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Jean René Bazaine, "Peinture"
di Vilma Torselli
pubblicato il 25/05/2007
Astrattismo lirico e memoria delle radici culturali in un artista colto ed intellettuale per il quale la "La peinture est une manière d'être ....."
La peinture est une manière "d'être", la tentation de respirer dans un monde irrespirable.
(Jean Bazaine “Notes sur la peinture d'aujourd'hui”)

Jean René Bazaine (1904-2001) è personaggio poliedrico, con interessi sia nelle arti visive che nella letteratura, amico di Marcel Proust e di James Joyce, egli stesso validissimo scrittore ed autore di numerosi libri sulla pittura: divenuto pittore nel 1924, con le sue prime mostre ufficiali, segue corsi regolari di letteratura e di storia dell’arte, maturando un background culturale che contraddistingue la sua pittura con un’impronta astratta di matrice europea.
Incoraggiato da Pierre Bonnard, di cui apprezza la versione cromatica fatta di caldi arancioni e gialli che lo affascinano quanto i blu e i rossi decisi di Nicolas Poussin, Bazaine esplora le possibilità del colore nel costruire la forma, addivenendo ad una sua personale versione di bianchi densi e pervasi di luce: non a caso Bazaine lavorò con grande maestria il vetro colorato, realizzando le vetrate della chiesa di Saint-Séverin a Parigi (1965-69) e restaurando le vetrate della cattedrale di Chartres.

Dopo un esordio figurativo, la sua pittura va poi verso una progressiva astrazione formale: il non figurativo, infatti, è per lui sia una reazione all’atteggiamento restaurativo della cultura francese degli anni prebellici, sia il mezzo più idoneo per esprimere il significato metafisico delle cose, affermando che "du tableau doit émaner quelque chose qui dépasse la peinture".

In virtù di questa convinzione Bazaine rifiuta l’astrattismo puro, declinando verso quell’astrattismo lirico che è un po’ il segno distintivo dell’astrattismo europeo del decennio 40/50, in grado di esprimere direttamente e senza tramiti le emozioni, la spiritualità, la sensibilità interiore: come egli scrive, "Il faut se situer à l'intersection de toutes les sensations, de tous les sentiments: là où réside le secret de l'univers. C'est pourquoi je refuse l'abstraction pure".
Seppure spirito libero ed innovatore, Bazaine non rifiuta il passato e la cultura precedente, conscio del valore morale dell’arte afferma infatti che nessun artista è completamente libero né può dipingere come vuole, poiché “tutto ciò che un pittore può fare, è di voler perseguire, con tutte le sue forze, quel tipo di pittura di cui la sua epoca è capace”.
In coerenza con questo concetto, come si osserva nel quadro presentato egli non rinuncia ad elementi di derivazione cubista filtrati attraverso il Picasso di Guernica e l’opera di Braque e ad un vivace colorismo di memoria fauve, ad affermazione delle sue radici culturali, né ad un allusivo naturalismo travisato in un gioco nascosto di forme camuffate da una grande varietà cromatica di colori irreali.

La dissoluzione formale spinta da un desiderio di semplificazione e rinnovamento che caratterizza questo "Peinture" del 1946, olio su tela, accanto alla leggibilità di una originaria matrice naturalistica è anche traccia del legame che Bazaine, con un altro gruppo di artisti quali Maurice Estève, Charles Lapique, Alfred Manessier, Roger Bissière, intrattiene con l’ "École de Paris", movimento avanguardista che negli anni ’40 viene sottoposto a rilettura in chiave antifigurativa.

Tuttavia, egli scrive, "le destin du monde ne se joue pas entre le 'figuratif' et le 'non-figuratif' mais entre l’incarné et le non-incarné, ce qui est bien différent", nel nome, ancora una volta, della capacità dell'arte di parlare un linguaggio universale oltre ogni regola e classificazione.


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