"Campo di grano con corvi", del luglio
del 1890, un olio su tela, 50,5 x 103 cm, oggi al Rijksmuseum Van Gogh di Amsterdam, uno dei dipinti più drammatici e disperati
di Vincent Van Gogh (1853-1890), è stato realizzato
solo venti giorni prima della sua morte per suicidio, avvenuta
all'una e trenta del mattino del 29 luglio di quell'anno, e
rappresenta un commovente testamento spirituale, il tragico
addio ad una vita tormentata dall'angoscia e dalla follia ed
ai pochi affetti umani che la attraversarono, soprattutto quello
dell'amato fratello Theo che lo assiste nel trapasso e che si
suiciderà anch'egli sei mesi dopo.
L'ultimo periodo della vita di Van Gogh si caratterizza per
un'attività pittorica febbrile, 70 quadri in due mesi,
quasi che egli voglia svuotare la propria anima e prepararsi
al viaggio finale con lucida seppur folle determinazione, con
furia, con rabbia, con sofferenza, con quella sensibilità
in allarme perenne che lo pone costantemente in contatto simbiotico
con l'anima del mondo: ma il mondo lo rifiuta, e lui rifiuta
il mondo con i suoi dipinti disperati e con un colpo di fucile.
Il paesaggio di Auvers-sur-Oise lo affascina, poco prima
di suicidarsi scrive alla madre "Io sono completamente
preso dalla immensa pianura con i campi di grano contro le
colline, senza confini come un mare, di un giallo, di un verde
tenero........"
La gamma cromatica del dipinto è limitata a pochi colori,
il giallo, il blu, il nero, il verde, declinati però
in una vasta scala tonale, mossi da pennellate dense, pluridirezionali,
disordinate, la linea è contorta, spezzettata ed avvolgente,
ad esprimere la chiusura di una personalità solitaria
ripiegata su sè stessa, il campo di grano è
un mare in tempesta, come il suo animo inquieto, il cielo
un minaccioso miscuglio di azzurro e nero che pesa cupamente
su un rovente paesaggio estivo dove un sentiero, sommariamente
accennato e sottolineato da incongrui contorni verdi, non
porta da nessuna parte, simbolo di un'aspirazione verso destinazioni
ignote mai raggiunte e metafora di una vita anch'essa senza
direzione né finalità.
Nell'atmosfera pesante aleggia il presagio di un dramma che
da lì a poco si consumerà, preannunciato dal
funereo volo dei corvi neri che volteggiano in ordine sparso,
le ali spiegate, alla ricerca di una preda.
Di particolare interesse la versione luministica, sprazzi
di giallo chiaro che accendono le messi sottolineandone l'andamento
mosso, in parte riprendendo la forma a v delle ali dei corvi,
ombre di tonalità più scura proiettate dalle
nubi sul terreno, due grandi macchie chiare apparentemente
senza giustificazione nel blu cupo del cielo, forse astri
lontani, forse la nostalgica citazione di un "cielo stellato"
più volte dipinto e rimasto nella memoria.
Nella lettera al fratello Theo riguardo a questo quadro,
l'ultima del lungo epistolario che Vincent gli indirizza,
egli stesso scrive: "Sono campi estesi di grano sotto
cieli agitati, e non avevo bisogno di uscire dalla mia condizione
per esprimere tristezza e solitudine estrema": per
l'ennesima volta, soggettivizzando la realtà, proiettandosi
in ciò che dipinge, Vincent prende coscienza della
propria condizione e della definitiva incapacità di
instaurare un qualsiasi rapporto con il mondo esterno e persino
con sé medesimo, un faccia a faccia spietato con sé
stesso al quale, sconfitto, decide di sottrarsi con l'autoannullamento.
*articolo aggiornato il 9/4/2012
link:
Espressionismo
Vincent Van Gogh, "Autoritratto"
Vincent van Gogh, "Caffè di notte"
Vincent Van Gogh, "I mangiatori di patate"
Vincent Van Gogh, "La camera da letto di Arles"
Vincent Van Gogh e Antonin Artaud, l'incontro di due follie
Promemoria in caso di fotografia. Il campo di granoturco
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