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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.

Domenico Gnoli, "Il ricciolo"
di Vilma Torselli
pubblicato il 14/05/2007
Il pop italiano di un artista dalla tecnica accurata, ad esprimere una intensa percezione della realtà di oggetti-simbolo ingranditi in una spaesante dilatazione dimensionale.
Domenico Gnoli (1933-1970), figlio di uno studioso di storia dell'arte e di una ceramista, cresciuto in un raffinato clima culturale, con ottime conoscenze dell'arte classica grazie all'insegnamento del padre, enfant prodige che a soli diciassette anni allestisce la sua prima mostra, è pittore, illustratore, scenografo, disegnatore, grafico dalla tecnica accurata e perfezionata alla quale la straordinaria padronanza del colore e la levigata finitura del tratto, visivamente vicino all'affresco, conferiscono una raffinatezza rara nella pittura degli anni '60, entro i quali egli operò nella sua maturità artistica: presto conclusa, purtroppo, perché Gnoli muore giovanissimo a New York nel '70, pur essendo riuscito a manifestarsi, nel breve arco della sua vita, come un grande pittore di sapientissimo mestiere, inarrivabile in soluzioni tecniche difficili e ricercate.

Artista pop per l'attenzione all'oggetto comune, con richiami al Nouveau Réalisme nell'interesse al frammento, ai resti della realtà, classico nel ricordo della tradizione coloristica italiana dovuta soprattutto all'educazione paterna (Edward Lucie-Smith lo collega direttamente al Morandi delle celebri nature morte), Gnoli sviluppa un suo personalissimo linguaggio privo di riscontri analoghi nelle esperienze contemporane.
Nascono così le sue riproduzioni su scala macro di oggetti comuni, di dettagli ingigantiti, come in questo "Il ricciolo", 1968, acrilico su tela, di particolari ingranditi di arredi e vestiari, di tessuti, cravatte, abiti, coperte, biancheria, dove la trama della tessitura, grazie ad una tecnica raffinata e mai appariscente, si impone per una grande intensità espressiva: scrive Vittorio Sgarbi: "Ingualcibili come idee platoniche, i letti dipinti da Domenico Gnoli (1933-1970), considerato un maestro della Pop Art, sublimano cuscini, coperte e giacigli." ("I Letti Insonni di Domenico Gnoli", Vittorio Sgarbi, Giovanni Mariotti  in FMR, nº 3, Milano, 1982).
Come è evidente nel quadro presentato, dove il simbolo prende il ruolo del personaggio, il soggetto comunica una percezione intensa (Giorgio Cortenova, critico d'arte, direttore di Palazzo Forti, la definisce una "visione oppressiva") delle cose comuni e dell'esistenza quotidiana, che nell'accentuazione illusionistica dell'immagine, nella sua spaesante dilatazione caratteristicamente pop, trasforma l'opera in una metafora della vita appassionata e controllata insieme.

Avvicinato anche all'Iperrealismo di matrice americana, forse con insufficienti motivazioni, giudicato da alcuni osservatori piuttosto freddo, probabilmente per una lettura parziale della sua opera, Gnoli si distacca nettamente dalla poetica pop soprattutto per la sua "presenza" nell'opera (quando la pop art si caratterizza invece per l'assenza sia del'artista che delle sue emozioni) e per l'utilizzo di un linguaggio proprio, peculiare, intensamente ed attivamente immaginativo, che travalica ogni falso problema di stile, che esprime idee personali senza limiti mentali e senza condizionamenti esterni: da ciò scaturisce la magia dei suoi oggetti-simbolo collocati in dimensioni interiori, feticci surreali sospesi in una realtà metafisica dove anche le cose hanno un'anima.


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