nelle quali gli oggetti,
pur mantenendo una morfologia sostanzialmente riferibile al
cubo, vengono rappresentati con un maggior numero di sfaccettature,
moltiplicate dal numero dei piani e dei punti di vista introdotti.
In questa fase, nei quadri cubisti vengono inseriti anche
caratteri, brani di scrittura, "papier collés",
effetto trompe l'oei, frammenti di giornali, carte da parati,
carte da gioco e frammenti di legno, incollati direttamente
sulla tela, mentre la gamma cromatica, pur mantenendo una
certa propensione al monocromo, introduce toni metallici,
lievi e sfumati.
Si nota anche una inclinazione all'alleggerimento della forma,
che quasi tende a idealizzarsi, mentre il segno si fa più
esile e la composizione presenta spazi vuoti che lasciano
posto agli inserti materici: i soggetti sono prevalentemente il
ritratto e la natura morta.
Il Cubismo sintetico non dipinge più ciò che
si vede, ma ciò che si conosce, per averlo smontato,
scomposto ed analizzato in tutti i suoi molteplici aspetti
ed averlo poi ricomposto secondo una logica non naturalistica,
ma squisitamente razionale e mentale.
Altri artisti di matrice cubista sono Juan Gris, Fernand
Léger, Robert Delaunay (cubismo orfico), Francis Picabia e tra gli scultori
Raymond Duchamp-Villon, il russo Alexander Archipenko, Jaques
Lipchitz , Ossip Zadkine , Henry Laurens.
(1) Di diverso parere Semir Zeki, teorico della neuroestetica secondo il quale l'arte è un linguaggio comprensibile in quanto l'esperienza estetica attiva una serie di operazioni che si svolgono nel cervello, conformi alle leggi che regolano le attività cerebrali e le strutture nervose deputate alla visione e alla percezione del colore. Su questa base Zeki definisce le opere cubiste come "un’arte fallita perché i cubisti hanno voluto fare ciò che ai neuroni non riesce: separare la forma dal colore".
* articolo aggiornato il 22/06/2014
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