Protagonista della pittura di tutti i tempi,
alla quale era demandato il compito di costruire una testimonianza
verosimigliante e durevole della realtà, è la
figura umana, che raggiunge il massimo della personalizzazione
nel ritratto: le cose, gli oggetti, i complementi della quotidianità
non rivestivano importanza alcuna, risolvendo nella loro utilità
funzionale tutto il loro significato.
Nel secondo cinquecento, tuttavia, si scopre il lato edonistico
dell'oggetto, di cui si comincia ad apprezzare la preziosità,
la bellezza o semplicemente la stranezza e si diffonde in tutta
Europa, presso le classi sociali più abbienti, la moda
della Wunderkammer, la "stanza delle meraviglie",
il luogo in cui il collezionista racchiude e custodisce oggetti
curiosi, ornamentali o artistici, che suscitano sorpresa, ammirazione,
stupore.
La pittura fiamminga, specie quella di Jan Bruegel, Pieter
Claesz, Willem Kalf, estremamente analitica ed attenta al
dettaglio, realistica e di grande precisione ottica, per
prima introduce nella composizione pittorica gli oggetti
del quotidiano, sia di proprietà del soggetto rappresentato
sia da soli, inseriti quali unici protagonisti nei celebri
interni, dando l'avvio, in pieno '600, alla tematica della
natura morta.
L'oggetto, da sempre, rappresenta uno status simbol molto
indicativo della posizione socio economica del soggetto, legato
all'appartenenza di classe, ed è al tempo stesso un
modo indiretto molto efficace per definirne le caratteristiche
psicologiche potendo facilmente assumere un significato simbolico:
per questi motivi esso è divenuto, lungo il corso della
storia dell'arte, sempre più indispensabile al linguaggio
pittorico e visivo in genere, sia come integrazione dell'immagine umana, sia
di per sè stesso, in questo caso caricandosi di significati
metafisici.
E' il caso di un celebre dipinto di Van Gogh,
una natura morta con Bibbia (1885), dove la Bibbia è
per Vincent il simbolo della figura paterna, del padre severo
ed estraneo che ha cercato di imporgli un'educazione religiosa:
alla presenza di una candela spenta, oggetto di solito connesso
al concetto di spiritualità, la Bibbia viene accostata
ad un altro libro di esplicito significato simbolico, "La
joie de vivre" di Emile Zola, inviso al padre per i suoi
contenuti apertamente laici, moderni e naturalisti, simboleggiando
così il conflitto umano tra padre e figlio.
Le avanguardie del '900 abbattono definitivamente ogni riserva
nei confronti della realtà inanimata e l'oggetto diviene
soggetto attivo nella poetica del Dadaismo e nel ready-made di Marcel Duchamp che, spingendo alle estreme conseguenze
il concetto dell'intrinseca significatività degli oggetti,
propone l'oggetto d'uso comune quale opera d'arte in sé
già compiuta, senza bisogno dell'elaborazione dell'artista.
Parola chiave dell'operazione che trasforma in opere d'arte
oggetti reali e quotidiani "già pronti all'uso",
di netta antiesteticità, non prodotti con finalità
estetiche ma solo pratiche e funzionali (l'orinatoio, la
ruota di bicicletta rovesciata, l'attacapanni, lo scolabottiglie ecc.) è decontestualizzazione: opera darte può
essere qualsiasi cosa, nulla è arte, ma tutto può
esserlo, perchè al mutare del contesto muta il significato
dell'oggetto.
Il Surrealismo affida all'oggetto inanimato la capacità
di cogliere il mistero celato nel mondo fenomenico, al di
là dell'apparenza materiale delle cose, come fa Giorgio
De Chirico, pittore della metafisica e anticipatore del Surrealismo
storico, rapportandosi ad una realtà oltre il mondo
sensibile, nella quale è racchiuso il mistero dell'esistenza:
come anche fa Carlo Carrà, influenzato da De Chirico
e Savinio, con la sua "poetica delle cose ordinarie"
: come fa Giorgio Morandi, che costruisce con superfici piatte
bidimensionali gli oggetti dei suoi dipinti, gruppi di bottiglie,
vasi, brocche, contenitori di ogni tipo, semplici ed umili,
in dialogo reciproco tra loro, compostamente assemblati in
una realtà impossibile se non a livello metafisico.
Negli anno '60, la Pop Art, rileggendo il Dadaismo alla luce
del fenomeno del consumismo e della manipolazione massmediatica
compiuta dalla pubblicità, conduce la sua ricerca sulle
possibilità espressive dell'oggetto antiartistico per
eccellenza, l'oggetto di consumo, prodotto in serie, creato
dall'industria, esposto nei supermarket, elevando al rango
di opera d'arte le cose e le situazioni della quotidianità,
soprattutto americana.
L'iperrealismo ricuce, in un certo senso, la frattura operata
dalla Pop Art, della quale accantona la carica satirica e
demistificatoria, e recupera in chiave chiaramente revisionista
il concetto dell'oggetto di comprensione immediata e di estrema
piacevolezza formale, nell'ambito di una pittura del trompe
l'oeil che sfrutta a fini estetici l'illusoria identificazione
tra ciò che è dipinto e ciò che è
reale.
In tutta l'arte moderna l'oggetto messo in posa, analizzato
nella sua interiorità formale, nella sua essenza geometrica
(basti ricordare Cezanne e tutta la corrente cubista), posizionato
nello spazio, con le sue peculiari attribuzioni di volume,
forma, tonalità, è diventato testimone muto
ed immutabile dei valori del mondo sensibile indagato con
analitico realismo, di veridicità al limite del paradossale,
come nell'iperrealismo descrittivo di assoluta perfezione
di Claudio Bravo, che lo utilizza come tramite per esplorare
la dimensione metafisica del reale, o come nei giganteschi
dettagli di Domenico Gnoli, particolari di oggetti comuni
su scala macro che dalla disumana dimensione derivano la
loro valenza magica e simbolica.
Se le cose, come è credenza comune, non hanno un'anima,
prerogativa che già Aristotele attribuiva esclusivamente
ai viventi, è purtuttavia vero che sono capaci di
riflettere quella dell'uomo, assumendosi un ruolo proiettivo grazie al quale la semplice funzione percettiva può
essere determinante per l'individuazione delle caratteristiche
psichiche dell'artista e per la decifrazione del messaggio
che attraverso l'arte egli ci invia.
link:
L'anima delle case
Oggetti ritratti
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