Jean Michel Basquiat (1960-1988), metà haitiano e
metà portoricano, vissuto a New York e lì morto
di droga nel 1988 a solo 27 anni, è oggi considerato
unanimamente uno dei graffitisti maggiormente dotati di una
sensibilità pittorica ricercata e complessa, percorsa
da molteplici echi culturali e contaminata da influenze di vasta
portata, che vanno dal Dadaismo all'art brut di Dubuffet alla
più recente Pop Art.
La critica ufficiale ha in gran parte sospeso il giudizio su
di lui, che ha prodotto, ed in tempi brevissimi, molte, troppe
opere per poterle giudicare serenamente ed obiettivamente, ma
è indubbio che si debba riconoscere a questo artista
"maledetto" una straordinaria efficacia comunicativa,
nella quale convergono grafismi arcaici, simboli, parole (tante,
quasi per una forma di grafomania), colori sapientemente accordati,
tratto deciso ed un innovativo senso della composizione generale
su tele di grandi dimensioni tormentate dall'incisività
sofferta del segno, riepilogato in un'armonia ritmica di ampio
respiro.
Jean Michel Basquiat fu senza dubbio una meteora che attraversò
il panorama culturale del suo tempo con una scia incandescente,
partendo dal graffitismo, dai muri del metrò, dalle
pareti dei palazzi nei quartieri suburbani e giungendo in
brevissimo tempo alle più prestigiose gallerie cittadine
(la sua prima mostra è del 1981), marchiato dalla fretta
di vivere, travolto da sè stesso e dalla droga di cui
era schiavo, ma anche da un sistema organizzativo e commerciale,
quello degli anni '80, che chiedeva ai suoi artisti di produrre
in quantità abnormi opere da smerciare sul mercato
euforico dei nuovi ricchi, del capitalismo ottuso che voleva
investire in arte e che alimentava innanzi tutto il benessere
dei galleristi: per tutti questi motivi non è facile,
anzi è forse impossibile, discernere l'uomo dall'artista.
Egli è, comunque, riconoscibile come prodotto tipico
della cultura del suo tempo, ricca, aperta alle sollecitazioni
etniche, trasgressiva, pronta ad accogliere l'anomalo ed il
diverso spesso più per una scelta di moda che per una
reale apertura intellettuale, ed otterrà in questo
contesto sociale il definitivo riconoscimento sotto la protezione
di una figura carismatica di grande spessore, Andy Warhol,
padre della Pop Art americana.
Personaggio tenebroso, intriso di cultura rap, funky e jazz,
trasgressivo fino all'estremo, Basquiat era adatto, in quel
momento, a rappresentare il prototipo di una nascente cultura
urbana di matrice popolare, la faccia nera della Pop Art:
mentre Andy Warohl ritrae una società consumistica
con fredda insensibilità attraverso la pittura fotografica
di certe sue opere o con anonimi multipli che riproducono
all'infinito la stessa, banale realtà, Basquiat riversa
nelle sue opere la crudeltà di quella stessa realtà
che lo ha alienato, emarginato e discriminato, urla la sua
rabbia per l'indifferenza, la solitudine, la povertà,
da eroe senza onore, da randagio artista di strada che compie
con i suoi mezzi la sua denuncia sociale e le sue rivendicazioni
contro la cultura bianca.
Questa "Mona Lisa", che contiene un curioso ed
interessante richiamo culturale desunto dal mondo classico addirittura rinascimentale
del tutto estraneo alla formazione artistica di Basquiat,
è uno dei molti esempi della sua arte, unarte
istintiva che parte dal corpo, dura e trasgressiva, spirituale,
simbolica e sensuale al tempo stesso, dove si intrecciano
linguaggi e culture, un'arte meticcia, come lui, dove riecheggiano
ancora il suono di archetipi primordiali ed una sacralità
profana che ha il fascino delle contraddizioni della cultura
contemporanea.
Molto chiara la derivazione dal graffitismo,
sarcastica e dissacrante la citazione culturale che passa
per la rivisitazione dadaista di Duchamp, per il quale la Monna Lisa baffuta (che Duchamp titola, a proposito di provocazioni, con l’acronimo L.H.O.O.Q. , “Elle a chaud au cul”) vuol significare che la vera essenza dell'opera sta nell'idea che la precede e il progetto, il gioco sottile dell'intelligenza, la formazione del pensiero sono i veri prodotti artistici, l'opera non è che pretesto, traduzione materiale di un discorso e di una riflessione concettuale.
Quella di
Basquiat è una Gioconda dei nostri tempi,
vista attraverso gli occhi di un protagonista dei nostri tempi,
un genio maledetto autodistruttivo e nero.
* articolo aggiornato il 31/03/2019
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