Questa frase di Tristan Tzara esprime molto efficacemente
il meccanismo al quale la poetica dadaista affida la produzione
dell'opera d'arte: la casualità.
Per la verità il caso ha un ruolo molto importante
in varie correnti culturali, basti pensare al Surrealismo,
dove svolge il ruolo di rivelatore dell'inconscio, o anche
a molti movimenti dell'arte moderna o contemporanea, quali
l'action painting di Pollock e la sua gestualità spontanea, caotica
e casuale, o anche l'Astrattismo e l'Informale in tutte le
loro varianti.
Dice Jean Arp: "La legge del caso, che racchiude in
sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come
la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta
soltanto in un completo abbandono allinconscio. Io affermo
che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria."
E proprio il tema della casualità e dell'irrazionalità
di cui è imbevuto il Dadaismo sarà la premessa
al suo graduale scivolamento verso la poetica surrealista,
sua naturale evoluzione estetica.
Quindi, con l'esaltazione della casualità e la negazione
della razionalità, con uno stile eterogeneo e disparate
tecniche espressive, con un linguaggio a volte rozzamente
polemico, con la voluta ricerca della non-funzionalità,
il Dadaismo mette in crisi il pensiero funzionalista dellepoca
proponendo i rayogrammi di Man Ray, i collages di materiali degradati o di recupero di Ernst, i ready mades di Duchamp con i suoi objet trouvé sottratti alla quotidianità e elevati
a opera darte, i fotomontaggi di Hausmann e Heartfield.
Sono opere che non rappresentano nulla, sono un puro gesto
contrapposto alla organizzata e razionale oggettualità
e funzionalità del reale, che daranno un determinante
contributo alla definizione di una nuova, rivoluzionaria concezione
estetica.
In particolare, i ready-mades sono uninvenzione di
Marcel Duchamp, al quale si deve anche l'invenzione del termine
che li definisce, il quale propone, nel 1913, la sua celebre
ruota di bicicletta, dando così il via ad una delle
operazioni maggiormente dissacratorie dei concetti tradizionali
di arte.
Duchamp compie in sostanza sull'oggetto un'operazione di spostamento del significato oggettivo, con conseguente attribuzione di
nuova identità, per cui, se un qualunque oggetto comunissimo e banale
viene decontestualizzato e collocato in un contesto per lui insolito ed inusuale (galleria
o museo), ecco che automaticamente viene elevato al rango
d'opera d'arte.
Questa spregiudicata affermazione di nichilismo
estetico avrà clamorose conseguenze su tutta l'arte del seguente '900.
I ready-mades sono opere realizzate con oggetti reali
e quotidiani, "già pronti all'uso" (l'orinatoio,
la ruota di bicicletta, l'attacapanni, lo scolabottiglie, ... ), oggetti di netta
antiesteticità, non prodotti con finalità estetiche
ma solo pratiche e funzionali, presentati come opere darte.
Si rompe così definitivamente il concetto che vuole
lopera d'arte risultato di una attività intellettuale
e manuale consapevole, coltivata e ben finalizzata e da allora
in poi varrà il concetto che opera darte può
essere qualsiasi cosa ed implicitamente che nulla è
arte, ma soprattutto si affermerà l'idea che l'arte non può
separarsi dalla vita reale, deve confondersi con essa, mentre
l'artista non si deve affermare per ciò che realizza
manualmente, ma per l'idea che riesce a proporre con il solo
scopo di colpire lo spettatore con uno stimolo allusivo che
oltrepassa la pura visione ed arriva direttamente alla mente.
L'atteggiamento di rifiuto delle regole estetiche e razionali
si associa anche al rifiuto della logica di mercato, che inserisce
lopera d'arte in un contesto produttivo attribuendole
un valore venale: larte, puro fatto mentale ed estetico,
non deve produrre valore, anzi lo deve negare, come avviene
di fatto nel ready-made, dove l'oggetto ne è del tutto
privo.
Dopo la rivoluzione nei materiali e nella visione operata
da Duchamp con il ready-made, è tracciata una via determinante
per i futuri sviluppi dell'arte moderna e contemporanea, che
ne sarà influenzata fino ai periodi più recenti
( Pop Art).
(1) tratto da uno scritto di inviato da Tristan Tzara per essere letto pubblicamente il 5 febbraio 1920 durante una vivace conferenza sul movimento dada al Grand Palais des Champs Elysées, alla quale, secondo voci non confermate, avrebbe dovuto partecipare anche Charlie Chaplin, il che non avvenne. Tra i defezionari anche Picabia. Il testo si intitola 'Monsieur AA l'antiphilosophe' ed è comparso sul n. 13 della rivista 'Littérature' nel maggio seguente, ripreso poi in 'La Deuxième Aventure céleste de M. Antipyrine'.
*articolo aggiornato il 22 agosto 2012
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