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Hermann Hesse, "Paese, colline, montagne"
di Vilma Torselli
pubblicato il 28/04/2007
Linguaggio pittorico di ispirazione naturalistica nelle opere di uno dei più grandi intellettuali del '900.
"Produrre con la penna e col pennello è per me il vino, la cui ebbrezza scalda e fa bella la vita tanto da poterla sopportare". (Hermann Hesse)

Hermann Hesse (1877-1962) è indubbiamente uno dei grandi maestri della cultura europea del '900, ma forse non tutti sanno che questo grande intellettuale svolse anche attività pittorica (come hanno fatto anche altri scrittori famosi, ad esempio Dino Buzzati o Eugenio Montale), prediligendo soprattutto la tecnica dell'acquerello come in questo "Paese, colline, montagne" (1926), scelta dopo aver sperimentato la tempera, il carboncino, il pastello e la pittura ad olio.
Nel corso di molti anni, Hesse dà vita ad una produzione artistica copiosissima, caratterizzata da una tavolozza cromatica molto vivace e da tematiche quasi sempre desunte dall'osservazione della natura: determinante in questo senso fu per lui il trasferimento in Svizzera, nel ticinese, a contatto di paesaggi naturali di eccezionale bellezza.

La storia personale ed umana di Hermann Hesse è travagliata e sofferta, sovente scandita da gravi crisi depressive, ed è proprio per alleviare il suo "male di vivere" che gli viene consigliato di dedicarsi alla pittura, una forma di arte-terapia che gli psicoanalisti che si susseguono alla sua cura giudicano particolarmente adatta alla sua personalità creativa.
La fantasia creativa è infatti il mezzo terapeutico autopoietico catartico che lo aiuterà a superare un particolare periodo di crisi depressiva quando, durante la seconda guerra mondiale, deve assistere agli orrori bellici: in quell'occasione, Hesse viene vivamente esortato da Gustav Jung, con il quale entra in rapporto, a combattere gli stati di sconforto legati all’umore e all'alternarsi di crisi depressive con la pratica pittorica, ricercando, attraverso l'esercizio della propria creatività, appagamento, serenità, capacità relazionale, risorse interiori per combattere l'apatia mentale e recuperare il rapporto con la propria interiorità emotiva.

La pittura si rivela in effetti per Hesse un potente mezzo di recupero della propria armonia interiore, una salutare via di fuga dalla realtà, quando questa diventa troppo dura da accettare e sopportare, un mezzo per sfuggire alla depressione senza perdere il contatto con la vita reale e rifugiarsi nella pazzia, come hanno fatto prima e dopo di lui tanti artisti, molti dei quali appartenenti all'Espressionismo tedesco: egli ne è cosciente, tanto che dice, descrivendo un suo particolare, difficile momento:"Allora mi feci piccino piccino ed entrai nel mio quadro, salii sul trenino e penetrai con esso nel piccolo tunnel nero... poi il fumo si ritirò e svanì, e con esso tutto il quadro con me insieme".
La pittura, quindi, come fuga per la propria salvezza, come mezzo per esorcizzare gli orrori della vita e gli spettri della mente.

Hesse pittore è un autodidatta, seppure di eccezionale talento, e dell'autodidatta conserva una freschezza espressiva che sconfina spesso in una certa ingenuità visionaria che impedisce ogni presa di posizione intellettualistica: molto più che lo scrittore Hesse, il pittore sembra immerso in un contatto profondo, ancestrale, radicato con la natura intesa come madre-terra, come sorgente di vita, custode di ogni certezza, in una forma empatica che lo coinvolge e lo esalta come nient'altro e gli fà dire:"Dipingere è meraviglioso".
Infatti, secondo un concetto salvifico, terapeutico e quasi mistico dell'atto del dipingere, realizzerà nella sua vita oltre tremila acquerelli.

Come risalta fin da una prima occhiata al quadro proposto, uno dei tanti acquerelli di Hesse, il linguaggio formale appare caratterizzato da cromie variopinte, intense e penetranti, da nitidi contorni, da campiture decise, da una stratificazione insolitamente spessa del colore ad acqua, da scelte cromatiche che non hanno preoccupazioni naturalistiche, a denunciare la sua adesione spirituale ad una poetica di stampo espressionista (che forse gli è geneticamente congeniale), peraltro suffragata dalla frequentazione di molti artisti dell'epoca (quali ad esempio Moilliet, Amiet, Klee, Derain) e dalla conoscenza del movimento impressionista attraverso l'opera di Cézanne.

A fronte della sua attività letteraria, l'opera pittorica di Hesse appare comunque caratterizzata da una drammaticità meno sofferta, presente, sì, nella narrazione, incisiva, talvolta concitata, dai colori forti e dalle forme decise, ma sempre rasserenata, come nel dipinto in esame, dalla contemplazione della natura e dall'amore per il mondo semplice e sereno della cultura agreste. L'ambito ludico nel quale ha origine la sua poetica funziona da catalizzatore ai fini di un esito estetico sostanzialmente controllato, composto ed a tratti gioioso, perchè dipingere è per Hesse prima di tutto una gioia, come testimonia questa sua poesia :

Gioia del pittore
I campi portano grano e costano denaro,
sono insidiati i prati dal filo spinato,
bisogno e avidità hanno allignato,
tutto appare murato e corrotto.

Ma qui nei miei occhi alberga
un ordine diverso di ogni cosa,
si estingue il violetto, la porpora troneggia,
di lei io canto la canzone innocua.

Giallo su giallo, e giallo unito a rosso,
fresco azzurrino velato di rossore
luce e colore balza di mondo in mondo,
s'inarca e risuona in onde d'amore.

Regna lo spirito che ogni morbo guarisce,
risuona verde da rinata sorgente,
nuovo e ricco di senso il mondo si spartisce
e il cuore si fa lieto e lucente.

* articolo aggiornato il 21/04/2013

link:
Attività artistica e malattia mentale


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