"La peinture, c'est une maladie, c'est un
microbe qu'on a dû attraper un jour". (Jean-Paul
Riopelle)
Jean-Paul Riopelle (1923-2002) pittore, grafico e scultore, è uno dei più grandi artisti canadesi
contemporanei, inquadrabile in una corrente informale che ebbe larga
diffusione in Europa nel periodo postbellico e con la quale
Riopelle ebbe prolungati contatti avendo lungamente vissuto
a Parigi a partire dal 1946 ed avendo avuto significativi
rapporti specialmente con Wols.
A Parigi scopre André Breton, il Surrealismo, l'automatismo,
conosce Mathieu, Wols, lavora con Miró, ampliando le sue conoscenze anche
tecniche e definendo il suo stile personale, come appare nel
quadro presentato, nei termini di un informale materico con
accenti di astrazione lirica, concretizzato in pennellate morbide
e poco vigorose, lontane, per esempio, dalla sensuale densità
di un Tapies.
Le superfici dal decorativismo armonioso, in una
pittura di sintesi in cui l'astrattismo mitiga la forza espressiva
dell'informale, ben rispecchiano il clima culturale ottimista
e positivo del dopoguerra, euforizzato da un generalizzato boom economico: il mercato dell'arte conosce una stagione d'oro,
questo stile è ben accetto ad una clientela benestante
e curiosa di novità e per Riopelle, come per tanti astrattisti
suoi contemporanei, arriva anche il successo commerciale.
L'informale è uno stile che affonda nella materia, percependone
l'interna energia, la fisicità, facendo della materia
il mezzo ed il tema, senza altro aggiungere al quadro che lo
renda opera compiuta, la materia "ha" già tutto,
dal momento che "è": tuttavia vi sono leggere
differenziazioni, all'interno dell'Informale, che costituiscono
sottili linee di demarcazione, spesso violate, tra un informale
chiaramente materico, e faccio ancora riferimento a Tapies,
o Burri o Fautrier, ed un informale contaminato dall'astrattismo,
che potremmo definire segnico, come potrebbe essere quello di
Riopelle, o di Hans Hartung, per citare un artista a lui vicino.
L'ispirazione primitiva di Riopelle è indirizzata
verso la pittura di paesaggio, inteso in senso lato come astratta
rappresentazione di una natura interiorizzata in una sorta
di 'panteismo non figurativo', in virtù del quale,
entro un cromatismo che attinge ai colori della natura, l'immagine
si frantuma in una serie di piccoli segni, linee spezzate
e brevi, piccole macchie, come in questo " Diamond",
del 1966, olio su tela, 100x100 cm: questa tendenza calligrafica si
fa derivare dall'influenza della Scuola di Parigi ed anche
dalle suggestioni surrealiste che vogliono queste caratteristiche
segniche indice di una interiore attività psichica.
Come Pollock, Riopelle lavora spesso, per ragioni pratiche,
sulla tela in orizzontale, posandola al suolo o su un tavolo,
metodologia apparentemente ininfluente nel suo caso, perchè
appare chiaramente che l'orizzontalità è solo
una tecnica esecutiva, mentre il risultato finale esige la
verticalità: la tela è concepita per essere
appesa al muro, parendo in questo caso non pertinenti le interessanti
ipotesi di Rosalind Krauss, critica e storica dell'arte, per
la quale la tendenza al lavoro in orizzontale denuncia una
inconscia aspirazione a mettere in evidenza una opposizione
tra sfondo e figura (ground and figure), o non-sfondo e non-figura,
coinvolgendo un terzo tema, il concetto di "basso",
legato evidentemente alla posizione verticale.
Riopelle non è interessato all'effetto all-over, l'orizzontale
non rientra nei suoi interessi, tanto è vero che, per
rendere innocuo il passaggio al verticale e risolvere il problema
delle sgocciolature di colore fresco una volta raddrizzata
la tela (Pollock invece aveva fatto della sgocciolatura o
"dripping" la sua caratteristica), Riopelle impara
dai graffitisti ad usare l'aerosol, una vernice spray a rapida
essicazione, che non cola, contaminando anche il suo stile
pittorico con l'aggressività gestuale del graffitismo
in alcune sue opere di più recente esecuzione ("Hommage
à Rosa Luxemburg", 1993).
Da un punto di vista molto critico, il linguaggio di Riopelle
può apparire carente di uno specifico stilistico, presentando
una certa standardizzazione nei modi espressivi che rasenta
pericolosamente la monotonia, tuttavia non si può disconoscergli
una impulsività spontanea, una ispirazione emotiva
che esplodono soprattutto davanti alla natura: dice: "Pour
moi, une toile n'est jamais la reproduction d'une image. Ca
commence toujours par une sensation vague... l'envie de peindre...
Pas d'idée graphique. Le tableau commence où
il veut... mais après, tout s'enchaîne..... Ca,
c'est l'essentiel... ".
E questa, dopo tutto, è poesia.
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