James Rosenquist (1933-2017), scomparso a New York all'età di 83 anni, fu uno dei padri
storici della Pop Art, anche lui, come Warhol, Oldenburg, Johns,
con alle spalle studi di disegno all’Art Student’s League di New York e poi una lunga esperienza nel campo della pubblicità e
dell'illustrazione commerciale. La sua prima opera importante
è infatti un grande cartellone pubblicitario alto 2 metri,
raffigurante due bimbi che bevono Coca Cola.
Il suo primo dipinto realizzato invece in studio per fini specificatamente artistici,
"Zone", del 1960, anticipa quello che sarà
poi il suo inconfondibile stile ad inserti di immagini diverse
e in genere difficilmente relazionabili, dettagli di oggetti
o di automobili, di volti più o meno noti, di prodotti
da supermercato, combinati sulla tela che risulta fittamente
ricoperta da porzioni di immagini di quelli che sembrano tanti
cartelloni pubblicitari sovrapposti, dove l'uso casuale di un
effetto fuorifuoco di alcune sequenze accentua il senso di irrealtà.
Sarà il turbolento clima politico dei primi anni '60 a spostare
la sua attenzione verso temi più impegnati, la storia contemporanea, la società americana, la guerra del Vietnam, il consumismo, i media, senza tuttavia mai tradire la cifra stilistica che lo caratterizzerà sino alla fine del suo iter artistico.
Edonisticamente vivace, policroma, piena di forme, colori,
spunti tematici, la pittura di Rosenquist non ha un punto
focale attorno al quale svilupparsi, un elemento prevalente
che ne determini l'andamento compositivo, è una pittura
totalizzante sulla quale l'occhio si muove indifferentamente
in tutte le direzioni, seguendo una traccia che può
cambiare molte volte il suo punto di partenza: così
avviene nel quadro presentato, "Nomad", 1963, olio su tela, plastica, legno
di 141x90 cm, dal titolo estremamente indicativo,
dove 'nomade' è anche l'osservatore, spinto a 'viaggiare'
tra i segni alla ricerca, talvolta difficoltosa, di significati.
Infatti non tutti gli oggetti sono identificabili, proposti
in dettagi esasperati nella prospettiva, costruiti secondo
scale dimensionali diverse tra loro, alcuni sproporzionatamente
grandi, altri rimpiccioliti in un curioso effetto di allontanamento,
a scindere le normali relazioni tra le proporzioni e produrre
un senso di spaesamento.
Il dipinto, con l'enorme lampadina, il campo d'erba, gli
spaghetti di sfondo, la ballerina, gli archi colorati del
logo di una nota marca di detersivo, il tavolo da picnic, risulta essere un agglomerato di oggetti disparati che non
hanno alcun nesso l'uno con l'altro, ritratto simbolico di
una società dei consumi che tutto mischia ed omologa,
ciò che maggiormente intriga è il surreale gioco
degli accostamenti, lo scorrere dell'occhio da un oggetto
all'altro senza la garanzia di poter cogliere nell'insieme
un senso compiuto.
Questa caratteristica fa di Rosenquist un artista pop molto
originale, che elabora secondo una sua personale ottica percettiva
l'oggetto di consumo, conferendo un preciso valore aggiunto
all'opera di decontestualizzazione attuata dagli altri pop-artisti
proprio "entrando" nel quadro in modo assai più
soggettivo.
Egli dichiara, in una lunga intervista rilasciata a Jeanne
Siegel nel 1972, di essere interessato soprattutto al colore
ed alla linea, l'oggetto è per lui secondario, semplice
mezzo per un'indagine squisitamente formale, pretesto e non
fine dell'opera, è per questo che un grande pomodoro,
così dichiara, al di là del suo significato
reale, può essere il mezzo più idoneo per esprimere
il colore rosso: Rosenquist fornisce in tal modo la giusta
chiave di lettura del suo stile così frammentario,
nel quale ogni frammento esprime in sè un'esigenza
precisa e compiuta, nel più completo disinteresse per
la logica assemblativa della composizione generale.
La sua attenzione si centra preferibilmente su alcuni temi
ricorrenti, presenti anche in questo quadro, le auto, parti
del corpo (soprattutto le mani), il cibo, è sempre
lui a dichiararlo, per l'importante significato simbolico
che attribuisce a questi temi: le mani sono infatti il simbolo
dell'offerta, le auto della libertà (sono le auto che
gli hanno permesso di percorrere il Midwest nella sua vita
nomade), mentre il cibo è, per eccellenza, simbolo
della vita, in senso sia metaforico che reale, raffigurato
tante volte ed in molti modi durante la sua attività
di esecutore di cartelloni pubblicitari.
Con scelta mirata, Rosenquist opta per esprimersi attraverso
oggetti banali e ben riconoscibili dalla gente comune con
l'intento di comunicare attraverso di essi un messaggio che
non possa essere frainteso, e questa elaborazione concettuale
non tanto degli oggetti quanto delle loro interelazioni, o
non-interelazioni, rende la sua pittura profondamente diversa
da quella fredda ed impersonale di tanti altri artisti pop.
link:
Arte e pubblicità
L'illustrazione
* articolo aggiornato il 4/04/2017
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