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La decontestualizzazione
di Vilma Torselli
pubblicato il 9/04/2007
L'estrazione dal contesto, mezzo per una lettura inedita dell'oggetto d'uso comune.
Decontestualizzazione significa letteralmente "estrazione dal proprio contesto", intendendo per contesto la fitta rete di relazioni che collegano ogni individuo alle svariate forme dell'attività culturale, civile e sociale del tempo in cui vive.

Storicamente, la prima decontestualizzazione che ha inciso macroscopicamente sul destino dell'uomo si è verificata con la nascita della scrittura, della grafia corrispondente ad un alfabeto fonetico (il primo fu inventato dai Fenici 1500 anni a.C.) che decontestualizzò il linguaggio, fino ad allora base della tradizione orale in un contesto culturale in cui all'oralità del messaggio era affidata la trasmissione della comunicazione. Ciò permise di attribuire al messaggio decontestualizzato una vita autonoma, sottraendolo al contesto culturale dell'autore, conferendogli un carattere universale al di là delle limitazioni spazio-temporali e rendendolo comprensibile anche a chi non appartenesse al contesto culturale di origine.

La pratica della decontestualizzazione è abbondantemente presente nei movimenti artistici moderni come un vero e proprio meccanismo "poetico", essenziale alla costruzione dell'opera d'arte, che permette di estrapolare dal suo contesto un oggetto, snaturandolo e svuotandolo così del suo significato comune e conferendogli funzioni diverse ed incongrue. Talvolta all'operazione di estrapolazione e decontestualizzazione segue un riassemblaggio secondo una logica che risponde a precise esigenze creative, comunque l'intento di questo tipo di procedura è sempre quello di mettere l'osservatore nelle condizioni di valutare la realtà secondo un nuovo punto di vista, secondo una inusuale chiave di lettura, inducendolo a guardare con "nuovi occhi" anzichè cercare nuove vie.

Il Dadaismo, attraverso l'opera sovvertitrice di Marcel Duchamp, è il primo movimento che decontestualizza un oggetto d'uso comune (l'orinatoio, la ruota di bicicletta, lo scolabottiglie ecc.) estrapolandolo dal suo contesto, snaturandolo nella sua funzionalità, collocandolo in uno spazio non abituale, quello espositivo della galleria, e facendo di questa operazione la genesi di un'opera d'arte.
New Dada e Pop Art riprendono tale e quale la procedura di Duchamp, seppure con intenzionalità diverse, in coerenza con le diversità culturali e sociali tra Europa ed America: Andy Warhol decontestualizza lattine di Campbell's Soup o bottiglie di Coca Cola, Robert Rauschenberg nel suo "Monogram" costruisce la composizione attorno a una capra imbalsamata, punto focale insolito ed assolutamente incongruo frutto di una decontestualizzazione estrema in una composizione che provoca nello spettatore un vero e proprio straniamento, oltre che, nella fattispecie, un brivido di disgusto.
L'effetto ricercato è raggiunto.



Robert Rauschenberg, "Monogram"

In anni recenti, i 50/60, altri movimenti come l'Arte comportamentale, il Concettuale, l'Happening che mirano ad identificare l’arte con la vita, riprendono forme di decontestualizzazione e trasformazione del senso comune: Fluxus, movimento culturale d'arte totale allargata oltre l'arte visiva vera e propria, sviluppatosi in America e in Europa soprattutto grazie all'attività di John Cage, ricerca un rinnovamento linguistico attraverso il sovvertimento di ogni linguaggio predefinito, con un uso diverso dei mezzi espressivi ufficiali dell'arte e con il ricorso all'esperienza artistica alternativa e liberatoria, incurante dei limiti dei singoli contesti specifici per ogni forma d'arte.

In generale, si può dire che l'arte moderna utilizzi la decontestualizzazione per affermare l’autonomia dell'oggetto considerato in sè, come 'asseità', slegato dai condizionamenti e dai significati aprioristici e perciò reso irriconoscibile ed universale: sotto questo punto di vista, decontestualizzazione è anche una ricerca di assoluto.

* articolo aggiornato il 20/08/2014


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