Il Surrealismo, che in parte si struttura per
reazione al sostanziale nichilismo della dottrina dadaista per
la quale il mondo era contingente e privo di valore, è
dominato da figure di grande carisma, dovuto anche al carattere
metafisico della stessa poetica surrealista: Giorgio De Chirico,
indiscusso precursore del Surrealismo, dice che era necessario
"creare una nuova psicologia metafisica delle cose",
e si può dire che tutto il movimento converga, con una
certa omogeneità, sull'indagine degli aspetti segreti
e inconsci della natura umana e sulla ricerca dei mezzi formali
più adatti ad esprimerli.
E' possibile notare come alcuni degli artisti più rappresentativi
del Surrealismo, come Salvador Dalì o René Magritte,
utilizzino una tecnica sostanzialmente accademica, in rifiuto
di molte scoperte del periodo precedente, il che si spiega con
una necessità didascalica talmente predominante da indurre
all'utilizzo di un linguaggio il più possibile leggibile
e chiaro: Magritte, ad esempio, resterà per tutta la
sua carriera sostanzialmente inerte, legato ad un suo stile
pressoché immutato nel tempo, mentre l'intero movimento
surrealista cercherà di uniformarsi ed adeguarsi, con
risultati non sempre brillanti, agli eventi politici, specie
quelli concernenti la Russia, con una svolta verso sinistra
più demagogica che effettiva, restando in realtà
una corrente sostenuta da una ristretta elite intellettuale.
Non è così per Joan Miro' (1893-1983), uno dei personaggi
più rimarchevoli, innovativi ed originali del Surrealismo,
dalla cultura complessa memore della ricerca spaziale del
Cubismo, delle soluzioni cromatiche dei Fauves, della tecnica
del collage, dell'assemblage e del Dadaismo, delle sue radici
culturali e regionali catalane, delle architetture moderniste
del conterraneo Antonio Gaudì, elementi tutti che lo
portano, nella maturità della sua carriera, a sviluppare
un modo di dipingere che è piuttosto un modo di scrivere,
nel quale forme primarie emblematiche si allineano sulla tela
come una serie di geroglifici.
A questo proposito dice Alessandro Tempi"......il
processo di semplificazione formale della sua pittura risponde
ad unesigenza di trovare in se stesso sempre nuove ragioni
per la pittura stessa, di penetrare sempre più a fondo,
come dirà Rafael Alberti, nel "segreto della parola
dipinta" (da "NEXT", Edizioni Joyce and
Co.,Roma,n.32-33,1995).
L'impronta iniziale dell'opera di Miro' è plastica,
fatta di linee sinuose, rappresentazione in chiave organica
di elementi naturali e scene della vita comune, per dirigersi
progressivamente verso una semplificazione che giunge all'Astrattismo lirico, al suo personale Surrealismo fatto di linee leggere,
campiture di colore piatte su sfondi omogenei, forme prive
di volume, fantastiche, di rara suggestione espressiva.
Il tono fantastico, la rilettura fiabesca di una realtà
idealizzata declina verso il grottesco , con drammatiche deformazioni
di tono espressionista in occasione della guerra civile spagnola,
e il segno si fa più nervoso, il colore si incupisce
accogliendo rossi violenti, neri, verdi, finchè, verso
gli anni '40, Miro' elabora un nuovo linguaggio di impronta
calligrafica, vicino alla pittografia ispirata agli ideogrammi
cinesi tipica di certo informale europeo ed americano (Capogrossi,
Kline, Gottlieb, Tobey), realizzando una serie di gouaches,
di cui uno è questa "La poetessa", del 1940,
15 x 18 cm.
La consistenza segnica si assottiglia, assumendo un carattere
eminentemente grafico, lo sfondo diventa spazio rarefatto
in cui si librano armoniosi elementi filiformi, leggeri, un
universo della surrealtà, magico, trasparente, onirico,
di marcato simbolismo allucinatorio.
Per tutta la sua vita, Miro' opera a cavallo tra questo metafisico
bisogno di astrazione e un mai dimenticato amore per la materia,
non a caso si dedica con passione alla ceramica, alla scultura,
all'arazzo, seguendo una sua ricerca verso l'aspetto tattile
dell'opera, risalente alla sua primitiva formazione didattica
e all'influenza di un maestro straordinario quale Francesco
Galí, artista e critico d'arte, che insegnò
al suo eccezionale allievo ad indagare la forma attraverso
il tatto delle dita e a disegnare ciò che, così,
aveva "visto".
Il rapporto carnale e sensuale con la materia, il legame istintuale
con la sua terra, con Barcellona, il confronto con i modelli
della primitiva tradizione artistica non solo spagnola sono
gli elementi che Miro' supera, senza dimenticarli, nel suo
surrealismo fantastico intriso di lirismo perchè, dice
"bisogna superare il dato plastico per giungere alla
poesia", ed entrare nel mondo fiabesco dove il desiderio
e la realtà si incontrano e si identificano.
link:
Joan Miro', "Il Carnevale di Arlecchino"
Liberare lo sguardo: Joan Mirò
Torino, "Miró! Sogno e colore"
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