Enrico Baj (1924-2003) milanese, è una figura importante
dei movimenti culturali degli anni '50 in campo europeo, in
attivo rapporto con personalità intellettuali innovative
quali i componenti del gruppo Cobra, gli spazialisti di Fontana,
il Nouveau Realisme di Piero Manzoni, Yves Klein, a testimoniare
una vastità di interessi che lo porta non solo ad addentrarsi
nel campo delle arti figurative, in cui si occupa di pittura,
ceramica, incisione, scultura, ma anche a scrivere, a fare del
giornalismo, ad intrattenere rapporti con poeti e scrittori
contemporanei, fra i quali Breton, Calvino, Buzzati, Eco.
La prima fase dell'attività artistica di Baj, che
nel '51 redige il "Manifesto della Pittura Nucleare", risente
spiccatamente del clima culturale di quegli anni, in cui le
conquiste della fisica moderna, i voli stratosferici, la scissione
dell'atomo, l'esplorazione spaziale, restituiscono l'immagine
di un mondo pieno di energia, attraversato da esplosioni cosmiche,
pervaso da incontenibile vitalità.
Il suo linguaggio formale è fatto di macchie cromatiche
e spruzzi di colore memori della gestualità e del dripping espressionista astratto, segno di una ricerca creativa e di
un processo intellettuale sfocianti nella definizione di una
coscienza morale che Baj concretizza nella condanna della
minaccia atomica, della violenza o delle possibilità
di violenza rappresentate da un progresso mal utilizzato,
configurando una delle tematiche fondamentali della sua opera.
Di fronte alla sua analisi sociale feroce e ludica, dolorosa
ed ironica, filtrata da un'intelligenza sottile che sa cogliere
sfumature nascoste, individuando i mali dell'umanità
prima di tutto nell'ottusità e nell'arroganza, Dino
Buzzati dice che "...... non gli dispiacerebbe di scatenare
una piccola guerra personale contro gli imbecilli, pur sapendo
che sarebbe una causa perduta di fronte a un avversario così
sterminato in numero e potenza".
Il passo successivo del percorso artistico di Baj è
lo sviluppo di un forte spirito antibellicista e antimilitarista,
tradotto in un linguggio sostanzialmente umoristico, grottesco,
dai chiari richiami allo spirito demistificatorio del Dadaismo,
pervaso da un' ironia scherzosa che mette in ridicolo i militari
(i suoi famosi generali), la guerra, il potere, tutte le icone
di un mondo violento e fatuo che cela dietro le insegne della
divisa l'aggressività e la vanità di fantocci
addobbati.
Baj inventa un suo linguaggio personale, il più idoneo
ad esprimere il suo enorme potenziale fantastico, la sua giocosità
ironica, la sua abilità di creatore di magie, e sceglie
la tecnica del collage e dell'assemblage, denunciando una
sensibilità materica che lo avvicina per certi versi
alla Pop Art.
In questa "Testa" del 1974, 36X30 cm, tecnica mista
e collage su tavola, i materiali utilizzati dall'artista sono
del tutto particolari, medaglie, fantasiosi gradi di passamaneria,
pezzi di tessuto, vecchie decorazioni, bottoni, chincaglieria
militaresca, con grandi effetti umoristici e caricaturali: fondendo la struttura al commento, Baj instaura un dialogo
tra i materiali usati, spesso estremamente pertinenti, ed
il soggetto rappresentato in un gioco visuale che diventerà
la cifra con la quale egli costruisce la sua immagine del
mondo.
Nei suoi collages, nella scomposizione dell'immagine, ricomposta
in frammenti di materiali incongrui e fantastici, Baj si conferma
dissacrante iconoclasta, surreale illusionista che raggiunge
la consapevolezza di aver trovato una formula vincente, dalla
quale non si discosterà più, pur continuando
la sua incessante ricerca di nuovi giochi e nuove fantasie,
perchè, egli dice ," voglio continuare a credere
nella risata salvifica, nell'ironia e nella gioia di una creazione
che possa sopravvivere ai tempi".
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