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La poetica della casualità ed il ready-made di Duchamp
di Vilma Torselli
pubblicato il 26/01/2007
Negazione della razionalità e del funzionalismo, per un'arte dissacratoria che afferma il nichilismo estetico


Marcel Duchamp "Roue de bicyclette", 1913
Indiana University Art Museum
"Per fare un poema dadaista. Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco. Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco. Copiate coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi "uno scrittore infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo della strada". (Tristan Tzara) (1)

Questa frase di Tristan Tzara esprime molto efficacemente il meccanismo al quale la poetica dadaista affida la produzione dell'opera d'arte: la casualità.
Per la verità il caso ha un ruolo molto importante in varie correnti culturali, basti pensare al Surrealismo, dove svolge il ruolo di rivelatore dell'inconscio, o anche a molti movimenti dell'arte moderna o contemporanea, quali l'action painting di Pollock e la sua gestualità spontanea, caotica e casuale, o anche l'Astrattismo e l'Informale in tutte le loro varianti.
Dice Jean Arp: "La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria."
E proprio il tema della casualità e dell'irrazionalità di cui è imbevuto il Dadaismo sarà la premessa al suo graduale scivolamento verso la poetica surrealista, sua naturale evoluzione estetica.

Quindi, con l'esaltazione della casualità e la negazione della razionalità, con uno stile eterogeneo e disparate tecniche espressive, con un linguaggio a volte rozzamente polemico, con la voluta ricerca della non-funzionalità, il Dadaismo mette in crisi il pensiero funzionalista dell’epoca proponendo i ‘rayogrammi’ di Man Ray, i collages di materiali degradati o di recupero di Ernst, i ready mades di Duchamp con i suoi objet trouvé sottratti alla quotidianità e ‘elevati’ a opera d’arte, i fotomontaggi di Hausmann e Heartfield.
Sono opere che non rappresentano nulla, sono un puro gesto contrapposto alla organizzata e razionale oggettualità e funzionalità del reale, che daranno un determinante contributo alla definizione di una nuova, rivoluzionaria concezione estetica.

In particolare, i ready-mades sono un’invenzione di Marcel Duchamp, al quale si deve anche l'invenzione del termine che li definisce, il quale propone, nel 1913, la sua celebre ruota di bicicletta, dando così il via ad una delle operazioni maggiormente dissacratorie dei concetti tradizionali di arte.
Duchamp compie in sostanza sull'oggetto un'operazione di spostamento del significato oggettivo, con conseguente attribuzione di nuova identità, per cui, se un qualunque oggetto comunissimo e banale viene decontestualizzato e collocato in un contesto per lui insolito ed inusuale (galleria o museo), ecco che automaticamente viene elevato al rango d'opera d'arte.
Questa spregiudicata affermazione di nichilismo estetico avrà clamorose conseguenze su tutta l'arte del seguente '900.
I ready-mades sono opere realizzate con oggetti reali e quotidiani, "già pronti all'uso" (l'orinatoio, la ruota di bicicletta, l'attacapanni, lo scolabottiglie, ... ), oggetti di netta antiesteticità, non prodotti con finalità estetiche ma solo pratiche e funzionali, presentati come opere d’arte.
Si rompe così definitivamente il concetto che vuole l’opera d'arte risultato di una attività intellettuale e manuale consapevole, coltivata e ben finalizzata e da allora in poi varrà il concetto che opera d’arte può essere qualsiasi cosa ed implicitamente che nulla è arte, ma soprattutto si affermerà l'idea che l'arte non può separarsi dalla vita reale, deve confondersi con essa, mentre l'artista non si deve affermare per ciò che realizza manualmente, ma per l'idea che riesce a proporre con il solo scopo di colpire lo spettatore con uno stimolo allusivo che oltrepassa la pura visione ed arriva direttamente alla mente.
L'atteggiamento di rifiuto delle regole estetiche e razionali si associa anche al rifiuto della logica di mercato, che inserisce l’opera d'arte in un contesto produttivo attribuendole un valore venale: l’arte, puro fatto mentale ed estetico, non deve produrre valore, anzi lo deve negare, come avviene di fatto nel ready-made, dove l'oggetto ne è del tutto privo.

Dopo la rivoluzione nei materiali e nella visione operata da Duchamp con il ready-made, è tracciata una via determinante per i futuri sviluppi dell'arte moderna e contemporanea, che ne sarà influenzata fino ai periodi più recenti ( Pop Art).

(1) tratto da uno scritto di inviato da Tristan Tzara per essere letto pubblicamente il 5 febbraio 1920 durante una vivace conferenza sul movimento dada al Grand Palais des Champs Elysées, alla quale, secondo voci non confermate, avrebbe dovuto partecipare anche Charlie Chaplin, il che non avvenne. Tra i defezionari anche Picabia. Il testo si intitola 'Monsieur AA l'antiphilosophe' ed è comparso sul n. 13 della rivista 'Littérature' nel maggio seguente, ripreso poi in 'La Deuxième Aventure céleste de M. Antipyrine'.

*articolo aggiornato il 22 agosto 2012


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