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La natura morta
di Vilma Torselli
pubblicato il 10/04/2007
Nelle nature morte di Cezanne, la ricerca della geometria delle forme e delle nascoste regole compositive della natura.
Il termine "natura morta" coniato nel tardo Rinascimento, è presente con traduzioni sostanzialmente affini nel significato in molte lingue europee, per gli inglesi si dice "still-life" (vita ferma) , in Germania "stil leben", in Spagna "naturaliza muerta", per gli antichi greci le nature morte si definivano "xenia", letteralmente "doni ospitali", dal vocabolo xenos, ospite.
Sul piano concettuale, rappresentare una natura morta ha un significato fortemente innovativo, vuol dire passare dal primitivo rapporto dell'uomo con le cose viste secondo la funzione che l'uomo stesso ha loro convenzionalmente attribuito, subordinandole a sé in quanto oggetti inanimati, ad una considerazione delle cose di per sé stesse portatrici di significati e di valori estetici autonomi ed in un certo senso poste sullo stesso piano della figura umana.

In pittura la natura morta, composizione di elementi naturali inanimati, frutti, fiori, pesci, selvaggina o oggetti (libri, strumenti musicali, vasellame ecc.) è un tema piuttosto frequente lungo tutta la storia dell'arte anche italiana, che pure ha avuto da sempre una particolare predilezione per la figurazione, stante la radice umanistica della nostra cultura.
Tant'è che, a partire da Caravaggio e dal suo giovanile "Cesto con frutta" con la famosa mela bacata, o se vogliamo da una tavola del pittore veneziano Jacopo de' Barbari del 1504 raffigurante una pernice morta e un paio di guanti, la natura morta, la frutta in particolare, acquisisce una notevole presenza nell'arte figurativa, anche se il primato in questo tipo di rappresentazione spetta senz'altro alla pittura fiamminga, specie quella di Jan Bruegel, Pieter Claesz, Willem Kalf, per citare i più famosi autori di questo genere pittorico particolarmente consono all'atteggiamento analitico della cultura nordica.

Dopo il '500, si dedicarono alla natura morta molti pittori di tutte le epoche, Vincenzo Campi, Evaristo Baschenis, Diego Velázquez, Francisco Goya, Francisco Zurbarán, Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Gustave Courbet, Camille Corot, Edouard Manet, Vincent van Gogh e soprattutto Paul Cézanne, oltre a Picasso, Matisse, Braque, Juan Gris, de Chirico, De Pisis e Giorgio Morandi.

Seppure rappresentata in maniera dettagliatamente descrittiva, iperrealista ed attenta ad ogni minuto particolare, nella sua realtà sontuosamente decorativa od umilmente quotidiana, la frutta si carica nel tempo di significati simbolici, divenendo sintesi di vita e morte, di eternità e caducità, sinonimo di abbondanza, allegoria della transitorietà e corruttibilità della bellezza e della vita, temi che verranno rafforzati dall'accostamento con altri oggetti di valenza fortemente allusiva alla morte ed allo scorrere del tempo (il teschio, la candela, il libro ecc.).

La frutta autunnale, con la sua ridondanza di colori caldi e vivaci, con la morbidezza delle sue forme arrotondate suggerisce a Paul Cezanne (1839-1906) un gran numero di dipinti, nei quali va alla ricerca della geometria delle forme e delle nascoste regole compositive della natura, costruendo i suoi frutti con solida consistenza attraverso il colore (egli stesso dichiarava di “modulare" con il colore piuttosto di "modellare" con il chiaroscuro le sue nature morte, attuando un processo più vicino a quello naturale), con l'idea costante di ricondurre la realtà a tre forme geometriche fondamentali, cono, cilindro e sfera.

In molte celebri nature morte facenti parte di una serie di dipinti con frutta realizzati da Cezanne tra il 1888 ed il 1906, le mele e le arance, vivaci nuclei cromatici sulla tovaglia bianca o dentro bianche stoviglie, soggetti semplici ma non banali, sono disposte con meditata casualità, brocche e drappi di contorno si organizzano entro prospettive distorte con molteplici punti di vista, candide tovaglie si dispiegano in linee irregolari disordinatamente spezzate, tappeti dal compilcato decoro arricchiscono l'accordo cromatico principale: entro uno spazio matematicamente definito, il tutto vive in una dimensione non naturalistica in cui forme, linee e segni intrecciano un dialogo stretto seguendo ritmi irregolari che dinamizzano lo spazio, in grande libertà compositiva eppure scanditi da un intrinseco ordine geometrico che la pittura disvela.

La frutta delle nostre tavole può dunque essere cibo anche per la vista e per la mente, quando "il processo mimetico della pittura transiti verso nuove modalità di acquisizione del reale, privilegiando una lettura del mondo che ponga evidenziatura a cose, fossero pure delle mele, appena ‘assaporate’ dai sensi, ma subito fatte oggetto di analisi e di ‘cognitiva digestione’ da parte dell’intelletto." (Giuseppe Falanga)

link:
Claudio Bravo, "Naturaleza morta"
Le Corbusier, "La bouteille de vin orange"
Alik Cavaliere, "Tronco con frutta"
Georgia O'Keeffe, "Iris nero"


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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