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Paul Delvaux - "L'aurora"
di Alessandro Tempi
pubblicato il 11/07/2007 |
Fatali donne-albero in attesa,
in una composizione di inquietante incongruenza entro uno spazio
in cui latita, alla maniera dei surrealisti, un profondo e conturbante
erotismo. |
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Nel luglio del 1937, epoca cui risale questo
dipinto, "Laurora",
oggi a Venezia, presso la Collezione Peggy Guggenheim, lessenziale
dellarte di Paul Delvaux (1897-1994), era già stabilito.
In un contesto scenico rigorosamente definito, come appunto
nel caso de Laurora e che pone sullo stesso piano
il giardino, la città nordica, le rovine o ledificio
antico donne nude quanto mai veridiche sembrano convenute
ad un attesa che non può non avere a che fare con la
figura maschile, quasi sempre completamente vestita. Ne Laurora,
tuttavia, questi motivi vengono declinati secondo una personalissima
grammatica, che si incentra nella fusione donna-albero, che
a prima vista farebbe pensare ad un parallelo con temi metamorfici
della mitologia greca, ma che il pittore ha sempre negato.
Altro elemento di spicco è quello dello specchio, che
riflette una figura che non fa parte della scena, ma esiste
al di fuori della superficie del quadro. In un certo senso,
questa figura rappresenta chi osserva ed il fatto che spesso
chi osserva sia un uomo aumenta lironia della rappresentazione.
Questo motivo sarebbe del resto piaciuto in modo particolare
a Marcel Duchamp, che avrebbe utilizzato limmagine dello
specchio inserita in un collage sintomaticamente intitolato
Alla maniera di Delvaux (1942).
Come René Magritte, anche lui belga, Delvaux rappresenta
con dovizia di meticolosi particolari scene che traggono la
loro forza di impatto da inquietanti incongruenze del soggetto.
In questo caso Delvaux utilizza la distorsione prospettica
per creare rapidi e improvvisi movimenti di profondità
dal primo piano, ove sta riunito il quartetto fatale, verso
il fondo, ove una figura maschile fa la sua timida comparsa.
Ma in questo quadro Delvaux paga anche il suo tributo a De
Chirico per quel senso inquietante dello spazio che sembra
forzato da evidenze luminose (o numinose) alle quali sembra
essere consegnato un potere senza parole, retorico e pensoso
al tempo stesso, in cui latita, alla maniera dei surrealisti,
un profondo e conturbante erotismo.
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