"Quando non credendo di considerare fatale e simbolica
la sparizione di un immagine non scampata all'incendio di un
lavorio, spesso, da essa stessa ispirato o aizzato, in questa
stanza disadorna, mi siedo a pensare, non penso con dolore e
stizza alla irreparabilità della perdita, penso ad una
intervista. Penso ad una InTeRvIsTa alla Maschera, al Vuoto,
a Dio". (Sandro Chia)
Sandro Chia (1946), che raggiunge la popolarità alla fine degli
anni '70, fa parte dei magnifici cinque protagonisti della Transavanguardia e di quella corrente neo-espressionista che in Italia si connota
con caratteristiche del tutto peculiari per i legami con un
ambiente storico e culturale impregnato di una tradizione pittorica
antica e raffinata.
Trans-Avanguardia vuol dire superare, andare oltre le espressioni
artistiche di Avanguardia, riutilizzando le modalità
espressive della pittura tradizionale e del figurativo, senza
aprioristiche pretese del nuovo ad ogni costo: se Achille
Bonito Oliva è il teorico del movimento e lo stratega
dell'aspetto comunicazionale e commerciale del gruppo, gli
artisti, da parte loro, e Chia per primo, poco si impegnano
a disquisire, a dibattere, a parlare, alle chiacchere preferiscono
i fatti e le azioni, come dimostra la concreta materialità
dei loro linguaggi.
Nell'opera di Chia, come ben evidenzia questo "Senza
titolo" del 2001, un olio su tela di 200 x 100cm, il
legame con la storia si concretizza in una pittura di apparente
ingenuità, che persegue un recupero formale e psicologico
di linguaggi figurativi arcaici, radicati nel non dimenticato
passato della figurazione classica soprattutto italiana (Tiziano, Michelangelo, Masaccio) e nell'opera dei più
significativi moderni del '900 (Léger, Cezanne, De
Chirico, Chagall).
Sandro Chia assimila e sintetizza con voracità intellettuale
onnivora sia la tradizione classica che l'eredità culturale
delle avanguardie del '900, dando vita, in un gioco di rimandi
e citazioni, a composizioni di grande respiro, di plastica
massività, di imponente consistenza volumetrica, dal
colore pieno, ricco e deciso, dove forti figure sospese in
una dimensione spazio-temporale fuori dal mondo trasmettono
il senso di una vita in mutamento che trova nella pittura
i suoi riferimenti e i suoi punti fermi.
La opulenta monumentalità classicheggiante delle tele
e delle sculture di Chia, concreta antitesi ad un astratto
concettualismo che ha abbandonato la materia, è mezzo
per organizzare in un discorso controllato una vena "selvaggia"
attraverso la quale egli intende affermare la materialità
del dipingere e del disegnare, l'importanza della manualità,
il ruolo centrale dell'arte nell'identificazione di una realtà
in trasformazione fermata nella sua concretezza.
Egli dice: "il mondo della pittura è un mondo
di libertà senza limiti, senza confini", e coniuga
senza riserva alcuna toni mitici e idilliaci con tecniche
e motivi moderni, con un'ironia arguta e dissacrante, in sintonia
col suo carattere da toscanaccio irriducibile che dichiara
in un'intervista: "Sono convinto che l'arte sia un'invenzione
creata tra Firenze e Siena, tra il '400 e il '500.....".
E forse ha ragione.
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