Questo dipinto di Edvard Munch (1863-1944), un olio su tela (73 x 92 cm) del
1892, oggi custodito a Oslo, al Nasjonalmuseet for Kunst, fa
parte, come il celebre "Il grido", di un grande ciclo
pittorico, "Il fregio della vita" (1893-1918), un
gruppo di opere centrate sul tema del ciclo vita, morte e amore
("Il grido", "Il bacio", "Gli occhi
negli occhi", "Vampiro", "Danza della vita"),
all'interno del quale compare una tematica più volte
ripresa da Munch, quella del rapporto e dell'attrazione tra
uomo e donna, interpretata secondo il modulo della sua personale
poetica dell'angoscia.
Difficile trovare l'amore, in questo bacio, come del resto
in altri 'baci' più volte riproposti dall'artista con
variazioni anche nella tecnica utilizzata (olio, matita, acquaforte,
xilografia, puntasecca), difficile trovare un sentimento di
tenerezza o complicità in questa coppia misteriosa,
dove i volti sono nascosti nell'ombra di un abbraccio sensuale ma non gioioso, i corpi avvolti su sè stessi, indistinguibili
l'uno dall'altro, avvinghiati in quella che pare più
una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione
struggente e malinconica.
Le due figure, tema dominante dell'opera, sono nettamente
decentrate, contro ogni canone compositivo tradizionale, letteralmente
sospinte verso il margine destro del quadro, ad accentuare
un senso di furtività che tutto l'insieme sottolinea
ed esaspera: l'ambiente non è certo un contesto romantico,
è un locale modesto e disadorno, quasi che l'incontro
sia casuale o clandestino, oltre i vetri della finestra si
intravvede una via come tante, con vetrine illuminate, qualche
passante, probabilmente l'ora tende alla sera, i colori sono
piuttosto scuri, le tonalità fredde, tipicamente nordiche,
dietro la tenda biancastra le forme indistinte delle due figure
avvinte sfumano dal blu al nero verso una zona d'ombra assoluta
che si perde oltre il limite della tela.
La perdita di identità che consegue all'impossibilità
di distinguere separatamente le due figure strettamente abbracciate
esprime sia l'essenza dell'amore, la con-fusione di due corpi,
oltre che di due anime, sia il turbamento dei sensi, vissuto
come una minacciosa possibilità di perdizione, in senso
morale ma anche letterale.
Il rapporto tra uomo e donna si configura così come
una tensione bipolare tra desiderio di amore e paura di amare,
un rapporto ambiguo espresso dalla fusione fisica tra i due
protagonisti non già sull'onda di uno slancio passionale,
ma di un reciproco tentativo di annullamento ed assimiliazione
(o dissoluzione): solo così Munch può trasferire
in un tema ad alto contenuto emotivo, che presuppone uno stretto
rapporto interpersonale a lui sempre negato, il doloroso senso
di solitudine non solo psicologica o metaforica, ma tragicamente
reale in un vissuto personale drammatico e traumatizzante.
Abbandonata la sinuosa eleganza della linea dell'Art Nouveau (ricordando un altro celebre bacio, quello di Klimt),
presenti soprattutto nelle numerose acqueforti, Munch
adotta un segno sommario e quasi frettoloso, sia per l'ambiente
che per le figure, sotto una forte spinta espressionista che
preme verso un impellente desiderio di esprimersi, con ansia,
con furia, senza il filtro dell'analisi e della ragione: ma,
se si tratta di Munch, "L'arte è completa quando
l' artista ha detto tutto quello che doveve dire veramente....
" così scrive di lui l'amico e pittore Christian
Krohg, e tutto il resto non ha importanza.
* articolo aggiornato il 2/06/2014
link:
Edvard Munch - "Il grido"
Un norvegese è il padre spirituale dell'Espressionismo europeo
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