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Richard Serra, "Belts"
di Vilma Torselli
pubblicato il 22/05/2007 |
Un occulto principio ordinativo
nella materia lasciata libera e in grado di disporsi spontaneamente
senza alcuna predeterminazione formale, estrinsecando i propri
significati tautologici. |
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Richard Serra (1939) è noto soprattutto
per monumentali ed essenziali sculture in metallo, talvolta
frutto di casuali colate di piombo fuso (forse l'aver lavorato
in siderurgia per mantenersi agli studi non è un evento
estraneo alla sua arte!), d'impronta minimalista, opere site
specific per grandi spazi pubblici: a metà tra architettura
e non-architettura, tra scultura ed installazione, in serrato
dialogo con lo spazio circostante, le opere di Serra si affermano
attraverso l'imponenza della massa, in precaria dialettica con
la forza di gravità e le interne tensioni strutturali
dei materiali, dalle quali paioni autogenerarsi.
Un'arte, quella di Serra, che contiene un occulto principio
ordinativo derivato dal fatto di accettare come dato ciò
che accade alla materia lasciata libera e in grado di disporsi
spontaneamente senza alcuna predeterminazione formale, estrinsecando
i propri significati tautologici.
La sua ricerca si focalizza sui processi di fabbricazione e
le caratteristiche fisiche dei materiali utilizzati, secondo
i principi di Anti-Form, movimento artistico nato negli anni
'60 dalle teorie dello statunitense Robert Morris (1931), che
persegue "la forma per la forma", anziché "l'arte
per l'arte", contestando la pretesa di attribuire un significato
accessorio, quello di oggetto artistico, appunto, a ciò
che in realtà è oggetto e null'altro.
"Belts", gomma vulcanizzata e neon, 196667,
84 x 288 x 20 inches, oggi al Solomon R. Guggenheim Museum
di New York, si avvale invece di un materiale molle, nove
cinghie di gomma vulcanizzata avvolte e appese alla parete
con ganci ed un filo di neon piegato, inserito in uno dei
grovigli, che assumono per gravità una connotazione
formale quasi antropomorfa, con richiami grafici alle opere
di Eva Hesse e Bruce Nauman e con riferimento diretto ai feltri
di Morris o ad un contemporaneo lavoro in feltro di Donald
Judd.
L'intenzione è quella di far emergere qualità
fisiche intrinseche quali il peso, la flessibilità,
l'equilibrio statico, facendone il tema dell'opera, che non
aspira ad essere null'altro che il materiale di cui è
fatta.
Tuttavia il neon, rigido e forzatamente sagomato, che sembra
stare lì per mettere in dubbio uno dei principi basilari
di Anti-form, quello che il materiale scelto possa assumere
da solo la forma più congeniale, è forse un
commento personale e un po' ironico ad un'arte puramente visiva
che non vuole suggerire nulla, non vuol essere né emotiva
né allusiva e che vuole solo suscitare nella mente
dell'osservatore collegamenti propri e soggettivi (alcuni
critici parlano al proposito di anti-gestalt).
Mentre in certi casi (pensiamo alle opere del tedesco Reiner
Ruthenbeck) il minimalismo sembra inevitabilmente dover giungere
alla negazione e all'avversione estrema per ogni tipo di forma,
disgregando ed annullando i suoi componenti fisici, Richard
Serra resta saldamente ancorato al senso fisico della materia
ed alle sue caratteristiche elementari, attraverso opere apparentemente
semplici ma sottilmente concettuali, nelle quali le tensioni
latenti e gli autonomi rapporti strutturali esprimono una
grande carica energetica, traccia sensibile del processo produttivo.
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