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Giuseppe Gallo, "Merletto veneziano giallo"
di Vilma Torselli
pubblicato il 27/12/2007
Un artista che "oscilla fra gli azzardi innovativi e sperimentali di una narrazione coraggiosa e i classicismi di un linguaggio virtuoso”. (Danilo Eccher)
Il lavoro di Giuseppe Gallo spesso oscilla fra gli azzardi innovativi e sperimentali di una narrazione coraggiosa e i classicismi di un linguaggio virtuoso” scrive Danilo Eccher, individuando in ciò la cifra fondamentale dell’opera di questo giovane artista (1954) che articola il suo discorso nei binari di una felice sintesi tra rassicuranti radici del passato ed un ignoto futuro del quale disvela via via i contorni attraverso una sperimentazione assidua e curiosa, coltivata e stimolata grazie all’imprinting della militanza all’interno del “Gruppo di San Lorenzo”, crogiuolo di idee e di fertile scambio intellettuale tra personalità artistiche differenti ed autonome legate trasversalmente dal comune desiderio di innovazione e ricerca.

Pittura, scultura, olio, china, disegno, encausto, su tela, carta, tavola, audaci tecniche miste, le soluzioni che l’artista inventa ed utilizza assecondano ed esaltano intenzioni e concetti con infallibile docilità.
Echi pop, minimalisti, astrattisti, surrealisti, con un occhio di riguardo alla figurazione, nello spirito di una mai dimenticata cultura dell’arte e della sua storia (la pittura di Antonello da Messina, Giovanni Bellini, El Greco, Lorenzo Lotto), unitamente a studi scientifici, matematici, filosofici, si intrecciano nella produzione di un artista eclettico con una imprescindibile predisposizione alla più totale libertà espressiva, non priva di una certa ironia.
Il nomadismo intellettuale che fa di Giuseppe Gallo un artista di difficile quanto non necessaria classificazione si identifica come una vera e propria strategia comunicativa per esprimere emozioni non altrimenti dicibili se non per allusioni ed enigmi al di fuori degli schemi della logica corrente.
Il simbolo, la visione, la rivelazione sono le tappe di un percorso narrativo dal ritmo concitato, che ruota labirinticamente attorno a quello che ancora Danilo Eccher definisce "una sorta di nucleo poetico da cui s'irradia l'intensa creatività di tutta la sua opera".

La pittura di Giuseppe Gallo, che pure coinvolge immediatamente percorrendo imperscrutabili canali emozionali, richiede un accesso scevro da facili entusiasmi, possibilmente corredato di opportune ‘istruzioni per l’uso’, per rintracciare oltre le apparenze di un linguaggio trascinante, ma spesso criptico, che sembra autorizzare ogni libera versione interpretativa, rimandi e tensioni abilmente ed attentamente misurati.

In questo "Merletto veneziano giallo" del 2006, una tecnica mista di olio, acrilico ed encausto su tavola di 187x256 cm, forme leggere vagamente antropomorfe, generate da sparsi addensamenti cromatici, si dispongono a schema libero secondo una equilibrata partizione spaziale in una composizione che acquisisce profondità prospettica grazie alla scala dimensionale e ad una scansione cadenzata che pare costituire il tema fondamentale dell’opera.
Soluzione tecnica insolita e difficile, appresa dall’artista dal padre restauratore, la cera ad encausto gli permette di ottenere un fondo omogeneo, lucido e piatto, sul quale la pennellata di valenza grafica stacca forme sinuose e filamentose che paiono galleggiare nello spazio, con una abilità tecnica che, seppure ricercata ed in un certo senso esibita, non è mai tuttavia puro virtuosismo esecutivo o raffinato esercizio pittorico.
La figurazione è solo un lontano riferimento, eppure queste forme astratte, dotate comunque di un 'verso', di una indecifrabile iconicità e di una ricorrente morfologia strutturale, suscitano a livello subliminale ricordi ancestrali di una realtà organica che in qualche modo ci appartiene, qualcosa che abbiamo già visto, o immaginato, o sognato, brandelli di ricordi di cui acquisiamo coscienza, quasi per effetto di una regressione ipnotica, davanti alle opere di questo artista.


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di Pietro Pagliardini


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