Con Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark
Rothko, Franz Kline (1910-1962) è stato protagonista di una stagione
epocale, quella della ribellione astrattista, che segna il "rinascimento"
dell'arte americana.
Fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, l'epicentro
del mondo artistico è a Parigi, indiscussa capitale
dell'arte, poi, mentre il Nazismo conduce l'Europa in un
baratro senza ritorno, l'America, proprio grazie alla guerra,
esce dalla crisi economica ed accoglie generosamente i profughi
in fuga dall'Europa sconvolta, tanto che in poco tempo a Manhattan
si concentrano le famiglie più ricche del mondo.
In un generalizzato clima di ripresa economica, sociale, culturale,
si assiste per la prima volta alla nascita di un movimento
pittorico americano, anche se i suoi protagonisti provengono
per la maggior parte dall'Europa, da cui si muovono in blocco
i surrealisti, o sono originari del vecchio continente: in
futuro, sempre gli espressionisti astratti americani cercheranno
di accreditare al loro movimento una matrice strettamente
americana, alla ricerca dell'affermazione di radici culturali
autonome.
La corrente informale negli USA è rappresentata soprattutto
dalla cosiddetta New York School, di cui Pollock,
De Kooning e Franz Kline rappresentano la componente gestuale
ed espressionista, che si esprime nella tecnica dell'action
painting, mentre ha invece scarso seguito la corrente materica
dell'Informale, che sostanzialmente resta connotata come fenomeno
tipicamente europeo.
La pittura gestuale, che traduce in immagine la foga creativa
che passa attraverso il braccio e il pennello del pittore,
pittura immediata e irruente, di forte impatto, è per
Kline mezzo per esprimere una poetica personale, nell'ambito
dell'action painting, a metà strada tra una interiorità
di tipo zen ed un'aggressività di tipo espressionista:
le ampie e marcate sciabolate che attraversano le grandi tele,
l'ascetico cromatismo quasi sempre incentrato sul bianco e
nero, la prorompente energia del segno calligrafico, che richiama
l'ideogramma orientale, sono tutti elementi tipici di questo
artista e ben evidenti nell'opera proposta.
Edward Lucie-Smith individua invece l'origine del "violento
gestualismo orientalizzante" di Kline nella sua attività
di disegnatore, in virtù della quale egli avrebbe desunto
la sua ispirazione dalle costruzioni e dalle impalcature di
ferrovie e ponti del paesaggio urbano metropolitano newyorkese,
caratterizzato da vasti spazi attraversati da strutture dinamiche
di grande tensione: al di là di ogni interpretazione,
ciò che importa è che ne scaturisce come risultato,
ben espresso in questo olio su tela, "Painting n 7",
che misura 204x270 cm, una personale versione dell'action
painting, dilatata e macroscopizzata, suggestiva, intensa
e possente.
Il critico Robert Goldwater definisce la pittura di Kline
"la registrazione spontanea e senza ritocchi di uno stato
d'animo impulsivo, annotato con larghe, confidenti pennellate",
compiendo poi un'osservazione che induce ad una più
approfondita riflessione sui quadri di questo artista: "Solo
pochi di essi sono stati eseguiti di getto. Molte di quelle
larghe pennellate direzionali, la cui forza sembra il prodotto
di un singolo gesto ispirato, furono in realtà dipinte
con piccoli colpi di pennello; spesso un intero quadro smisurato
ha il suo modello in uno degli innumerevoli piccoli schizzi
di Kline."
Qualunque sia la genesi dell'opera di Kline, appare evidente
che quello che egli ha urgenza di comunicare è un sentimento
di sè così pervasivo, così marcato da
un bisogno di espansività fisica, che il sentimento
interiore, espresso dalla minuziosa ricerca nei piccoli studi
per i suoi quadri, passa in secondo piano: quella di Kline
è la struttura di un discorso coerente, potente e dinamico,
che richiama alla mente una definizione di Irving Sandler,
autore di un famoso libro sull'Espressionismo astratto americano,
su questo tipo di pittura: "un'espansiva trama di forze,
sospese di fronte alla superficie passiva della tela".
* articolo aggiornato il 19/01/2013
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