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Il monocromo
di Vilma Torselli
pubblicato il 9/04/2007 |
Annullamento dell'opposizione
sfondo-figura e dell'antinomia immagine-astrazione nel monocromo,
campo neutro di discussione e di confronto per recuperare il
senso dei processi formativi della pittura. |
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Il monocromo è un tema che percorre trasversalmente
molte correnti del '900 e della pittura contemporanea, seppure
affrontato in termini diversi e con diverse intenzionalità.
Si può dire in generale che la soluzione monocromatica
realizzi un annullamento della opposizione sfondo-figura,
quest'ultima intesa come ciò che appare, ciò
che, nel monocromo, quasi mosso da una forza centrifuga, si
dilata fino a perdere la sua integrità segnica tendendo
ad una progressiva approssimazione ed identificazione con
lo sfondo, annullando ciò che convenzionalmente si
intende per attività pittorica.
La pittura diventa quindi non-pittura e la pura superficie
del supporto, liberata dai dettagli contingenti della raffigurazione
e dell'iconografia, diventa essa stessa compiuta pittura,
di semplicità assoluta, essenziale nella sua condizione
di elemento primordiale e indispensabile ad ogni discorso
artistico: la superficie diventa il prototipo di una nuova
categoria, la non-pittura, acquisendo una sua integrità
e specificità proprio dall'antinomia con la pittura,
l'assenza della pittura indica la presenza della non-pittura. |
Yves Klein
"Monocrome IKB 79" |
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Enrico Castellani
"Superficie bianca" |
La volontaria, totale rinuncia all'immagine e al segno si
concretizza nel monocromo, una pittura basica, di "grado
zero", dove il colore non è più in grado
di fornire tracce o connotazioni formali per la comprensione
e dove si combatte e si risolve il conflitto tra immagine
ed astrazione, tra opera e idea, tra visibile ed invisibile,
tra tangibile ed intangibile.
Si tratta di una soluzione espressiva più tipicamente
americana, celebre la tela tutta bianca di Robert Rauschenberg ispirata a 4'33" di John Cage e quella tutta nera dello
stesso autore, celebri le sperimentazioni cromatiche di Barnett
Newman, Mark Rothko e Ad Reinhardt, anche se significativi
precedenti si trovano nelle avanguardie europee, basti pensare
ai Monocromes di Yves Klein e al quadrato nero di Kazimir
Malevic, per citare gli esempi più noti.
In Italia, forse per l'esistenza di una forte tradizione storica
squisitamente figurativa, il monocromo difficilmente ha i
toni del radicalismo che lo caratterizza in America, tuttavia,
negli anni '50-'60, complice una diffusa tendenza verso uno
stile minimalista di importazione americana, questo stile
pittorico raggiunge significative affermazioni anche in Italia.
Sulla scia di varie esperienze europee, l'Informale, l'Astrattismo e lo Spazialismo di Lucio Fontana, parecchi artisti italiani
si confrontano con il tema del monocromo, spesso utilizzandolo
in chiave polemica, non fine a sè stesso ma come espressione
di contestazione con forte carica idealistica in un periodo
di grandi mutamenti, di rottura con la tradizione.
In questo contesto, in cui l'Astrattismo pare giunto al capolinea
delle sue sperimentazioni, lo scotto che la pittura deve pagare
per poter capire ed esprimere la sua concettualità
è quello di annullarsi per rinascere (come non-pittura).
La differenza tra ciò che il monocromo rappresenta
in America ed in Europa sta nella sua diversa strumentalizzazione
da parte degli artisti, si può dire, in un certo senso,
che quello che là è un fine, qui è un
mezzo, quello che là è un comportamento qui
è un atteggiamento.
Alighiero Boetti propone la tela trattata con un solo colore
come traccia dell'assoluto e utilizza il monocromo in complesse
installazioni ambientali, Lucio Fontana travalica il limite
della superficie monocromatica piana bidimensionale per aprire
l'opera allo spazio tridimensionale, Enrico Castellani movimenta
lo spazio bidimensionale della superficie creando sulla tela
rilievi ed avvallamenti secondo un preciso ritmo compositivo
in un sapiente gioco di luci e ombre che suggeriscono la terza
dimensione.
Piero Manzoni inventa i suoi Achrome stendendo sul supporto
impasti di gesso e caolino che lasciano inalterato il non-colore
della materia grezza, opere impersonali e auto-significanti,
Maurizio Cattelan ne fa il mezzo per prender in giro in modo
sarcastico i famosi tagli di Fontana squarciando la tela con
il segno di Zorro.
Concludendo si può dire che, soprattutto in Europa,
il monocromo è un mezzo di analisi dei fondamenti stessi
della pittura attraverso i suoi elementi formali più
essenziali, il colore e la materia, sui quali l'artista esercita
un controllo estremo, spesso con una programmatica negazione
di tutti i valori tradizionali in grado di decretare l'inevitabile
"unicità" dell'opera d'arte.
In un periodo di forte crisi morale e sociale, in cui l'arte
non può essere che autoreferenziale per una diffusa
mancanza di valori, il monocromo è l'unica soluzione
possibile, il punto estremo di una ricerca tesa al raggiungimento
di un campo neutro di discussione e di confronto per recuperare
il senso dei processi formativi della pittura.
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