"..... è semplicemente la mia camera
da letto, solo che qui il colore deve fare tutto, e poiché
con il suo effetto semplificante conferisce maggiore stile alle
cose, esso dovrà suggerire riposo o sonno in generale.
In una parola, guardare il quadro deve far riposare il cervello,
o piuttosto l'immaginazione ..... Questo come una sorta di vendetta
per il riposo forzato al quale sono stato obbligato." (lettera
554 al fratello Theo)
Dipinto tra i più famosi di Vincent Van Gogh (1853-1890), "La
camera da letto di Arles" del 1888, olio su tela di 72X90
cm oggi esposto al Rijksmuseum Van Gogh di Amsterdam, è stato
realizzato in cinque versioni (due eseguite durante un volontario
ricovero nel manicomio di Saint-Rémy), probabilmente
perchè lo stesso artista attribuiva molta importanza
al tema e voleva raggiungere assolutamente i risultati che
aveva in mente, conferma fornita anche dai numerosi schizzi
preparatori e da una dettagliatissima descrizione del progetto
e addirittura della cornice che avrebbe dovuto contenere l'opera
compiuta.
Esistono numerosi studi per determinare l'esatta datazione
e la cronologia dei dipinti eseguiti, pare comunque che la
copia conservata al Rijksmuseum Van Gogh ad Amsterdam sia l'originale
da cui l'artista trasse le successive versioni, datata con
estrema precisione, 17 Ottobre 1888, poichè in una
lettera scritta quel giorno egli stesso dichiara ".......
questo pomeriggio ho finito la tela che raffigura la camera
da letto."
Già in fase di progetto, in una lettera al fratello Theo, Vincent fornisce molte e
precise informazioni circa i colori che intende utilizzare
per realizzare il dipinto, rosso, verde, giallo, viola, blu
e arancio, mischiati fra loro e combinati secondo gli audaci
accostamenti antinaturalistici che gli sono propri, con profusione
di gialli e di violetti, i colori di una realtà assurda
travisata dalla xantopsia e dall'immaginazione malata.
L'ambiente, un locale della "Casa Gialla" di Arles,
piccolo edificio su due piani dove l'artista allora viveva
e dove andrà a vivere anche Gauguin, è estremamente
informale e naturale, con i tratti di una normale quotidianità,
un letto rifatto, la finestra semiaperta, un tavolino da toilette
con oggetti per la cura personale, lo specchio, l'asciugamano,
una sedia accostata al letto, forse come comodino d'emergenza,
quadri casualmente disposti, i ritratti degli amici Boch e
Milliet appesi alla parete in equilibrio precario.
La minuziosa messa in scena, gli accurati dettagli, l'insieme
molto spontaneo ma al tempo stesso sapientemente orchestrato,
contrastano con la voluta trasgressione alle regole della
prospettiva, che peraltro Van Gogh conosceva molto bene per
averle studiate anche attraverso le opere di Leonardo da Vinci
e Dürer : contrariamente ad ogni norma prospettica, qui
l'effetto ad imbuto, ottenuto guardando la scena da un angolo
di ampiezza visiva innaturale, con risultato contrario al
grandangolo, risucchia lo spazio verso il fondo, evidenziando
il primo piano costituito dalla spalliera del letto, del tutto
sproporzionata, presenza incombente che sbarra con la sua
preminenza l'accesso allo spazio posteriore.
Ed è proprio lì che si coagula il significato
del dipinto e lo spazio ambientale si identifica con l'interiorità
psicologica dell'artista, in quell'ordinato interno domestico
che egli elegge a protettivo custode della propria intimità:
è un interno semplice e quieto, quello che Van Gogh
vuole dipingere, un'oasi di pace, di calma, di silenzio, e
realizza invece un quadro che urla il suo disagio, il suo
doloroso confronto con una realtà che lo rifiuta e
che egli rifiuta.
Il giallo solare e l'azzurro-violetto delicato e luminoso
che costituiscono le tonalità cromatiche dominanti
non riescono a rallegrare un ambiente che resta sostanzialmente
claustrofobico, dove lo sguardo dell'osservatore è
convogliato verso una finestra con le persiane chiuse, da
cui nulla trapela della realtà esterna.
La forzata impostazione prospettica, che deforma con anticipazione
espressionista lo spazio e gli oggetti, crea un angoscioso
senso di instabilità, sia per la mancanza di una direttrice
unica del punto di vista, sia per marcate incongruenze dimensionali
tra gli elementi presenti, fra i quali le due sedie vuote
acquisiscono un profondo significato simbolico, metafora dell'attesa
e dell'assenza, inconscio invito a sedersi rivolto ad un ospite
che non c'è.
E' così che la casa di Vincent parla dell'anima di
Vincent, di aspirazioni semplici eppure irrealizzabili, di
aspettative deluse, di incapacità di rapporti umani,
di solitudine psicologica, di quella fatica di vivere alla
quale egli porrà fine in un assolato pomeriggio di
luglio, in cui si sparerà un colpo di pistola al petto,
morendone due giorni dopo.
link:
Espressionismo
Vincent Van Gogh, "Autoritratto"
Vincent van Gogh, "Caffè di notte"
Vincent Van Gogh, "I mangiatori di patate"
Vincent Van Gogh e Antonin Artaud, l'incontro di due follie
I colori di Vincent
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