"....... Une surface plane recouverte de
couleurs en un certain ordre assemblées......" (Maurice
Denis)
"Nabis" in ebraico significa "profeta",
un termine che sottintende una scelta quanto mai emblematica
da parte della piccola assemblea di artisti, allievi dell'Accademia
Jullian, che, nel 1888, fonda il gruppo dei Nabis, di cui
Maurice Denis diviene il principale teorico: sono Henri Gabriel
Ibels, Pierre Bonnard, Maurice Denis, Paul Ranson, Paul Sérusier,
cui si uniscono in seguito Cazalis, Vuillard, Ker Xavier Roussel,
Maillol, Félix Vallotton, svizzero, Jan Verkade, olandese
e lo scultore Georges Lacombe. Il movimento, che esordisce
nel 1889 con un'esposizione al café Volpini ed organizza
la sua prima mostra ufficiale nel 1892, si scioglierà
con l'ultima del 1899.
Come la scelta della denominazione fa intuire, i Nabis sono
interessati ed affascinati dal mistero, dall'esoterismo e
dall'occultismo, dai risvolti magici della realtà,
sotto l'influenza della poetica di Paul Gauguin, la cui opera,
a ragione o a torto, viene da loro collocata entro un filone
di questo tipo, tanto che Paul Sérusier esegue un paesaggio
che intitola "Le Talisman" sulla suggestione di
alcune frasi, probabilmente casuali, pronunciate da Gauguin
("Cet arbre, vous le voyez vert ? Mettez donc le plus
beau vert de votre palette. Et cette ombre plutôt bleue
? Peignez-la aussi bleue que possible") che denunciano
un nuovo modo di concepire la pittura, opposto al sostanziale
naturalismo dell'Impressionismo ottocentesco.
Quella dei Nabis è una posizione oppositiva, antinaturalistica ed antirealista comune a molti movimenti contemporanei, basti
pensare al Fauvisme, da cui derivano la forza cromatica,
al Simbolismo che li influenza per un disinteresse verso la
narrazione ed un interesse per il significato puramente segnico
della composizione, ed al più famoso Espressionismo,
la pittura antinaturalistica per eccellenza che già
con Edward Munch lancia un suo potente messaggio in chiave
simbolista di marcata e drammatica evidenza, di cromatismo
intenso e violento, assolutamente antinaturalistico.
Il tratto più originale dei Nabis risiede probabilmente
nell'elaborazione del colore usato puro, steso in ampie campiture
piatte su superfici omogenee, denunciando in ciò l'influenza
delle stampe giapponesi, che giungono in Europa grazie alla
diffusione dei sistemi riproduttivi tipografici (che permisero
ai Nabis di produrre anche stampe, manifesti, illustrazioni
per libri, disegni per tessuti): la grafica giapponese eserciterà
una grande influenza sulla cultura occidentale a seguire,
affascinata dalla purezza delle linee, dalla raffinezza degli
accostamenti cromatici, dalla elegante definizione della forma
piatta e bidimensionale di straordinaria leggerezza.
Non è estranea, nel caso dei Nabis, anche una certa
suggestione della pittura della Roma antica, per una comune
tendenza alla stilizzazione che riduce la forma ad una sagoma
piatta stagliata sullo sfondo.
Date queste premesse, le opere nabis si presentano astratte
dal contesto reale così come da ogni pretesa di indagine
interiore, in uno spazio senza profondità e senza prospettiva
dove prevale un linearismo grafico pulito e talvolta marcatamente
decorativistico: proprio questa tendenza crea in seno al gruppo
qualche dissapore, tanto che col tempo si possono individuare
al suo interno due tendenze, i Nabis "spirituali"
(Denis, Verkade, Ballin) e i Nabis "decoratori"
(Bonnard, Roussel, Vuillard), senza che tuttavia vengano evidenziate
differenze sostanziali.
Un altro elemento di interesse dei Nabis è la loro
attività in campi tradizionalmente giudicati non strettamente
artistici, l'arredo ed il disegno di mobili, di oggetti in
vetro, di oggetti d'uso comune, di tappezzerie, manifesti
e decori, con chiara ispirazione liberty.
I Nabis, coerenti con il loro tempo, non hanno certo cambiato
il corso della storia dell'arte, rappresentando una sintesi
di istanze e pulsioni che già erano nell'aria, ma hanno
tuttavia il merito di aver messo in evidenza singole personalità
artistiche di talento quali ad esempio Pierre Bonnard, che
interpreta la realtà nella raffinata tessitura di una
trasposizione pittorica basata sulla varietà cromatica,
sulla vivacità della grafica e sulla libertà
prospettica, una presenza innovativa nella pittura dello scorso
secolo.
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