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Victor Vasarely, "Vega-Nor"
di Vilma Torselli
pubblicato il 15/05/2007

Astrattismo saldamente collegato alla scienza e geometria pura in composizioni dalla precisa impaginazione costruttiva tridimensionale di impostazione quasi architettonica, nelle quali la terza dimensione è il movimento.

Nel vasto ambito dell'Arte cinetica e della Op Art, l'ungherese naturalizzato francese Victor Vasarely (1906-1997) occupa un ruolo dominante: studente alla Bauhaus di Budapest, fortemente segnato dallo spirito di quella scuola, Vasarely sviluppa un linguaggio del più tipico astrattismo, scevro da ogni lirismo fantastico e saldamente collegato alla scienza, intesa come geometria pura, in composizioni dalla precisa impaginazione costruttiva di impostazione quasi architettonica nella loro aspirazione alla tridimensionalità, nelle quali la terza dimensione è rappresentata dal movimento.
Convinto, nella scia del radicalismo costruttivista russo, della possibilità di un'arte ad accesso globale (".... la fine di un'arte personale per una elite sofisticata e' vicina..... L'arte del domani sara' un tesoro comune collettivo o non sara' affatto arte"), in una società meccanizzata in cui la conoscenza allargata dell'opera è resa possibile dalla sua moltiplicazione, Vasarely sostituisce il concetto di unicità dell'opera, ormai superato ed obsoleto, con quello della dinamicità, in grado di rendere ogni quadro diverso dagli altri e costituire il tocco personale dell'artista, che l'uso della macchina riproduttrice inevitabilmente cancella.

Come si nota in questo "Vega-Nor", 1969, un olio su tela di 78 3/4 x 78 3/4" inches, eccellente esempio di opera op, Vasarely utilizza con grande maestria il linguaggio tridimensionale, contrapponendo nella stessa immagine diversi sistemi prospettici secondo una sua personale ricerca sulle proprietà scientifiche del colore e della linea, volta alla creazione di immagini virtuali ambigue in grado di alterare il comune senso ottico-percettivo dell'osservatore, pur entro gli schemi di una costruzione geometrica rigorosa ed esatta: le premesse da cui parte Vasarely sono infatti di ordine scientifico e dogmatico, finalizzate all'affermazione della possibilità che, inducendo nell'osservatore opportuni stimoli ottici con risultati percettivi del tutto personali e soggettivi, il risultato ultimo inganni in qualche modo la scienza.
Questa via è stata percorsa, seppure in termini di assai maggior rigore scientifico e profondità matematica, da Maurits Cornelis Escher, straordinario creatore di realtà impossibili.

Definiti da un reticolo di linee opportunamente deformate, i riquadri centrali, di dimensioni maggiori, sono contornati di colori caldi, sui toni del giallo-arancio, che accentuano un movimento di avvicinamento all'osservatore, mentre i riquadri laterali si fanno via via più piccoli e di forma regolare, con un colore di riempimento omogeneo e contorni sempre più scuri, producendo l'effetto di uno spazio che retrocede e si appiattisce verso il fondo: giocata sul contrasto tra la rigorosità della forma e la mutevolezza del colore, sulla ripetitività del segno che realizza attraverso una "struttura di ripetizione" un meta-segno percepito nella sua globalità gestaltica generata da un'illusione ottica che ha bisogno della partecipazione attiva dell'osservatore percipiente, una precisa figura sferica emerge dalla superfice piana, divenuta elemento dinamico, ed avanza nello spazio, espandendosi.

Come afferma Vasarely, la sua è un' "arte per tutti", non c'è alcuna recondita intenzione psicologica, non serve alcun commento, non c'è alcun simbolismo da decifrare, non c'è bisogno di alcun background culturale per capire, ognuno può trovare un suo significato, tutti possono comprendere, secondo il concetto di arte sociale e democratica, "cinetica, multi-dimensionale e comunitaria", per citare le sue stesse parole, basta abbandonarsi all'inganno visivo e lasciarsi guidare dall'illusione entro uno spazio magico, puramente ottico, in cui la ricezione dell'immagine si trasforma in atto mentale attivo e creativo.


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