Il termine "Macchiaioli" (coniato in
occasione di una collettiva nel 1861) con un'origine analoga
a quello di "Impressionismo", entrambi usati in tono
dispregiativo e derisorio o quantomeno dubitativo, deriva da
"macchia", a sua volta designante quella particolare
accentuazione dei valori chiaroscurali attraverso la quale la
luce assume un fondamentale valore strutturale nella definizione
della forma: curioso lo strattagemma a cui i Macchiaioli
facevano ricorso, di importazione francese, la riflessione dell'immagine
in uno specchio nero per mortificare e "tagliare"
i mezzi toni del colore ed esaltare il contrasto chiaroscurale.
Il movimento, che si manterrà unito fino verso il 1876,
sorge in circostanze analoghe a quelle nelle quali matureranno
poi molti movimenti avanguardisti del '900. Collocandosi però
alla metà dell' '800, esso costituisce un evento fortemente
anticipatore: seppure interessando un ambito territoriale,
la Toscana, circoscritto e limitato, questo movimento tiene in incubazione i germi di quello
spirito ribelle ed innovativo dal quale in pochi decenni scaturirà
il generale rinnovamento del linguaggio dell'arte europea.
Domenico Morelli e Saverio Altamura, seppure non toscani
ma napoletani, sono tra i primi ad attizzare la scintilla
del movimento, che in breve coinvolge Serafino De Tivoli,
Vincenzo Cabianca, Cristiano Banti, Nino Costa, Vito d'Ancona,
Odoardo Borrani, Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi, "l'impressionista veneziano" Federico
Zandomeneghi, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Giovanni
Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, tutti frequentatori
di quel Caffè Michelangelo in via Larga che fungeva
da punto di ritrovo dove si scambiavano idee ed imbastivano
interessanti dibattiti gli artisti allievi della vicina accademia.
I critici Diego Martelli ed Adriano Cecioni, quest'ultimo
anche valido scultore, diventano i teorici del movimento e
Martelli, legato da amicizia con molti del gruppo, li ospita
addiritura nella sua tenuta di Castiglioncello.
I Macchiaioli sono una generazione di giovani artisti inquieti
aperti al confronto con l'Europa, consci del disagio di una
situazione socio-politica apparentemente in evoluzione, sulla
scia degli entusiasmi risorgimentali, ma che, vista da vicino,
con occhi disincantati, nei campi della maremma dei banditi
e della malaria, tra le povere case dei contadini toscani
sfruttati dal sistema della mezzadria, ha risvolti disumani
e suscita solo delusione e rabbia.
Assetati di cambiamento e di verità, si oppongono
allo stile accademico, al Romanticismo divenuto sterile formalismo,
agli stereotipi, all'eroismo retorico, al mito, alle false
celebrazioni, per andare alla ricerca della vita vera, della
natura, degli umili, degli spazi rurali, della laboriosa quotidianità:
sono valori universali che i Macchaioli rappresentano non
tanto in chiave di denuncia sociale quanto di documentarismo
realistico, pur non mancando il risvolto morale di una implicita
critica alla concezione formalista e didascalica non solo
dell'arte, tipica della cultura della Restaurazione post-napoleonica.
Coerentemente alla non convenzionalità dei temi e
dei contenuti, anche lo stile, netto e stringato, si depura
drasticamente da preziosismi accademici, ricercando una resa
atmosferica a macchie di colori intrisi di luce, mentre l'importanza
del disegno decade a favore di uno studiato rapporto cromatico
che costruisce forme semplificate, dai particolari elementari,
attraverso il contrasto di luce ed ombra, col tipico effetto-macchia
per il quale la forma è creata dalla luce che la colpisce
permettendo all'occhio, che la riceve di rimando, di percepirla
(in seguito l'Impressionismo francese approfondirà
più scientificamente la teoria della luce e della sua
azione sull'occhio umano).
La macchia è quindi l'elemento nuovo di
un linguaggio che privilegia i contrasti luministici aggressivi,
colti nel pieno della potente luminosità mediterranea,
esauriti in pochi ed abbaglianti colpi di luce, efficace espediente
emotivo che colpisce e coinvolge losservatore prima
ancora del contenuto del soggetto o delle proprietà
"narrative" della composizione.
L'umiltà dei temi non vuol dire rozzezza o sommarietà
compositiva, giacché i Macchiaioli scandiscono le loro
composizioni entro una struttura prospettica di ispirazione
rinascimentale che testimonia la loro appartenenza alla terra
di Giotto, di Masaccio, di Piero della Francesca, del beato
Angelico e ricuce una continuità culturale che è
irrinunciabile eredità di chi ha l'avventura di nascere
in Toscana.
La diffusione del movimento dei Macchiaioli è sostanzialmente
provincialista o comunque prevalentemente nazionale, il che
non si verificherà invece per l'Impressionismo francese,
movimento di portata storica ben più rilevante, che
tuttavia ha con i Macchiaioli innegabili legami e numerose
analogie, ma che ha avuto il vantaggio di svilupparsi in un
clima più aperto ai contributi culturali esterni e
più adatto ad una diffusione oltre i confini geografici
dei suoi luoghi di nascita.
Al di là del significato intrinseco, l'importanza
del movimento dei Macchaioli sta quindi anche nell'aver in
parte anticipato l'Impressionismo nelle tematiche fondamentali,
quali il lavoro en plain air, per entrambi i movimenti derivato
dai pittori della scuola di Barbizon, la ricerca sulla luce,
le sperimentazioni cromatiche, il naturalismo che traduce
nel colore le impressioni del reale, la rottura dei rigidi
schemi della pittura da studio, l'eliminazione dei limiti
imposti dallo studio grafico e dalla linea, l'attenzione verso
la quotidianità ed il lavoro rurale, tutti elementi
che l'Impressionismo porterà a conseguenze estreme
nel suo "linguaggio dellimpressione", nella
dissoluzione della forma, nella fluida dissolvenza del colore.
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