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Susan Rothenberg, "IXI"
di Vilma Torselli
pubblicato il 20/05/2007
Ritorno ad una figurazione che tuttavia non si sottomette al realismo convenzionale, il senso del disegno senza la lusinga della forma.
Susan Rothenberg (1945) appartiene alla corrente New Image affermatisi a metà degli anni Settanta, che ebbe un ruolo cruciale nella transizione dall'astrazione alla figurazione ed anticipò il movimento neoespressionista dei primi anni Ottanta, caratterizzato dal ritorno ad un sobrio realismo, in questo assecondando, dopo il lungo dominio dell'Espressionismo astratto e della Pop Art, le tendenze sia dell'arte che del pubblico verso un recupero dell'iconicità e della narrazione.

Il linguaggio severamente figurativo di Susan Rothenberg non spazia eccessivamente nelle tematiche e nella sperimentazione tecnica, addentrandosi però in profondità: come il dipinto presentato esemplifica, le immagini figurative sono semplificate, quasi vicine all'astrazione o comunque ad una essenzialità del segno vigoroso che le fa somigliare a graffiti delle caverne (il bisonte di Lascaux), secondo un linguaggio minimale ma tutt'altro che povero, spoglio ed al tempo stesso riccamente culturale.
Soggetto del dipinto e tema ricorrente nella pittura della Rothenberg, la silouhette di un cavallo, comparsa per la prima volta nel 1973 e da allora riproposta in poche e ripetute posture, giocata su una grande variazione cromatica degli sfondi, forma di pesantezza scultorea contemporaneamente volumetrica e piatta.
L'artista dice : "Per anni non ho riflettuto sui motivi per cui usavo il cavallo. Pensavo semplicemente al tutto e alle parti, alle figure e allo spazio...... Identifico fortemente il contenuto del mio lavoro con la spiritualità, con un impulso religioso universale", ed infatti dichiara che il significato di alcune delle immagini eseguite è un mistero per lei stessa, rappresentando un suo personale modo di pregare attraverso un talento che ha cercato di perfezionare con la perseveranza.

Il risultato di questo sentire fortemente improntato ad un concetto quasi mistico della realtà è un'immagine solitaria, stilizzata e raffinata, centrata in tele di grandi dimensioni a tempera o acrilico, ben delineata da un segno quasi sempre nero su sfondi prevalentemente monocromi, fermata nel bel mezzo di un elegante movimento efficacemente reso con poche linee, una forma chiusa e tesa di contenuta energia.
L'artista non ritrae il cavallo, ma la sua idea, l'essenza e l'azione che lo identificano, il movimento della corsa, traducendo in immagini e schemi le interiori sensazioni sensitive e muscolari colte al di là dell'osservazione puramente visiva, come Robert Root-Bernstein riporta: "la pittrice Susan Rothenberg descrive il processo della sua pittura non come visuale, ma come "davvero viscerale"..."

In questo "IXI", 1976-77, emulsione vinilica ed acrilico su tela di 400x299 cm, le bande laterali, definite da una sottile linea bianca, individuano e limitano lo spazio dell'azione nel piano della tela, mentre le linee incrociate che si sovrappongono all'immagine sembrano volerla bloccare nel momento in cui l'animale si concentra in sè stesso prima di spiccare la corsa: curiosamente, lo schema spaziale della composizione viene sottolineato da un titolo altrimenti indecifrabile, IXI, che ha significato non letterale ma puramente grafico.

Accade abbastanza frequentamente che i dipinti di Susan Rothenberg vadano integrati con spiegazioni teoriche, dato che il linguaggio, malgrado la relativa immediatezza, spinto da un nervosismo compulsivo gioca costantemente entro i contrastanti rimandi del simbolo e della figurazione, nei termini di un'astrazione riduttrice, così l'ha definita qualcuno, o di una neo-astrazione con residui espressionisti che mette in luce il nucleo principale della ricerca della Rothenberg: la crisi della rappresentazione e l'esplorazione del positivismo, unite alla volontà di un ritorno all'immagine che tuttavia non si sottometta al realismo convenzionale, il senso del disegno senza la lusinga della forma


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