Keith Haring (1958 - 1990), è, con Jean
Michel Basquiat, uno dei protagonisti mondiali del graffitismo
metropolitano di area pop: affermatosi grazie alla protezione
di Andy Warhol, amico e maestro, fu artista dalla caratteristica
impronta di genio sregolato, utopisticamente in lotta per la
difesa della libertà e della dignità di emarginati,
omosessuali, negri, caratterialmente solitario eppure capace
di un linguaggio fortemente comunicativo e coinvolgente, nel
più puro spirito dell'arte da strada e del muralismo.
"Un giorno, viaggiando in metropolitana, ho visto un
pannello nero vuoto dove doveva andare un messaggio pubblicitario.
Ho capito subito che quello era lo spazio più appropriato
per disegnare. Sono risalito in strada fino ad una cartoleria
ed ho comprato una confezione di gessetti bianchi, sono tornato
in metropolitana ed ho fatto un disegno su quel pannello....."
, così scrive Haring, che da allora, partito dalle stazioni
della metropolitana di New York, non smise più di intervenire
con il suo elaborato grafismo così personale sulle più
varie superfici.
Artista visionario che ha vissuto in fretta e concitatamente
una vita intensa durante la quale, in un solo decennio, ha
freneticamente prodotto un vastissimo repertorio, Haring si
esprime con un segno inconfondibile che compare immodificato
in ogni circostanza, nelle opere murali di grande respiro
ambientalistico, nei wall drawing, nelle tele di grande
formato, persino sulle t-shirt, con risultati che perdono
in raffinatezza e sottigliezza ciò che guadagnano in
immediatezza e riconoscibilità.
A riassumere la sua poetica ingenua e complicata insieme,
quasi presago di una morte imminente, nelle ultime opere Haring
dichiara di voler raffigurare "tutto quello che riguarda
l'umanità", lasciando una sintesi poetica
del suo passaggio su questa terra in un messaggio universale
di pace e fratellanza, perchè "l'arte deve
poter essere per tutti e dappertutto."
Chiaramente figurativo ed al tempo stesso astrattamente calligrafico,
il linguaggio segnico aggressivo eppure ingenuamente infantile
di Keith Haring costruisce forme elementari di un personale
universo popolato di personaggi intuitivamente reali, uomini
ed animali stilizzati fittamente intercalati a segni astratti
e simbolici: in un affollato horror vacui, il racconto viene
così declinato secondo il vocabolario semplice di un
uomo-bambino che racconta favole amare e violente senza perdere
la fondamentale fiducia nelle possibilità di riscatto
dal male, dal degrado e dall'emarginazione.
Come in questo "Tuttomondo", del 1989 (l'anno precedente
la prematura morte dell'artista), un grande murale di 200
mq eseguito a Pisa, Haring traccia i contorni delle figure
con uno spesso segno nero, definito e continuo, delineando
con accurata precisione le forme, intervenendo poi con campiture
dei colori elementari, senza mezzi toni nè sfumature,
in una raffigurazione rigorosamente bidimensionale, piatta
e compressa come un geroglifico egizio.
Il murale, dedicato alla pace, è composto da 30 figure
intrecciate in una composizione di grande respiro dai molteplici
significati, un messaggio articolato e complesso che vuol
essere per Haring un testamento spirituale, la sintesi della
sua poetica di artista visionario: forse per questo il murale,
completato in una settimana di lavoro, è stato concepito
per essere permanente, utilizzando particolari vernici acriliche
fatte per durare e così consegnato alla storia e alla
memoria, non casualmente in un paese, l'Italia, di grandi
tradizioni artistiche, che Haring particolarmente ammirava.
Interrogato su questo lavoro, Haring dice: "In questo
murale ho disegnato tutto quello che riguarda l'umanità...Ho
cercato di usare colori e temi che fossero in qualche modo
compatibili con l'energia e la cultura che già esistono
in questa città...ho mescolato molto bianco nei colori
che uso abitualmente in modo da ottenere dei colori molto
più sottili e morbidi............ titoli? Una domanda
difficile, perchè non do mai un titolo a niente...nemmeno
questo dipinto ne ha uno, ma se dovesse averlo, sarebbe qualcosa...qualcosa
come..."Tuttomondo"...
I temi dell'opera, che alcuni critici hanno definito una moderna
Guernica, la maternità, il cane, gli uomini-forbice
che tagliano il serpente, il bambino "raggiante"
(The Radiant Child), come lo definisce Renè Ricard,
poeta e critico americano, un elemento ricorrente che è
un po' il marchio di fabbrica di Haring, l'uomo che sorregge
il delfino, proposto in chiave simbolica come garanzia per
il futuro dell'umanità, coniugano ingenuità
ed angoscia, vita semplice e catastrofi apocalittiche, uomini
e mostri, in una grande metafora dell'eterna lotta tra bene
e male nella recondita speranza che l'arte possa salvare il
mondo, o per lo meno renderlo migliore, invogliando "......le
persone ad andare lontano con la fantasia", come
lui voleva.
link:
Graffitismo metropolitano
25 anni fa moriva Keit Haring
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