Il lavoro di Giuseppe Gallo spesso oscilla
fra gli azzardi innovativi e sperimentali di una narrazione
coraggiosa e i classicismi di un linguaggio virtuoso
scrive Danilo Eccher, individuando in ciò la cifra fondamentale
dellopera di questo giovane artista (1954) che articola
il suo discorso nei binari di una felice sintesi tra rassicuranti
radici del passato ed un ignoto futuro del quale disvela via
via i contorni attraverso una sperimentazione assidua e curiosa,
coltivata e stimolata grazie allimprinting della militanza
allinterno del Gruppo di San Lorenzo, crogiuolo
di idee e di fertile scambio intellettuale tra personalità
artistiche differenti ed autonome legate trasversalmente dal
comune desiderio di innovazione e ricerca.
Pittura, scultura, olio, china, disegno, encausto, su tela,
carta, tavola, audaci tecniche miste, le soluzioni che lartista
inventa ed utilizza assecondano ed esaltano intenzioni e concetti
con infallibile docilità.
Echi pop, minimalisti, astrattisti, surrealisti, con un occhio
di riguardo alla figurazione, nello spirito di una mai dimenticata
cultura dellarte e della sua storia (la pittura di Antonello
da Messina, Giovanni Bellini, El Greco, Lorenzo Lotto), unitamente
a studi scientifici, matematici, filosofici, si intrecciano
nella produzione di un artista eclettico con una imprescindibile
predisposizione alla più totale libertà espressiva,
non priva di una certa ironia.
Il nomadismo intellettuale che fa di Giuseppe Gallo un artista
di difficile quanto non necessaria classificazione si identifica
come una vera e propria strategia comunicativa per esprimere
emozioni non altrimenti dicibili se non per allusioni ed enigmi
al di fuori degli schemi della logica corrente.
Il simbolo, la visione, la rivelazione sono le tappe di un
percorso narrativo dal ritmo concitato, che ruota labirinticamente
attorno a quello che ancora Danilo Eccher definisce "una
sorta di nucleo poetico da cui s'irradia l'intensa creatività
di tutta la sua opera".
La pittura di Giuseppe Gallo, che pure coinvolge immediatamente
percorrendo imperscrutabili canali emozionali, richiede un
accesso scevro da facili entusiasmi, possibilmente corredato
di opportune istruzioni per luso, per rintracciare
oltre le apparenze di un linguaggio trascinante, ma spesso
criptico, che sembra autorizzare ogni libera versione interpretativa,
rimandi e tensioni abilmente ed attentamente misurati.
In questo "Merletto veneziano giallo" del 2006,
una tecnica mista di olio, acrilico ed encausto su tavola
di 187x256 cm, forme leggere vagamente antropomorfe, generate
da sparsi addensamenti cromatici, si dispongono a schema libero
secondo una equilibrata partizione spaziale in una composizione
che acquisisce profondità prospettica grazie alla scala
dimensionale e ad una scansione cadenzata che pare costituire
il tema fondamentale dellopera.
Soluzione tecnica insolita e difficile, appresa dallartista
dal padre restauratore, la cera ad encausto gli permette di
ottenere un fondo omogeneo, lucido e piatto, sul quale la
pennellata di valenza grafica stacca forme sinuose e filamentose
che paiono galleggiare nello spazio, con una abilità
tecnica che, seppure ricercata ed in un certo senso esibita,
non è mai tuttavia puro virtuosismo esecutivo o raffinato
esercizio pittorico.
La figurazione è solo un lontano riferimento, eppure
queste forme astratte, dotate comunque di un 'verso', di una
indecifrabile iconicità e di una ricorrente morfologia
strutturale, suscitano a livello subliminale ricordi ancestrali
di una realtà organica che in qualche modo ci appartiene,
qualcosa che abbiamo già visto, o immaginato, o sognato,
brandelli di ricordi di cui acquisiamo coscienza, quasi per
effetto di una regressione ipnotica, davanti alle opere di
questo artista.
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