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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle.
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Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi.

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Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.

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I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone.

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Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher.

All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.

Paul Nash, "We are building a New World"
di Vilma Torselli
pubblicato il 21/05/2007
"I am no longer an artist. I am a messenger who will bring back word from the men who are fighting to those who want the war to go n for ver. Feeble, inarticulate will be my message, but it will have a bitter truth and may it burn their lousy souls." (Paul Nash)
Paul Nash (1889- 1943) è un pittore di ispirazione neo-romantica-surrealista dalla creatività visionaria, dotato di grande sensibilità immaginativa e poetica.
Ufficiale dell'esercito britannico in entrambe le guerre mondiali, Nash è passato attraverso una triste vicenda umana che lo ha profondamente segnato, enfatizzando la componente emotiva del suo sentire ed accentuando una personale visione del mondo amara e tragica.
Reclutato da Charles Masterman, capo dell'ufficio di propaganda di guerra del governo (WPB), ed incaricato della realizzazione di illustrazioni e dipinti di ispirazione bellica, Nash finisce per detestare il suo lavoro ed attraversa un periodo di crisi esistenziale che matura poi in un atteggiamento di rifiuto della violenza e di predicazione pacifista, con la veemenza e l'accorata disperazione di chi la guerra l'ha vista davvero, e da vicino, in tutto il suo orrore distruttivo.
L'antimilitarismo e la non violenza diventeranno per Nash una missione, lo scopo del suo lavoro artistico, egli stesso dichiarando: "I am no longer an artist. I am a messenger who will bring back word from the men who are fighting to those who want the war to go n for ver. Feeble, inarticulate will be my message, but it will have a bitter truth and may it burn their lousy souls."

"We are building a New World", 1918, olio su tela di 91 x 71 cm oggi all'Imperial War Museum di Londra, viene eseguito alla fine della prima guerra mondiale ed è una pittura di paesaggio di chiaro significato simbolico, tra le più suggestive e scioccanti che Nash dipinse sul tema della guerra: il "nuovo mondo" frutto della follia omicida dell'uomo è una landa desolata popolata da alberi morti, spezzati, seccati, sradicati, miseri cadaveri di un mondo violato che, nella rappresentazione di Nash, ha perso ogni connotazione naturalistica, sia nel tratto rigido e forzato, con deviazioni secche ad angolo acuto che definiscono forme inerti, sia nella colorazione violentemente falsata del cielo assurdamente rosso, il colore della passione e del sangue, per un risultato di grande effetto teatrale, volutamente scenografico, intenzionalmente esagerato nei toni empatici, in questo senso scopertamente neo-romantico.

In questa allucinante messa in scena, in questo contesto silente e deserto, la figura umana non compare, il dolore e la distruzione si esprimono per via indiretta, o meglio simbolica, attraverso la natura, la terra brulla, il cielo percorso da rigidi raggi di sole, l'albero, uno dei temi prediletti di Nash, in una metaforica rappresentazione dell'uomo e della sua sofferenza, che fa derivare proprio dall'assenza della figura umana e di ogni traccia di vita l'intensità del pathos e la violenza dell'impatto emotivo.
Un'assenza che, tuttavia, evoca prepotentemente una presenza: gli alberi in parata sembrano infatti uno spettrale esercito di combattenti schierati per l'ultima disfatta, feriti, abbattuti, vinti, simbolo di un'umanità in rovina sulla quale un improbabile sole, luminoso e raggiante, brilla inutilmente, illuminando sinistramente il desolato panorama, testimone indifferente di una tragedia deprecabile, ma inevitabile, la guerra, che ha trasformato una natura amica in una presenza minacciosa e paurosa.

Un messaggio tutt'altro che esile ed inarticolato, certamente amaro, struggente e disperato, uno spietato atto d'accusa all'insensatezza di ogni guerra.


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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