"L'isola dei morti", dipinto attualmente
conservato al Kunstmuseum di Basilea, è opera del pittore
svizzero Arnold Böcklin (1827-1901), forse la figura più
importante del Simbolismo europeo, indiscusso protagonista della
cultura figurativa tedesca dell' '800, ed è un'opera
che si può eleggere a "simbolo" della pittura
"simbolista", seppur eseguita in un linguaggio pittorico
estremamente concreto con toni decisamente realistici.
Böcklin riesce a sintetizzare la sua formazione di stampo
classicista con la passionalità decadente di un tardo-romantico,
precorrendo proprio per la straniante fusione di caratteristiche
così antitetiche la poetica metafisica e surrealista che da lui derivano il loro inquietante senso dell'enigma e
dell'ambiguità: riconosceranno in lui un loro maestro
spirituale Klinger, Dalì e Giorgio De Chirico, che avrà
una vera e propria fase böckliniana.
Lo stesso autore definì "L'isola dei morti",
del 1880, olio su tela di 111 x 155 cm, un quadro per sognare,
tanto consapevole e dichiarata era la sua intenzione di evocare
uno stato d'animo. L'ambientazione è uno scenario marino
dove incombe un massiccio roccioso artificiosamente strutturato,
un megalite imponente in cui si innesta una cupa macchia di
vegetazione a costituire il motivo centrale del dipinto, ad
andamento verticale, un impianto volumetrico solido e compatto
in unatmosfera rarefatta velata da un colore giallognolo:
una scena naturale possente e grandiosa dove le figure umane
sono soverchiate da tanta maestà e dove tutto concorre
a suggerire un senso di immobilià e di silenzio, misto
a paura e attesa, il senso della conclusione, dell'approdo
ad un mondo onirico che forse è la meta ultima di un
viaggio meta-fisico, il viaggio dell'anima.
Di questo quadro Böckiln diceva :"Chi guarda questo
quadro deve aver timore di disturbare il solenne silenzio
con una parola espressa ad alta voce", ed è proprio
ciò che accade davanti a questa apparizione irreale
carica di suggestione ed ambiguamente visionaria.
Il quadro è stato dipinto con il deliberato intento
di indurre al sogno, come pare fosse stato richiesto dalla
committente di Böcklin, sicuramente non è estranea
al dipinto la tragedia della morte di una figlioletta dell'autore,
da cui forse scaturisce la riflessione mistica sul tema del
"viaggio": certo è che Böcklin con rara
maestria e straordinaria sensibilità, attraverso immagini
realistiche utilizzate in chiave simbolica ed inequivocabilmente
allusiva, le rocce, l'acqua, la barca, i cipressi, richiami
arcaici e mitologici trasfigurati, riesce a rappresentare
il silenzio, l'immobilità, il vuoto, nei quali ognuno
di noi può proiettare un significato soggettivo scaturente
dal proprio inconscio, ciascuno a suo modo, secondo la sua
personale visione della vita e della morte.
Non a caso Sigmund Freud fu affascinato da questo dipinto,
lui che sapeva leggerne come nessun altro il significato psicologico,
così come ne furono affascinati Lenin e, per altri
versi, Adolf Hitler, dando in questo caso l'avvio ad una serie
di racconti più o meno avventurosi e ad aneddoti più
o meno veritieri sul complesso rapporto con esso, in gran
parte non confermati storicamente.
L' "appropriazione" da parte del nazismo ha messo
in risalto le possibili letture esoteriche de "L'isola
dei morti", in realtà l'autore vuole compiere
innanzi tutto un'indagine sulla psiche nel modo in cui la
cultura sua contemporanea lo condiziona, ricorrendo al simbolo
per proiettare un sentire individuale interiore ad un livello
generale, in cui ognuno possa recepire il significato del
simbolo in modo soggettivo e ripercorrere poi il cammino a
ritroso per recuperare la sensazione iniziale: è questo
il potere "magico" del simbolo, il suo significato
medianico.
Il mistero, tema fondamentale del quadro, interessa anche
le vicende che ne segnarono la storia: si ha notizia di bozzetti
di un pittore austriaco dell'inizio del secolo, Campelius,
che intendeva sviluppare il tema del quadro di Böcklin,
preparatori ad una scenografia per un film di cui però
non ci sono tracce. Si ipotizza che l'ispirazione per il dipinto
derivi dal rapporto di Böcklin con la pittura italiana,
con l'opera di Donatello e gli affreschi di Pompei, con l'architettura
fiorentina di surreale bellezza adombrante un mondo al
di là della apparenze terrene. Lo spunto
iniziale dell'opera pare collocarsi nel Camposanto degli Inglesi, dove la
figlioletta Anna Maria venne sepolta, luogo che l'artista
trasfigurerebbe nel suo immaginario conferendogli una dimensione
metafisica e misteriosa, caricandolo di significati simbolici
e celebrativi.
Si tratta comunque di una serie di notizie delle quali mancano
conferme certe e che contribuisce ad ammantare di mistero
la genesi del quadro.
L'opera, forse anche per questo suo alone tenebroso, ebbe
un immediato, grande successo, assicurò al suo autore
la celebrità mentre il tema divenne talmente popolare
(oggi si direbbe un best-seller della pittura) da essere imitato
e riprodotto in centinaia di versioni da molti artisti della
cultura mitteleuropea (lo stesso Böcklin ne realizza
cinque versioni, come era d'uso fare in quei tempi).
Il fascino di questo dipinto, ancora oggi potente ed avvincente,
risiede probabilmente nella trasparente simbolicità
di un insieme di elementi di sensuale espressività
romantica, che fanno leva su sentimenti universali archetipici,
senza tempo nè confini, lo sgomento attonito davanti
alla morte, specie se è quella di un figlio (Böcklin
vide morire sei dei suoi dodici figli), la suggestione dell'intreccio
di tradizione e simbolismo, sogno e realtà, l'oscura
attrazione per un mondo spaventosamente ignoto eppure costruito
con elementi comuni e realistici, un luogo della mente che
esiste nell'inconscio di tutti noi, nell'immaginario collettivo
di tutte le culture.
Freud fornisce forse con questa frase una perfetta chiave
di lettura dell'opera di Böcklin: "Lartista
sa trovare la strada di ritorno dal mondo della fantasia alla
realtà. Le sue creazioni, le opere darte, sono
soddisfazioni fantastiche di desideri inconsci, come i sogni".
L'arte moderna, come conferma l'interpretazione psicologica
dell'opera d'arte insegnataci da Freud, ha percorso, indagato,
scandagliato l'animo umano attraverso le urla dell'Espressionismo,
la semplificazione dell'Astrattismo, la ricerca alternativa
dell'Informale, le fughe fantastiche del Surrealismo, in mille
linguaggi differenti e ciascuno a suo modo innovativo, ma
questo quadro, di sostanziale tradizionalità stilistica,
riesce ancora oggi a trasmettere messaggi ed emozioni.
Sulla tomba di Böcklin c'è scritto: "Non
omnis moriar", ed è proprio così.
* articolo aggiornato il 19/11/2014
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